“Se per i malati è un diritto riceverlo, per i cittadini sani deve essere un dovere donarlo”. Esordisce così Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera a firma di Chiara Daina.
Alle tradizionali cronicità del sistema donazionale durante il periodo estivo (vacanze, aumento degli spostamenti e quindi degli incidenti stradali che aumentano il fabbisogno di sacche) negli ultimi anni si è aggiunta l’emergenza Covid. Le ondate di contagi mettono fuori causa i donatori, inoltre, la ripresa degli interventi chirurgici, rimandati a causa della pandemia, portano a corollario una maggiore richiesta di sangue. E di plasma.
Nei primi cinque mesi del 2022, scrive il Corriere, la quantità di plasma raccolto è scesa del 5.4% rispetto allo stesso periodo del 2021.
A pagare dazio sono soprattutto le regioni ad alto tasso di pazienti talassemici, come la Sardegna. Mauro Murgia, responsabile del coordinamento regionale della attività trasfusionali, denuncia: “I pazienti, anziché ricevere il sangue ogni due settimane lo ricevono ogni tre, oppure ricevono una sola unità anziché due”.
Nel Lazio, nonostante possa contare sulla città più popolosa d’Italia (Roma ha quasi tre milioni di abitanti), “c’è una carenza cronica di 20 – 25mila unità” — riporta Stefania Vaglio, responsabile del coordinamento di raccolta regionale.
Oggi più che mai, dunque, c’è bisogno di sangue.