Garantire a tutti i cittadini la costante e pronta disponibilità quantitativa e qualitativa di sangue ed emoderivati. Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di venerdì 4 ottobre del Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per il 2019, criteri e modalità che le singole regioni devono adottare per contribuire al raggiungimento dell’autosufficienza nazionale di emocomponenti e la produzione di farmaci plasmaderivati, diventano principi imprescindibili.
Il testo, che nei mesi scorsi aveva già incassato l’ok sia della commissione Salute delle Regioni che della conferenza Stato-Regioni, indica i consumi storici, i livelli di produzione necessari, nonché le linee guida per la compensazione interregionale e il monitoraggio dell’autosufficienza. Un punto fondamentale in particolare per l’impatto che tutto questo avrà su gestione e organizzazione dei vari sistemi trasfusionali regionali.
“Un interesse nazionale sovraregionale e sovraziendale non frazionabile – così viene definita, ai sensi dell’art. 11 della legge del 21 ottobre 2005, n°219, l’autosufficienza del sangue e dei suoi prodotti – finalizzato a garantire a tutti i cittadini la costante e pronta disponibilità quantitativa e qualitativa dei prodotti e delle prestazioni trasfusionali, necessarie per l’erogazione dei Lea (i Livelli essenziali di assistenza, ndr), e che si fonda sul principio etico della donazione volontaria, periodica, responsabile e non remunerata”. Capiamo meglio.
Nel testo, viene riportata una distinzione tra “obiettivi quantitativi” e “obiettivi qualitativi”. Nei primi rientra il trattamento del plasma, con l’aumento delle procedure di aferesi per singolo separatore cellulare con lo scopo di centrare l’obiettivo di conferimento annuale di oltre 837mila chili all’industria farmaceutica. A questo si aggiungono l’incremento della produzione dei globuli rossi, del loro consumo nel corso dell’anno, nonché l’azzeramento delle unità di plasma eliminate per iperdatazione (quelle troppo vecchie, che superano cioè il periodo di conservazione consigliato che è pari a un anno) e la riduzione di quelle eliminate per cause tecniche. Negli “obiettivi qualitativi”, invece, rientrano le procedure da seguire per centrare tutto questo: dal favorire l’ampliamento dell’accesso alla donazione attraverso la collaborazione con le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue, all’implementazione dei modelli organizzativi che prevedano la concentrazione delle attività trasfusionali, anche in riferimento alla raccolta del plasma in aferesi.
Questo provvedimento certifica ulteriormente il sangue e plasma come risorse strategiche a livello nazionale. Il sistema della donazione come scelta etica, volontaria e non remunerata, si conferma non solo un patrimonio tutto italiano, ma anche uno strumento sano che sta contribuendo al raggiungimento dell’autosufficienza e che può crescere ancora. Il risultato dell’impegno e dell’attività quotidiana di tanti volontari e associazioni.