Dodici relatori esperti che arriveranno dai Centri HHT di Bari, Pavia e Roma, oltre 170 persone già iscritte e un programma ad hoc per i ragazzi dai 6 ai 18 anni. Sono, in estrema sintesi, i numeri di Camp 2023, in programma il 29 aprile a Bergamo.
La conferenza annuale medici pazienti è realizzata con il contributo e patrocinio della Regione Lombardia e con il patrocinio del comune di Bergamo e dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, sempre di Bergamo. Un vero e proprio campus, che si terrà al centro congressi Giovanni XXIII dalle 8.30 alle 17.30. L’evento aprirà le braccia a un dibattito a 360 gradi sulla Teleangectasia Emorragica Ereditaria (HHT).
Sarà un appuntamento informativo e formativo di altissimo livello che coinvolgerà i maggiori esperti HHT italiani e vedrà la partecipazione di oltre 200 pazienti e familiari. Ciascuna sessione sarà organizzata sulla base delle domande più frequenti pervenute alla help line di HHT Onlus, l’associazione nata dall’unione di medici, pazienti, familiari, amici e sostenitori di pazienti affetti da Teleangectasia Emorragica Ereditaria, una patologia genetica rara conosciuta anche come Sindrome di Rendu Osler Weber.
Per vincere le tante sfide che, nel corso della vita, devono affrontare i malati, ma anche per diffondere maggior conoscenza e consapevolezza di questa malattia, ancora poco conosciuta, nel 2004 un gruppo di pazienti provenienti da diverse regioni d’Italia ha dato vita alla HHT Onlus che si fa portavoce delle esigenze di tutte le persone coinvolte direttamente o indirettamente dalle conseguenze dell’HHT.
Una missione associativa che, tra i tanti obiettivi, si pone quello annuale di organizzare un momento fortemente interattivo, con il coinvolgimento del pubblico in momenti di discussione e attraverso testimonianze dei pazienti e dibatti a piccoli gruppi per approfondire aspetti rilevanti della malattia.
Ecco che il campus di Bergamo, evento totalmente gratuito, risulta essere la sede ideale per conoscere altri malati rari HHT, confrontarsi di persona con i clinici e per aggiornarsi sulle novità in campo di offerta terapeutica e ricerca.
Una diagnosi precoce consente ad un paziente affetto da HHT di iniziare procedure di prevenzione e screening che possono salvargli la vita. Ecco che la formazione, la sensibilizzazione e ancora maggiori energie e fondi nella ricerca si rivelano fondamentali.
Fortunatamente l’Italia ha tre straordinari centri d’eccellenza per l’HHT. “Ma dobbiamo fare di più – spiegano sul proprio sito i membri dell’associazione –. I pazienti hanno bisogno di terapie ed esami di follow up anche sul proprio territorio. Per questo siamo impegnati nella creazione di presidi operativi per l’HHT in ogni regione d’Italia. Ciascuno di questi presidi collaborerà con i centri d’eccellenza di Bari, Roma e Pavia, garantendo una rete nazionale di eccellenti servizi per i malati”.
Del resto, come si legge sul sito istituzionale della Onlus, essere rari non deve significare essere soli. “Le nostre attività nazionali e regionali favoriscono il sostegno reciproco, l’ascolto e l’incontro tra pazienti. 1 su 5000 persone in ogni regione ha questa patologia. Vogliamo trovare ciascuno di loro e dargli il supporto di cui hanno bisogno. Sappiamo che è possibile. La scienza ha già fatto grandi passi avanti. La HHT Onlus insieme a tutti i suoi associati, i medici ed i partner Internazionali è impegnata ogni giorno nel sostegno della missione più importante: la cura”.
Parole confermate da Maria Aguglia, presidente HHT Onlus e, al tempo stesso, sia medico che paziente affetta da HHT: “Questa malattia è dovuta alla presenza di una mutazione genetica che altera la normale struttura vascolare e si manifesta, più frequentemente, con la comparsa di epistassi, ovvero perdite di sangue dal naso, ripetute ed abbondanti, tali da provocare spesso un’anemia importante che può richiedere il supporto trasfusionale. Si tratta di una patologia sistemica, le alterazioni vascolari sono presenti però anche in vari organi interni, tra cui fegato, polmoni e cervello, dove spesso restano a lungo asintomatiche, ma possono talvolta essere responsabili delle più gravi complicanze della malattia, mettendo a rischio la vita stessa del paziente. Da qui l’importanza di una diagnosi precoce e di uno screening accurato che possa mettere al riparo da questi accidenti, intervenendo tempestivamente sulle forme più rischiose”.
“Personalmente – prosegue – ho partecipato alla creazione dell’associazione e da quasi 20 anni lavoro per il raggiungimento degli scopi prefissati. Molti passi avanti sono stati fatti, ma molti ancora se ne devono fare per garantire una migliore qualità della vita dei pazienti e per alimentare la speranza di trovare una cura. Come medico so che la scienza ha tempi lenti, ma mi rendo conto che i tempi stanno cambiando ed il coinvolgimento dei pazienti negli studi clinici e nella ricerca scientifica è diventato davvero un valore aggiunto perché permette di indirizzare gli sforzi proprio nella direzione che più si attendono i pazienti. Soprattutto nel campo delle malattie rare questa collaborazione tra medici e pazienti, come facciamo anche durante questi Convegni annuali, è davvero preziosa perché da un lato consente ai medici di capire meglio alcuni aspetti della malattia, dall’altro diventa una grande opportunità, per noi, di lavorare accanto ai clinici, alleggerendo spesso il lavoro burocratico e mettendo a punto delle buone pratiche che garantiscono una migliore sinergia tra medico e paziente”.