Le campagne per sensibilizzare alla donazione del sangue ed emoderivati sono (anche) fatte da slogan, frasi a effetto, parole che hanno il fine di ricordare l’importanza di un gesto altruistico e vitale.
Fabrizio Caramagna, torinese, è fondatore del noto sito “Aforisticamente”. Si definisce “scrittore e ricercatore di meraviglie”, inevitabile partire da lui: “Dio non può essere ovunque, ecco perché ha creato i volontari e i donatori”.
Anche don Antonio Sciortino, ex direttore del settimanale Famiglia Cristiana, ha rimarcato quanto è essenziale l’opera dei volontari: “Donare il sangue è una necessità: per assicurare le cure agli emofiliaci, per i trapianti degli organi, per curare gli ustionati, per ricavare dal plasma i cosiddetti farmaci salvavita. Donare un po’ del proprio sangue dovrebbe essere considerato un atto di civiltà e un dovere morale per chi è in buona salute. Recarsi, almeno una volta all’anno, in una struttura del Paese dovrebbe essere sentito come un atto d’amore verso chi manca di qualcosa d’importante”.
Da un rappresentante religioso a una rappresentante della scienza, le parole di Margaret Chan (direttrice generale dell’Organizzazione mondiale della sanità tra il 2007 e il 2017) sono semplici e colpiscono dritto al cuore: “Donare il sangue rappresenta il più grande atto di vita che chiunque può compiere”.
Un insegnamento viene anche dal mondo accademico, con un pensiero del sociologo Jacques T. Godbout, professore dell’Università del Quebec: “Rispetto al ciclico normare del dare, ricevere e ricambiare, nel caso del sangue esiste solo il primo momento. Infatti se il sangue non è ricevuto come dono, nemmeno è restituito, o in piccola misura, e in ogni caso non lo si dona in primo luogo perché sia restituito. Le motivazioni del donatore sono soprattutto di ordine morale. Anzi, egli spera di non aver mai bisogno di ricevere: ma ha fiducia che altri farebbero come lui se un giorno ne avesse bisogno”.
C’è spazio per l’ironia, con il brillante aforisma dello scrittore Wally Wang: “L’altro giorno ho cercato di donare il sangue. Ma non c’è stato niente da fare: volevano sapere dove l’avevo preso!”.
Anche i lettori di DonatoriH24, nella rubrica “I donatori raccontano”, hanno lasciato un impronta nella memoria con le loro testimonianze: “Ogni singolo appuntamento — racconta Luigi Ronchin, avisino dal 1997 — nasconde dentro sé un ricordo, un’emozione, una carezza all’anima. Io steso in quel lettino e fuori, da qualche parte, qualcuno che aspetta per necessità quella parte di me cercare di poter stare meglio”.
Giuseppe Puntillo, presidente della sezione Avis di Delianuova (Reggio Calabria), ricorda: “Ho visto donatori che, a un certo punto, hanno avuto necessità di diventare riceventi. Per questo dico donate il sangue, perché gli ‘altri’, un giorno, potremmo essere noi”.
Frasi che restano impresse nel marmo, aforismi inventati da persone che hanno la capacità di tramutare la parola in memoria.