“Gli screening sono una conquista epocale, ci consentono di agire prima che compaia il primo danno”. Il 28 giugno è la Giornata internazionale dello screening neonatale, una semplice procedura medica che consente diagnosi e (immediate) terapie salvavita a quei bambini che sono affetti da determinate patologie e che, in questo modo, possono condurre una vita normale.
La professoressa Chiara Azzari, 66 anni, ordinaria di pediatria e immunologia all’università di Firenze, ne spiega l’importanza.
Professoressa Azzari, l’associazione Uniamo ha definito lo screening neonatale “una conquista epocale” per la salute dei bambini
“Gli screening neonatali sono una conquista epocale perché consentono di fare, già alla nascita, diagnosi di malattie gravissime ma che non si sono ancora manifestate. Gli screening ci danno il tempo di agire, di prendere provvedimenti, di applicare le giuste terapie prima che la malattia dia segno di sé e comporti danni irreparabili. Faccio l’esempio delle malattie del sistema immunitario: quando un bambino nasce con un difetto del sistema immunitario non è capace di difendersi dalle infezioni ma all’inizio non ce ne accorgiamo. Succede poi che quando un bambino incontra un virus o un batterio, anche i più banali, dal momento che non ha un sistema immunitario efficiente, quell’infezione diventerà gravissima e potrebbe arrecare danni gravi, ad esempio al cervello o ai polmoni. Se noi invece sappiamo in anticipo, tramite lo screening, che il bambino ha un difetto delle difese immunitarie, faremo in modo di intervenire con le giuste terapie prima ancora che abbia la prima infezione. Gli screening ci consentono quindi di agire prima che compaia il primo danno”.
Quante patologie vengono screenate in Italia?
“Ogni regione è diversa dall’altra, però ci sono delle regioni particolarmente virtuose, come la Toscana, dove vengono screenate oltre 40 malattie metaboliche, altre gravi patologie e anche difetti congeniti dell’immunità, queste ultime nella maggioranza delle altre regioni ancora non vengono screenate”.
In Italia, tra regioni e province autonome, ci sono 21 sistemi sanitari diversi, perché ci sono tali differenze tra un territorio e l’altro?
“C’è molta diversità tra regioni, c’è sempre stata una diversa attitudine a fare lo screening. Alcune regioni sono molto più propense a investire su questo tipo di attività di prevenzione. Queste diversità creano delle ingiustizie perché i bambini che nascono in una certa regione trovano opportunità di cura e di guarigione che non troverebbero in altre regioni. Queste differenze sono dovute agli investimenti che variano tra regione e regione. In Toscana, ad esempio, i primi studi pilota per lo screening dei difetti dell’immunità risalgono al 2010, è una regione che già guardava avanti”.
Quante patologie vengono intercettate in Toscana grazie agli screening neonatali?
“Numerose, oltre alle patologie metaboliche, alla fibrosi cistica, all’ipotiroidismo, all’atrofia muscolare spinale di cui si occupano altri colleghi, solo per la parte legata ai difetti del sistema immunitario intercettiamo un bambino malato ogni 9mila nati in un anno. Sono bambini che avrebbero complicazioni infettive gravissime se non diagnosticati prima del sorgere dell’infezione”.
In cosa consiste lo screening legato alle sue specializzazioni di pediatria e immunologia?
“Al bambino viene prelevata, a due giorni di vita, una goccia di sangue dal tallone che viene depositata su un cartoncino, e lì, tramite specifiche procedure, andiamo a cercare alcune particolari molecole che ci fanno capire se tutto sta funzionando bene oppure no. Basta quella piccola gocciolina di sangue, che rappresenta la salvezza del bambino, per individuare tantissime malattie”.