“Noi, come sempre, non abbiamo mai distinto pazienti di serie a e di serie b, ci siamo solo permessi a un certo punto, quando avevamo particolare carenza di prodotto, che c’erano pazienti che avevano alternative terapeutiche e pazienti che invece non avevano alternative terapeutiche per i quali il farmaco era salvavita”. Filippo Cristoferi, responsabile dell’Associazione immunodeficienze primitive, auspica un ulteriore sforzo per la raccolta del plasma in Italia.
Secondo una recente stima del Cns, la raccolta ha raggiunto numeri record, ma l’autosufficienza si allontana. L’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente, quando la quota di autosufficienza era pari al 64%. L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma (donati da circa 1.5 milioni di donatori), ha raggiunto i livelli più alti di sempre per il nostro Paese.
Ad allontanare l’Italia dall’autosufficienza è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, passata da circa 104 grammi ogni mille abitanti nel 2022 a 108 nel 2023. Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.
Dottor Cristoferi, qual è il suo pensiero sull’autosufficienza del plasma in Italia?
“Come certifica il report del Centro nazionale sangue, la domanda cresce perché l’impiego di determinati tipi di plasmaderivati, come le immunoglobuline, che per i nostri pazienti sono salvavita, sono in notevole aumento anche per la cura di altre patologie che in alcuni casi hanno alternative terapeutiche ma che fanno anche un uso massiccio di immunoglobuline perché hanno benefici clinici e sanitari importanti. E’ ovvio che se aumentassero i donatori di plasma in Italia ci sarebbe un beneficio di sistema importante, in questo momento abbiamo una compagine di donatori adulti e anziani o pre – anziani molto fidelizzata, bisognerebbe riuscire a stimolare al tema della donazione le giovani generazioni. Su questo target la nostra associazione ha avviato una serie di progettualità per recuperare un senso civico di appartenenza e di solidarietà”.
Le leggi vigenti sono adeguate al raggiungimento dell’obiettivo?
“La normativa oggi prevede un certo tipo di benefici, anche in ambito lavorativo, per la categoria dei donatori, è evidente che non è così ben comunicata anche la problematicità sociale che comporta una carenza di questo tipo di prodotti. Bisogna potenziare, incentivare la comunicazione, ma anche prevedere forme di avvicinamento al tema della donazione. Faccio un esempio ma è più una provocazione: adesso pensavano di fare la patente a punti per le aziende basata sulla salute e sicurezza sul lavoro, oppure in Lombardia si era inventato che chi seguiva tutti gli iter della prevenzione primaria guadagnava un punteggio per accedere a palestre o ad altre forme di welfare, magari prevedere una forma analoga anche per chi dona con regolarità potrebbe essere un tema. Bisogna comunque trovare una formula che possa incentivare e avvicinare al mondo della donazione e farlo percepire come un valore civico e solidale”.
Cosa è auspicabile fare, per l’autosufficienza nel plasma, nei prossimi mesi – anni?
“Io non sono uno di quelli che vuole arrivare al 100% del copertura di plasmaderivati perché sono molto consapevole che questo orienterebbe il mercato commerciale fuori dai confini nazionali e poi sarebbe più difficile farlo rientrare in caso di bisogno. Una copertura che avvicina l’autosufficienza ma che permette anche uno spazio di completamento del fabbisogno lasciato al mercato è secondo me opportuno. Per incrementare la raccolta è necessario aumentare il volume dei donatori, per fare questo bisogna convincere le nuove generazioni ma anche chi non si è mai avvicinato al tema della donazione ad avvicinarsi con senso di responsabilità civica, che poi sono i valori che da sempre la nostra Costituzione tutela“.
LEGGI l’intervista al direttore del Centro nazionale sangue, Vincenzo De Angelis