Mi chiamo Carla, sono di Camairago, una località a sei chilometri da Codogno. Ieri mattina sono tornata a donare il plasma perla nuova cura sperimentata all’ospedale San Matteo di Pavia, che coinvolge, come gruppo principale, i donatori di sangue che hanno sviluppato gli anticorpi anti-Covid.
Ieri, quando sono andata alla sede Avis di Lodi, mi sono resa conto che la donazione di plasma non sarebbe stata come quella che avevo compiuto il 3 febbraio, perché erano attuate tutte le precauzioni speciali anti-Covid-19.
Ci hanno dato i calzari, i guanti, la mascherina. Quando sono arrivata ho preso il numero, e poi sono stata invitata ad accomodarmi a distanza di 1 metro e mezzo e ad aspettare le disposizioni del medico. Mi hanno misurata la febbre, ho compilato il questionario ed ho aspettato il mio turno molto serenamente.
La trasfusione è durata circa 50 minuti. Mentre aspettavo di completarla avevo la consapevolezza che questa donazione fosse diversa, e in un certo senso più importante delle precedenti. Dono sangue daquando ho 23 anni, e considero le donazioni sempre importanti. In questo caso però ho sentito la responsabilità ancora maggiore di poter aiutare qualcuno, un sentimento che per me è un privilegio. Questo mi ha dato una maggior spinta a partecipare al progetto.
Mi rende felice aver dato il mio piccolo contributo alla comunità. Penso sempre ai malati quando vado a donare sangue e plasma, mi dona felicità l’idea di aiutarli. Inoltre in questo periodo, molto simile alla guerra, c’è ancora più bisogno di donazioni.
Ho amici che si trovano in ospedale, alcuni conoscenti che sono morti a causa del coronavirus, e un mio caro amico ha il padre in ospedale. Io cerco di rincuorarli, ma alcuni si mostrano un po’ scettici. Sono stati talmente tanti i deceduti a causa del Covid-19 nelle nostre zone… ultimamente però le ambulanze sisentono passare con minor frequenza.