Incremento della produzione dei globuli rossi, del loro consumo nel corso dell’anno e conferimento di oltre 837mila chili di plasma all’industria farmaceutica. Sono solo alcuni dei punti contenuti nel Programma di autosufficienza nazionale del sangue e dei suoi prodotti per il 2019. Il documento, che ha già incassato l’ok sia della commissione Salute delle Regioni che della conferenza Stato-Regioni (nelle prossime settimane approderà in Gazzetta Ufficiale), indica i consumi storici, i livelli di produzione necessari, nonché le linee guida per la compensazione interregionale e il monitoraggio dell’autosufficienza.
Nel testo del ministero della Salute vengono riportati tabelle e dati, che qui cercheremo di sintetizzare, relativi alla produzione nazionale di globuli rossi rispetto alla popolazione italiana tra il 2009 e il 2018. Produzione che, almeno fino al 2012, ha fatto registrare un incremento delle unità per mille abitanti, rispetto al primo anno di osservazione (44,5 a fronte delle 42,4), per poi calare nell’anno passato (42,2) garantendo tuttavia le necessità richieste. Ma cosa chiedono le Regioni?
La condizione posta è che entro la fine dell’anno in corso vengano ridefiniti criteri e modalità per pianificare l’autosufficienza nazionale di emocomponenti e la produzione di farmaci plasmaderivati, un punto fondamentale in particolare per l’impatto che tutto questo avrà su gestione e organizzazione dei vari sistemi trasfusionali regionali.
Come si legge, in particolare nel trattamento del plasma, il documento indica anche tra i cosiddetti “obiettivi quantitativi” l’aumento delle procedure di aferesi per singolo separatore cellulare con lo scopo di centrare l’obiettivo quinquennale di almeno 250 procedure l’anno e un numero minimo medio di procedure per Regione pari a 400. Ma non solo. L’altro punto da raggiungere è azzerare il numero di unità di plasma eliminate per iperdatazione (cioè troppo vecchie, visto che i tempi consigliati per la conservazione non vanno oltre un anno) e ridurre quelle eliminate per cause tecniche al almeno il 3% di quelle prodotte. Ma come fare per ottenere questo?
Prima di tutto, si legge tra gli “obiettivi qualitativi”, ampliando l’accesso alla donazione anche attraverso la collaborazione con le associazioni e le federazioni dei donatori di sangue, e poi implementando i modelli organizzativi che prevedano la concentrazione delle attività trasfusionali, anche in riferimento alla raccolta del plasma in aferesi.
Già nei giorni scorsi, il direttore del Centro nazionale sangue, Giancarlo Maria Liumbruno, aveva espressamente invitato i donatori a fare la propria parte prima di partire per le vacanze, in particolare per andare incontro alle esigenze anche di quelle regioni “virtuose” che in questo periodo dell’anno accusano una certa flessione. Proprio per questo, nel corso del 2019, l’altra sfida, per le Regioni e le aziende di frazionamento, sarà quella di alimentare le nuove funzioni di Sistra (il nuovo Sistema informativo dei servizi trasfusionali) per il controllo e la programmazione della produzione di plasma “inclusa la sezione relativa al monitoraggio dell’utilizzo dei separatori cellulari, della produzione e distribuzioni dei farmaci plasmaderivati, nonché delle compensazioni intra e interregionali di plasma e medicinali da esso ricavati”.
Nel 2018 la produzione di plasma ha fatto registrare un incremento dello 0,9% rispetto al 2017: 843.257 sono stati i chili inviati alla lavorazione industriale, mentre l’anno precedente si erano fermati a 836.376. Numeri che hanno permesso di superare l’obiettivo fissato dal Programma nazionale plasma e plasmaderivati (decreto 2 dicembre 2016): per il 2019, la previsione, è di un ulteriore aumento a 837.786 chili.