Donazioni, l’andamento preoccupa le associazioni “Il Covid un duro colpo”

2022-07-18T17:20:56+02:00 13 Luglio 2022|Attualità|

Il “Long Covid” non colpisce soltanto le persone contagiate dal virus, con sintomi legati alla patologia che insorgono o persistono anche dopo la guarigione, è una sindrome che presenta strascichi su tutto il sistema sanitario nazionale. E sul binario donatori – riceventi.

“Una goccia per la Vita. La carenza di sangue ed emoderivati” è stato il tema dell’incontro che si è tenuto a palazzo Madama a Roma nella mattinata del 13 luglio tra i maggiori rappresentanti del sistema sangue e le istituzioni. I lavori sono stati introdotti dalla senatrice Anna Maria Bernini e moderati dal senatore Antonio Barboni: sono intervenuti il colonello Adriano Petrella, responsabile del centro trasfusionale militare, Vincenzo De Angelis (direttore del Centro nazionale sangue) e i presidenti nazionali della associazioni Avis (Gianpietro Briola), Fidas (Giovanni Musso) e Fratres (Vincenzo Manzo).

“Le campagne di sensibilizzazione — ha esordito Bernini — non devono abbandonarci mai, per questo siamo in pressing sul sottosegretario all’editoria per una campagna non più a spot, ma continuativa”.

Vincenzo De Angelis

De Angelis ha evidenziato dati che preoccupano, già nell’immediato futuro: “Presto la fascia d’età dei 56 – 65 anni smetterà di donare, una parte di loro diventerà ricevente. Preoccupa che manchi un ricambio generazionale per in grado di sostituirli. La pandemia ha dato un duro colpo al sistema donazionale in un trend che già registrava un calo. Per raggiungere l’autosufficienza, in Italia occorre che quaranta persone ogni mille abitanti donino il sangue e che diciotto donino il plasma. Non sono numeri irraggiungibili, è necessario tuttavia spingere sulla cultura del dono”.

Gianpietro Briola

“L’autosufficienza nazionale — spiega Briola —, è la somma delle autosufficienze regionali. Occorre riempire il gap delle regioni non autosufficienti e bisogna arrivarci tramite una stretta collaborazione tra istituzioni, professionisti e associazioni”. Emblematico è il caso Roma, quasi tre milioni di abitanti e pochi donatori: “La città di Roma è una città storicamente e cronicamente carente dal punto di vista della donazione — continua Briola — per motivazioni di tipo intrinseco per come è fatta e per come è organizzata. Essendo il punto arrivo di molte necessità sanitarie dal sud Italia non è in grado di dare una risposta con la propria organizzazione. Lo sforzo che si deve fare con una città così è riorganizzarla, riorganizzare la raccolta andando incontro ai donatori. Non bisognerebbe avere la pretesa che i donatori vadano direttamente in ospedale perché ci vuole almeno una giornata, per chi deve lavorare non è una modalità buona. La proposta è quella di utilizzare le case di comunità sul territorio per fare una raccolta all’interno dei quartieri”.

Giovanni Musso

Il nostro Paese soddisfa circa il 70% del fabbisogno plasma, per la parte mancante occorre rivolgersi al mercato che ha la sua autonomia e le sue leggi, come sottolinea Musso: “Il sistema sangue è fondamentale per la sanità pubblica, con questo trend avremo presto difficoltà di approvvigionamento di farmaci emoderivati e la domanda è in crescita”.

Vincenzo Manzo

Vincenzo Manzo invoca unità di intenti: “I modi per invertire l’andazzo ci sono. Ci vogliono azioni concordate tra tutte le parti, le associazioni possono arrivare fino a un certo punto. Bisogna orchestrare una soluzione di sistema tra tutte le parti in causa”.

La mattinata si è conclusa con la promessa tra le parti di un nuovo incontro che si svolgerà a ottobre.

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