“L’autosufficienza del plasma in Italia è un obiettivo strategico di prima importanza per il Sistema sanitario nazionale. Il Covid ci ha dimostrato che, quando si parla di medicinali plasmaderivati, il mercato internazionale non è sempre una risorsa affidabile”. Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue, auspica un ulteriore sforzo per la raccolta del plasma in Italia.
Secondo una recente stima del Cns, la raccolta ha raggiunto numeri record, ma l’autosufficienza si allontana. L’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente, quando la quota di autosufficienza era pari al 64%. L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma (donati da circa 1.5 milioni di donatori), ha raggiunto i livelli più alti di sempre per il nostro Paese.
Ad allontanare l’Italia dall’autosufficienza è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, passata da circa 104 grammi ogni mille abitanti nel 2022 a 108 nel 2023. Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.
Direttore De Angelis, qual è il suo pensiero sull’autosufficienza del plasma in Italia?
“Raggiungere l’indipendenza strategica nella raccolta del plasma vorrebbe dire non solo risparmiare dei soldi pubblici ma anche garantire la salute dei pazienti che ogni giorno utilizzano immunoglobuline, albumina e altri medicinali plasmaderivati. E la salute di questi pazienti deve essere sempre una priorità per il sistema sangue italiano e per tutti i suoi attori, Ministero, Centro nazionale sangue, associazioni e federazioni di donatori, aziende farmaceutiche”.
Le normative vigenti sono adeguate al raggiungimento dell’obiettivo?
“La normativa è in via di aggiornamento e sicuramente è urgente che vengano portati a termine i lavori dei diversi decreti ministeriali che, in sede tecnica, il Centro nazionale sangue ha ormai da tempo revisionato, in particolare i decreti sui requisiti di qualità e sicurezza del sangue e del plasma, sull’autosufficienza, sull’autorizzazione alle aziende farmaceutiche per lavorare il plasma nazionale. A fianco di questo necessario e improrogabile un adeguamento normativo, sono però indispensabili anche interventi di adeguamento organizzativo della rete trasfusionale. Ci sono esempi in Italia che dimostrano come a fare la differenza nella raccolta siano quasi sempre informazione e organizzazione. La plasmaferesi è ancora poco conosciuta perché si è iniziato a parlarne solo di recente. Inoltre, la procedura richiede tempi più lunghi e l’utilizzo di una strumentazione dedicata, questo vuol dire che per la donazione di plasma va implementata un’organizzazione diversa, basata sulla prenotazione della donazione, per garantire un servizio puntuale ed efficace al donatore. Quindi, una volta che il ministero della Salute avrà terminato il lavoro di aggiornamento dei decreti, bisogna quanto prima ragionare principalmente su organizzazione e informazione. Un occhio al futuro va tenuto sul nuovo regolamento per le sostanze di origine umana, approvato dal Parlamento europeo il 24 aprile scorso, che avrà 3 anni di tempo per l’applicazione e contiene molte novità positive per lo sviluppo del nostro sistema, “svecchiandolo” da norme obsolete, penso ad esempio alle ‘rigidità’ sul personale sanitario e alla possibilità di un migliore utilizzo del personale infermieristico nella raccolta di sangue e plasma”.
Cosa è auspicabile, per l’autosufficienza nel plasma, nei prossimi mesi – anni?
“Sul versante della raccolta, è necessario continuare quanto fin qui realizzato, facendo sempre più informazione sul plasma e utilizzando al meglio la disponibilità di alcune categorie di donatori. Un esempio su tutti, i donatori con gruppo sanguigno AB, ma anche le donatrici donne che hanno livelli più bassi di emoglobina verso la donazione di plasma. Bisogna anche migliorare l’accessibilità dei donatori alla plasmaferesi, sia incrementando la raccolta nei centri fissi, e nelle unità di raccolta associative, sia estendendo le positive esperienze fatte in questi anni con le unità mobili di plasmaferesi. Per queste azioni possiamo utilizzare gli importanti risultati del progetto Supply, finanziato dall’Unione Europea, che ha visto il Centro nazionale sangue tra gli attori principali e più apprezzati in Europa. Dall’altra va portata avanti una riflessione già iniziata negli anni scorsi con Aifa, con le società scientifiche e con tanti partner a livello europeo e mondiale su un più corretto utilizzo dei medicinali plasmaderivati. Se oggi, all’indomani di un anno record nella raccolta, ci troviamo più lontani dall’autosufficienza di quanto non fossimo nel 2022, che invece è stato un anno nero, è anche perché la domanda e l’utilizzo di questi medicinali, specialmente le immunoglobuline, sono cresciuti a dismisura”.