Un pacemaker senza batterie che ricava energie dal battito cardiaco. È il progetto che stanno studiando i ricercatori del Georgia Institute of Technology e che è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications. Il dispositivo, di cui usufruiscono milioni di persone al mondo per curare malattie e difficoltà cardiovascolari, nella versione in questione consentirebbe, un po’ come un orologio automatico, di rimediare l’energia necessaria al funzionamento direttamente dai nostri movimenti. Nella fattispecie, proprio dai movimenti del cuore.
Il motivo della ricerca riguarda la durata ancora non proprio soddisfacente delle batterie che vengono utilizzate per alimentare il pacemaker. Tra i 5 e, al massimo, 15 anni dall’innesto, il paziente è costretto a finire nuovamente sotto i ferri per un intervento che, seppur meno invasivo del primo, può comunque generare pericoli per la sua salute. Si chiama “nanogeneratore triboelettrico” ed è il termine con cui viene definita la tecnologia basata sul generare elettricità grazie allo sfregamento di materiali diversi tra loro. Proprio questo tipo di tecnologia è quella utilizzata dai ricercatori che, in fase sperimentale, hanno testato il dispositivo su un cuore di maiale.
La precisione e l’efficacia con cui il pacemaker si è alimentato autonomamente, ha permesso di correggere una forma di aritmia sinusale da cui era affetto l’animale. Tuttavia, come gli studiosi stessi hanno tenuto a precisare, “prima di poterlo impiantare sugli umani potrebbe dover passare del tempo, visto che questo tipo di dispositivo deve essere impiantato con un intervento a cuore aperto, quindi molto più invasivo e rischioso rispetto a quelli con cui vengono inseriti i pacemaker classici”. In più, potrebbe essere opportuno spostare l’unità che produce elettricità su un altro muscolo, così da proteggere il più possibile il cuore umano.