Un sistema di donazione volontaria e non remunerata per garantire la proprietà statale dei farmaci e speranza di cure a tutti i malati. La conferenza indetta dalla Commissione europea a Bruxelles, a seguito della valutazione della legislazione Ue in materia di sangue, tessuti e cellule, si chiude con un messaggio che, prendendo spunto dal modello italiano, punta a creare un’unità di intenti anche con gli altri Paesi membri. O quantomeno è quello che si augurano i nostri rappresentanti.
Moderato dalla giornalista Vivienne Parry, il vertice ha permesso di creare un dibattito e un confronto sul sistema di donazione che a oggi vede l’Italia capofila di quelle nazioni che fanno della scelta etica e non remunerata la propria bandiera: “La nostra posizione è sempre la stessa, quella di continuare a difendere il mondo del volontariato etico – spiega a DonatoriH24 il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola, a margine della conferenza -. Purtroppo in Europa ci sono realtà che spingono affinché la legislazione venga modificata e introduca la possibilità, per i singoli Paesi, di attuare la formula su cui si regge, ad esempio, il sistema statunitense (dove cioè i donatori vengono pagati, ndr)”. Ma da cosa nascono queste richieste?
Nazioni come Germania, Austria, Repubblica Ceca o Romania, tanto per citarne alcune, adottano il sistema del doppio binario, donazione di sangue intero e plasma a pagamento: “In occasioni come quella di oggi si cerca di far credere che per avere disponibilità di farmaci, in particolare quelli plasmaderivati, sia necessario pagare i donatori – prosegue -, ma noi ci siamo opposti. Noi insistiamo nella difesa della Legge 219, che regola il nostro sistema e che vogliamo mantenere intatta contro ogni possibile tentazione di modifica che offuschi l’eticità dell’intero percorso: dal donatore al paziente, per i globuli rossi e i plasmaderivati”. Ma quali sarebbero, eventualmente, i pericoli di un cambio radicale?
“Il pericolo è che qualora venisse modificata l’attuale legislazione, ogni Paese avrebbe la facoltà di decidere se iniziare a pagare o meno i volontari per il loro impegno”. Un qualcosa che andrebbe contro il sistema italiano che, già nel workshop promosso dalla Fiods a Roma lo scorso venerdì, ha dimostrato essere un modello vincente. Poi però c’è il punto di vista dei pazienti. Come lo stesso Briola ha spiegato, “a Bruxelles c’erano dei rappresentati di malati affetti da immunodeficienze che, per curarsi, devono assumere immunoglobuline. Ebbene, la loro posizione, che per certi versi può risultare legittima, è che non importa con quale criterio avvenga la donazione, purché i farmaci siano sempre a disposizione“. Cosa ci lascia questo vertice europeo? “Lascia la consapevolezza che c’è ancora molto da fare per dimostrare che questo sistema volontario è efficiente e sostenibile sia sotto il profilo della qualità del prodotto che per il ruolo del singolo Stato a tutela dei propri pazienti”, conclude Briola.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Alice Simonetti, consigliera nazionale Avis e delegata europea Fiods: “Le sfide non mancheranno, ma siamo felici di constatare che il sistema italiano è unito e compatto, e che abbiamo importanti alleati a livello europeo – ha dichiarato anche lei a margine della conferenza -. Da parte nostra abbiamo poi ribadito alcuni principi base in tema di protezione del donatore e su come raggiungere l’autosufficienza da donazioni volontarie periodiche gratuite, sia di sangue intero che di componenti e in particolare anche di plasma, non credendo in uno statuto differenziato per queste due tipologie di dono”.