È considerato lo strumento di prevenzione più efficace per ridurre il rischio di contrarre l‘Hpv, l’agente virale responsabile di oltre due terzi dei casi di tumore della cervice uterina. Parliamo del vaccino contro il papilloma virus umano, offerto gratuitamente dal Servizio Sanitario Nazionale alle adolescenti, nel corso del dodicesimo anno di età.
La campagna di sensibilizzazione del ministero della Salute, riguardante questo tipo di vaccinazione, si pone l’obiettivo di informare la popolazione in generale e le giovani donne in particolare, sui rischi che possono derivare da un’infezione del virus Hpv, in particolare se sostenuta dai genotipi 6, 11, 16 o 18 (gli ultimi due considerati ad elevato rischio cancerogeno).
Il vaccino esercita al massimo la propria efficacia non solamente tra le giovanissime (come spesso si è soliti credere) ma anche tra le donne di età compresa tra i 26 ed i 45 anni, ovviamente se non si è già contratto il virus.
Più di dieci anni sono ormai trascorsi dall’inizio dei programmi di vaccinazione e fino ad oggi sono state somministrate oltre 270 milioni di dosi in 130 Paesi del mondo: i dati fin qui raccolti confermano l’ottimo profilo di sicurezza di questi vaccini.
PERCHÉ VACCINARSI?
Il papilloma virus è molto comune, tanto che, secondo una stima del ministero della Salute, il 75% degli individui viene infettato nel corso della vita. Si trasmette soprattutto attraverso i rapporti sessuali, ma per contrarre l’infezione può bastare un semplice contatto nell’area genitale.
In natura ne esistono oltre 120 tipi diversi, in grado di aggredire la parete del collo dell’utero e produrre differenti tipi di alterazioni: alcuni sono responsabili di lesioni benigne (ad esempio i condilomi), altri producono, invece, lesioni in grado di evolvere in cancro.
Circa il 70% di tutte le lesioni pretumorali sono attribuibili a due tipi di papillomavirus (il 16 e il 18), mentre quasi il 90% dei condilomi è causato dai tipi 6 e 11.
Non tutte le infezioni da Hpv producono lesioni che poi possono evolvere in cancro. Anzi, la maggior parte di esse (circa l’80%) è temporanea e regredisce spontaneamente. Soltanto quelle che diventano croniche (una minoranza) possono trasformarsi nell’arco di 7-15 anni in una lesione tumorale.
Il fatto che il cancro al collo dell’utero sia di origine infettiva consente di adottare contro questa malattia una strategia sconosciuta per le altre forme di tumore.
Attraverso la vaccinazione è infatti possibile interrompere all’origine la catena che rende possibile contrarre il tumore: l’organismo sarà così in grado di contrastare l’infezione da papillomavirus e non si potranno verificare i cambiamenti delle cellule del collo dell’utero.
COME VACCINARSI?
Oggi sono disponibili due tipi vaccini, quello bivalente protegge contro i tipi 16 e 18 (i tipi di virus in grado di causare le lesioni pretumorali) e il quadrivalente che offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 (quelli che causano il maggior numero di condilomi). E, pur essendo efficace soprattutto in giovane età, può essere somministrato fino ai 45 anni.
Le informazioni si possono reperire dal proprio ginecologo o nella Asl di appartenenza dove poi il vaccino viene somministrato per via intramuscolare (sul braccio).
Per coloro che si sottopongono nel corso del 12° anno di vita, si segue lo schema a 2 dosi. Sia il vaccino bivalente (contro i genotipi 16 e 18 di Hpv) che quello quadrivalente (contro i genotipi 6, 11, 16 e 18 di HPV) sono somministrati entro sei mesi dalla prima vaccinazione. Il quadrivalente può essere somministrato anche secondo una schedula a tre dosi (0, 2, 6 mesi) la seconda dose ad almeno un mese dalla prima dose e la terza dose almeno tre mesi dopo la seconda dose; le tre dosi devono essere somministrate entro un periodo di un anno.
Nel 2017 a questi due si è aggiunto un terzo vaccino, detto 9-valente, che oltre a HPV 6, 11, 16 e 18, assicurerebbe la protezione contro altri cinque sierotipi (31-33-45-52-58) capaci di indurre il cancro, raggiungendo così l’obiettivo di proteggere dal 90 per cento circa dei tumori dipendenti da HPV.
HPV E VACCINAZIONE NELL’UOMO
I tumori indotti dal papillomavirus sono purtroppo in crescita anche nell’uomo. Il problema, spesso sottovalutato, è infatti una realtà importante anche nella popolazione maschile. Dal momento che si contrae per trasmissione sessuale, può essere causa di tumori anali e oro-faringei, ed in altri di lesioni benigne dell’apparato genitale.
La Fondazione Umberto Veronesi ha stimato che, nell’arco della vita, circa il 73% degli uomini con un’età media di 33 anni, contrarrà una infezione da Hpv. Di queste la maggior parte avrà una risoluzione spontanea, una parte potrà invece dare adito a infezioni genitali croniche e solo la minoranza a un possibile tumore orofaringeo Hpv-associato, sebbene le stime indichino quest’ultima condizione in crescita nel prossimo quinquennio.
Ecco che allora la prevenzione e la possibilità di vaccinarsi viene garantita anche per l’uomo. Per i bambini, sia maschi che femmine, l’indicazione è quella di sottoporsi alla vaccinazione a 11 anni circa, usufruendo dell’offerta gratuita, in quelle regioni dove è già in vigore.
I CONTROLLI PERIODICI
Il vaccino contro il papilloma virus rappresenta una straordinaria arma contro il cancro al collo dell’utero. Tuttavia non sostituisce lo screening contro questa forma di tumore, il pap test, che è attualmente raccomandato per le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni.
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