Centri di raccolta, arrivano i rinforzi
I laureandi potranno prestare servizio

2022-03-29T14:06:17+02:00 29 Marzo 2022|Attualità|
donare di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

I centri di raccolta emocomponenti hanno bisogno di personale sanitario aggiuntivo.

Non è certo una novità, il tema è tra i più importanti per chi gestisce e analizza le criticità del sistema trasfusionale italiano, e la notizia di queste ultime ore è senza dubbio un segnale importante.

La Camera dei deputati ha infatti approvato il Decreto “Sostegni ter” con il quale, grazie a un emendamento della senatrice Paola Boldrini, laureandi e specializzandi in medicina potranno finalmente entrare nei centri di raccolta e  “prestare, al di fuori dell’orario dedicato alla formazione specialistica e fermo restando l’assolvimento degli obblighi formativi, la propria collaborazione volontaria a titolo gratuito ed occasionale, al di fuori dell’orario dedicato alle attività formative  agli enti e alle associazioni che, senza scopo di lucro, svolgono attività di raccolta di sangue ed emocomponenti sulla base di convenzioni stipulate con le regioni o con gli enti del Servizio sanitario nazionale”.

centri

Un centro trasfusionale

LEGGI PER INTERO IL DECRETO “SOSTEGNI TER”

Una decisione importante soprattutto per la gestione di un’emergenza nel breve periodo, emergenza che più volte su www.donatorih24.it avevamo raccontato, ma che tuttavia deve essere considerata soltanto come un primo passo verso riforme più decisive verso il futuro.

A mancare non è soltanto il personale di supporto nei centri di raccolta – i compiti che sarebbero svolti dai volontari – ma anche quello specializzato.

Il direttore del Simti (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia, Francesco Fiorin, si era infatti espresso così nell’interista rilasciata alla nostra testata al momento del suo insediamento.

“Il Simti – disse – negli ultimi dieci anni ha perseguito con tenacia il riconoscimento di una scuola di specializzazione specifica che riguardasse la medicina trasfusionale, purtroppo con scarso risultato. La conseguenza è che i medici che arrivano a lavorare nei servizi trasfusionali italiani hanno bisogno di formazione e allo stato attuale sono solo le Società Scientifiche del settore, in modo particolare SIMTI, che riescono a mantenere alti livelli di proposte formative rivolte ai nostri professionisti. Purtroppo la carenza di medici in Italia è un dato di fatto e riguarda tutte le specialità e quindi anche la medicina trasfusionale. Forse sarà il caso di pensare a quali altre figure professionali sanitarie poter coinvolgere nelle nostre attività tenendo ovviamente distinte quelle che sono le diverse specificità, in particolare per i medici la capacità unica di fare diagnosi e prescrivere una terapia. Ma ripeto, è del tutto evidente che questo problema va affrontato in maniera responsabile da parte di tutti, delle istituzioni in maniera particolare, senza dimenticare che i processi trasfusionali tagliano in maniera trasversale tutte le attività sanitarie che ogni giorno si svolgono in ospedale e che anche il migliore chirurgo farà fatica ad operare senza emocomponenti a disposizione”.

Lo stesso Gianpietro Briola, che come tanti altri attori di sistema aveva caldeggiato attraverso vari appelli alle istituzioni l’inserimento dei laureandi nel centri trasfusionali, ha sottolineato infatti come questo decreto debba essere considerato soltanto il primo passo verso un rafforzamento ulteriore del comparto.

“È una notizia molto importante per la quale devo prima di tutto ringraziare la Senatrice Boldrini e il Sottosegretario alla Salute, Andrea Costa– ha detto il presidente di Avis nazionale – con i quali abbiamo avuto e stiamo continuando ad avere un fitto e proficuo confronto su questo tema  Aver ottenuto la fiducia del Parlamento e del Governo significa che le problematiche sollevate da AVIS erano reali e concrete e, grazie a un lavoro sinergico con le istituzioni e attraverso le proposte presentate anche da numerosi parlamentari di diversi gruppi politici, siamo riusciti a trovare una soluzione. Tuttavia, per noi questo è solo il primo passo di un percorso che dovrà portare a un ulteriore rafforzamento delle figure sanitarie impegnate nelle attività trasfusionali. Questo settore deve diventare appetibile come lo sono altre branche della medicina, solo così riusciremo a tutelare i donatori e soddisfare le esigenze dei malati, evitando il rinvio degli appuntamenti già fissati e l’allontanamento delle persone dalla donazione”.

Serviranno dunque altri interventi e altri investimenti, per proseguire con coerenza ed efficacia il percorso del paese verso l’obiettivo strategico nazionale dell’autosufficienza.