Angelica, da Napoli: “Ho la leucemia: tutto dipende da una sacca di piastrine”. 

2020-03-14T11:42:22+01:00 13 Marzo 2020|Storie|
coronavirus

“Se mi soffio il naso non ho paura del coronavirus. Se mi soffio il naso ho paura della quantità di sangue che troverò nel fazzoletto, perché mi indica quanto sono scese le piastrine nel mio sangue”. Angelica, 47 anni, racconta come vive la sua vita, dopo che, nel 2018, è stata ricoverata all’ospedale Cardarelli di Napoli per una forma acuta di leucemia: “La mattina controllo il numero di lividi che compaiono sul mio corpo, anche quello indica se ho abbastanza piastrine”.

 “Tutto, nella mia vita, dipende da una sacca di piastrine o sangue. Quando ti svegli la mattina, e necessiti di una trasfusione, sei debole, non riesci a respirare, e nemmeno a parlare. Vai nel reparto dell’ospedale per la trasfusione. Vedi passare davanti a te quella sacca che deve essere distribuita. I medici devono decidere a chi dare la priorità, e poi scelgono di darla a qualcuno che ha l’emoglobina più bassa di te. Sale la paura e pensi: chissà se qualcuno si farà la passeggiata fuori di casa e dal lavoro e andrà a donare per darti un altro giorno di vita”.

“L’unica cosa che ci salva sono le donazioni di piastrine e di plasma. Ci salvano la vita. Forse è un fastidio per una ragazza che studia andare all’ospedale a donare, ci mette un’ora al massimo: a noi regala dei giorni di vita. I donatori si devono rendere conto di quanto è importante farlo, è necessario fare comunità. Abbiamo bisogno gli uni degli altri per andare avanti”. 

“Quando qualcuno si preoccupa per il coronavirus, dice che non ce la fa più a stare in casa, io rispondo ‘Benvenuto nel mio mondo’, vivo in quarantena da un anno e mezzo e non posso andare in giro da quando sono scoppiate le influenze in autunno”. 

“Quando sono stata ricoverata ero in pericolo di emorragia, e avevo i globuli bianchi altissimi. Da quel momento sono stata catapultata nel mondo dell’ematologia. Il dramma quotidiano per noi sono i valori del sangue, l’emoglobina, le sacche di sangue. Da quel momento ho capito le difficoltà che ci sono rispetto alle donazioni. Negli istituti scolastici se ne dovrebbe parlare di più”.
“Dal giorno in cui mi sono ammalata, ho smesso di insegnare all’Istituto Archimede di Napoli. Colgo l’occasione per salutare le studentesse e gli studenti che hanno donato l’anno scorso. Invito a donare anche a tutti i colleghi e gli studenti delle scuole di Napoli. A tutti gli amici che sono andati a donare, voglio fare sapere che è stato un segno importante, mi ha dato forza sapere che fuori c’è una rete di persone che in qualche modo ti sostiene“.

Angelica ora si impegna come co-presidente dell’associazione nazionale “Un ponte per” che si occupa di cooperazione internazionale ed è presente con progetti sociali in Iraq, Medio Oriente, Libano, Siria. L’organizzazione di volontariato si occupa di donne, sostegno a distanza e anche di salute.