Ha regalato due vite donando i suoi reni. È stato questo l’ultimo regalo di Annita Santarelli, la donna di 88 anni che, lo scorso 19 aprile, si è spenta nel reparto di terapia intensiva del Policlinico Umberto I di Roma. Oltre al gesto, per il quale hanno dato il via libera i due figli della donna, Stefano e Giovanni, vale la pena anche raccontare chi era Annita.
Nata nel quartiere capitolino di Pietralata, suo padre Crispino venne deportato nel 1943 in occasione della retata dei nazisti. Venne prima rinchiuso a Regina Coeli e poi deportato prima nel lager di Mauthausen e infine in quello di Ebensee, dove venne ucciso. Annita, ogni anno, festeggiava il 25 aprile davanti alla lapide che ricordava le vittime del quartiere in cui viveva, ma non lo scorso giovedì.
Dopo una vita piena di avvenimenti, molti dei quali drammatici, la donna ha fatto l’ultimo regalo: ha compiuto la scelta di salvare altre vite donando i suoi organi. I suoi reni sono stati trapiantati a due pazienti ricoverati nella stessa struttura ospedaliera e che a breve potranno tornare a casa. Come ha spiegato il direttore del Centro nazionale trapianti, Massimo Cardillo, “si è trattato di un fatto straordinario, ma che comunque non rappresenta un caso isolato. Negli ultimi anni l’età media dei donatori è salita fino a 63 anni e il 10% dei trapianti che vengono effettuati riguardano organi provenienti da persone di oltre 82 anni. Se il cuore non è mai utilizzabile, e difficilmente lo è anche il fegato, diverso è invece il discorso sui reni, le cui condizioni non riguardano mai l’età del donatore”.