Raggiungere l’autosufficienza, salvaguardando il plasma come prodotto etico e la produzione di farmaci plasmaderivati perché di pubblica utilità. È la sfida che il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola, ha lanciato dal palco del Palacongressi di Riccione nella sua relazione di apertura dell’84esima Assemblea Generale dell’associazione.
Briola ha sottolineato come al momento l’Italia raccolga, grazie alla sensibilità etica dei volontari, “il 70% di immunoglobuline necessarie alla lavorazione e produzione di farmaci per la cura di malattie rare. A oggi a livello mondiale sono nove le aziende che producono questo tipo di medicinali e tutte si trovano sul territorio degli Stati Uniti (ad eccezione dell’italiana Kedrion, ndr) – ha spiegato il presidente -: se Paesi in forte espansione dovessero entrare nel mercato farmaceutico europeo e occidentale in genere, penso in particolare alla Cina o all’India, avanzando offerte economiche più alte rispetto a quelle di altre nazioni, potremmo non avere la forza di affrontare e sopportare una crisi di questo tipo. L’autosufficienza di plasmaderivati ci permetterebbe anche di alleggerire i costi di gestione delle aziende sanitarie“.
Ecco perché nel corso del suo intervento, Briola ha voluto ribadire l’importanza della campagna #GialloPlasma lanciata da Avis e che in diverse occasioni è stata affiancata da collaborazioni volte e sensibilizzare ancor di più verso questa forma di donazione. È stato il caso, ad esempio, della presenza dei volontari allo scorso Carnevale di Viareggio, oppure il contest culinario promosso in collaborazione con Giallo Zafferano e, ancora, il progetto BePresilient che i Giovani Avis stanno presentando in moltissime piazze insieme ai vari Rotaract (le sezioni giovani del Rotary Club) sparsi per l’Italia.
La carenza sul territorio
Mancanza di personale medico, crisi economica, invecchiamento della popolazione e mala gestione delle risorse, sono tra le cause principali individuate dal presidente per la carenza di sangue con cui il nostro Paese fa i conti: “Manca la politica di condivisione, c’è difficoltà ad allacciare i rapporti, ecco perché grazie alla consulta dei presidenti regionali puntiamo a conoscere quali sono i problemi dei singoli territori per poter proporre progetti e attività al servizio di tutti”. Ma non solo. Come sottolinea Briola, “il paziente ha bisogno di donatori preparati, motivo per cui è necessario difendere la donazione di sangue ed emocomponenti perché è proprio chi dona ad essere il cuore pulsante di Avis, in quanto autore di una scelta spontanea e disinteressata. A noi dirigenti spetta il compito di organizzare e coordinare il lavoro con le istituzioni politiche e sanitarie”.
Il sistema trasfusionale
Briola ha poi spiegato i cambiamenti generati dalla legge 219/2015 di riforma del sistema trasfusionale che “ha portato ad avere 21 organizzazioni sanitarie diverse con altrettante diverse modalità gestionali. Una riforma dell’assetto amministrativo che, con la proposta del regionalismo differenziato, porterebbe a un trattamento diverso per una determinata regione rispetto al resto del Paese. Una prospettiva che potrebbe portare a penalizzazioni anche del sistema sanitario locale, così come del sistema trasfusionale e dell’autosufficienza solidale”. Il presidente ha invitato a riflettere su una proposta di “accorpamento dei servizi, finalizzata a ottimizzare le risorse così da migliorare anche l’organizzazione della raccolta stessa. Il sistema trasfusionale, all’interno di un’azienda sanitaria, è caratterizzato da un determinato budget che l’azienda stessa mette a disposizione in funzione delle proprie necessità: purtroppo, quasi sempre, queste necessità non soddisfano la richiesta dell’intera filiera del sangue. In questo serve maggiore coinvolgimento delle associazioni così che, con il proprio personale volontario, possano supportare le carenze di personale all’interno dei vari centri”.
Uno sguardo verso le nuove generazioni
Il coinvolgimento dei giovani è stato poi un altro dei punti cardine della relazione presentata da Briola: “I rapporti con le scuole e le università, finalizzati a sostenere le ricerche scientifiche, sono lo strumento principale per crescere e trovare un sempre maggior numero di soluzioni condivise con le realtà territoriali. Con un’attenzione particolare alla comunicazione“. Alla luce di un necessario ricambio generazionale, il presidente ha dettato le linee guida che dovranno segnare il prossimo futuro dell’associazione: “Vogliamo un’Avis 3.0 moderna, in rete, informatizzata e con una comunicazione accattivante e solidale. Servono volontari giovani, una realtà attenta ai cambiamenti in atto, una maggiore interazione con le sedi territoriali e un modo di raccontare l’attività all’esterno che, attraverso i social network, sia il più diretta e chiara possibile”.