Donare plasma, perché è essenziale l’aferesi e come si effettua

2022-03-02T14:11:09+01:00 2 Marzo 2022|Attualità|
donare di Sergio Campofiorito

Donare il sangue. O parti di sangue. Fermo restando che l’atto del donare una parte di sé per il bene comune è un’azione meritevole in qualunque modo sia effettuata, esistono vari tipi di donazione che prevedono tempi e modi diversi.

I macchinari permettono di prelevare dal volontario solo una o più componenti del sangue, reimmettendo nel corpo le altre parti, questo procedimento è chiamato aferesi. È possibile donare solo il plasma o le piastrine o i globuli rossi, ma anche globuli rossi e plasma, plasma e piastrine o globuli rossi e piastrine.

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Una sacca di plasma

La donazione in aferesi si serve di macchinari chiamati separatori cellulari, tale tecnica permette la donazione anche a chi è impossibilitato a donare il sangue intero. Se, ad esempio, un volontario ha valori bassi di emoglobina può donare tranquillamente il plasma; chi ha carenze di ferro, generalmente ha una elevata conta piastrinica da “mettere a disposizione”.

Per ogni tipo di donazione, cambiano anche i tempi che devono intercorrere tra un prelievo e l’altro. Il numero massimo di donazioni di sangue intero in un anno è di quattro per l’uomo e per la donna in età non fertile, due per la donna in età fertile. L’intervallo tra due donazioni di sangue intero non deve essere inferiore a novanta giorni.

L’intervallo di tempo minimo consentito tra due donazioni di plasma e tra una donazione di plasma e una di sangue intero o piastrinoaferesi è di quattordici giorni; tra una donazione di sangue intero o di piastrinoaferesi e una di plasma è di trenta giorni. L’intervallo minimo consentito tra due piastrinoaferesi è di quattordici giorni; l’intervallo minimo tra una donazione di sangue intero e una piastrinoaferesi è di trenta giorni.

Il numero massimo consentito di piastrinoaferesi è di sei all’anno.

Perché sono importanti le donazioni in aferesi? Le donazioni in aferesi permettono la produzione di farmaci salvavita che, nel nostro Paese, funziona in conto terzi. Il plasma dei donatori viene lavorato dalle industrie farmaceutiche (per l’Italia sono Kedrion Biopharma, Takeda, Grifols e Csl Behring) ma resta un bene pubblico, una volta finito il processo i farmaci vengono distribuiti al servizio sanitario nazionale.

Plasma ricco di piastrine

Il sistema italiano che si basa su donazioni anonime, volontarie, gratuite, associate e organizzate assicura elevati standard di controllo e sicurezza, maggiori di altri nazioni dove invece il prelievo di sangue viene contribuito (come negli Stati Uniti dove viene prodotto il 60% del plasma mondiale).

L’autosufficienza in Italia oscilla intorno al 70% del fabbisogno, il restante 30% viene coperto dal mercato internazionale.

Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue, in una recente audizione in Senato, riferendosi alla dipendenza dal mercato Usa, la cui raccolta a pagamento è andata in crisi con la pandemia, ha ricordato: “Il sistema trasfusionale è un processo da vena a vena e oggi ci sono i donatori, i professionisti e i pazienti, ovvero le tre gambe del sistema, che è un sistema complesso che è diventato negli anni sempre più complesso fino a diventare oggi un sistema farmaceutico. C’è il dono, certo un gesto di generosità, ma poi inizia un processo di trasformazione farmaceutica per creare i farmaci salvavita. L’attività deve essere produttiva, il sistema deve essere sicuro ed efficiente ma soprattutto devono esserci i medicinali, ed ecco l’importanza dell’autosufficienza. Per il plasma oggi noi siamo largamente dipendenti dagli Usa per arrivare al fabbisogno del sistema, e l’indipendenza dal mercato sarebbe un fattore strategico globale”.