Carenze sangue e personale, le parole di Vindigni, presidente di United Onlus

2022-01-27T15:04:26+01:00 27 Gennaio 2022|Attualità|
donatori di sangue di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

La carenza sangue delle ultime settimane ha creato numerosi problemi a tutti quei pazienti che – a causa delle loro patologie – hanno costante bisogno di trasfusioni. Per conoscere al meglio la loro realtà abbiamo intervistato Raffaele Vindigni, presidente della United Onlus, associazione che agisce “a tutela dei pazienti affetti da Talassemia, Drepanocitosi e anemie rare dinanzi alle Istituzioni nazionali e internazionali e allo scopo di fornire loro e alle loro famiglie un’assistenza globale, tutelandone il diritto alla salute, all’accesso alle cure, alla parità sociale, alle opportunità di lavoro”. 

Presidente Vindigni, l’inizio del 2022 italiano, per quanto riguarda la raccolta sangue è iniziato con qualche problema a causa della variante Omicron. Pochi donatori e scorte di sangue a rischio. Cosa comporta la carenza sangue per i pazienti delle categorie che l’associazione United rappresenta?

sangue

Il presidente di United Onlus, Raffaele Vindigni

Per noi è molto importante che vengano eseguite tutte le terapie trasfusionali. La variante Omicron ha creato ulteriori problemi alla raccolta sangue a causa della paura di uscire e contagiarsi nei presidi sanitari, ma anche perché i pochi donatori che si avvicinano alle strutture girano i tacchi poiché manca il personale per la raccolta. Per noi è un problema importante, perché molti pazienti, in base al loro fabbisogno, hanno bisogno di 1 o 2 sacche ogni 15 o 20 giorni. Sarebbe molto importante fare una campagna di sensibilizzazione in proposito, perché per noi il sangue è vita. La pandemia è un problema, ma ci stiamo concentrando solo su quello, dimenticando i talassemici, gli oncologici, coloro i quali hanno bisogno di terapie salvavita.

Qual è il suo bilancio del 2021? Il sistema sangue italiano ha garantito la salute dei pazienti?

Il bilancio del 2021 è sintetizzabile in un dato. Solo a Palermo sono tornati indietro approssimativamente 425 donatori, che a causa dell’assenza di personale non hanno potuto donare. Il bilancio è che nel 2021 si è evidenziata la gravità di questo problema: i donatori sono in calo e la United s’impegna insieme alle associazioni di donatori a sensibilizzare e a chiamare in causa i donatori giovani, in modo che vadano a sostituire i donatori più anziani favorendo il ricambio generazionale, ma il problema più grosso – e che si accentuerà sempre di più – resta quello del personale sanitario carente. Al momento esiste una grandissima differenza a livello economico tra i medici che vanno a lavorare in un centro vaccinale e quelli che vanno in un centro trasfusionale. Se esistesse una maggiore equità il personale medico sarebbe meglio distribuito. Oggi il meccanismo permette che la raccolta si riduca in maniera drastica non solo per le difficoltà fisiologiche di ogni anno nel periodo invernale, ma, insisto, per l’assenza di personale medico. E per noi le terapie trasfusionali sono vita, il sangue è vita.

A fine anno una piccola “bomba” ha scossa il mondo trasfusionale italiano. Il DDL concorrenza ha stanziato risorse per il sistema sangue, ma il presidente di Avis nazionale Gianpietro Briola ha letto nel testo del decreto una certa ambiguità sulla questione del dono gratuito, che alludeva secondo lui alla possibilità di essere rimborsato. Cosa ne pensa?

Sono pienamente d’accordo con Gianpietro Briola. L’ambiguità c’è. Stiamo andando verso un’incentivazione nascosta alla donazione con il rimborso e bisogna evitarlo. Tutti gli attori di settore dovrebbero partecipare al tavolo delle discussioni per perfezionare un decreto legge. Bisogna evitare di introdurre la donazione del sangue in un sistema retribuito. Le associazioni di donatori e noi riceventi dobbiamo stare molto attenti e dialogare, perché solo creando tavoli di lavoro comune si possono dare le giuste interpretazioni.

Il numero limitato di operatori sanitari nel settore trasfusionale è una minaccia per i pazienti. Come si può risolvere il problema secondo lei?

Sì, come le dicevo prima c’è una distorsione economica. La prima soluzione sarebbe garantire uguali compensi. In secondo luogo bisognerebbe coinvolgere i medici di famiglia, senza creare disparità e discriminazioni tra un servizio e l’altro in modo che i professionisti possano scegliere in base alla loro ispirazione e non in base al compenso. La pandemia non è una giustificazione per trascurare tutte le altre patologie che non siano il Covid-19. Ecco perché faccio un appello alle istituzioni. Oggi nelle strutture ospedaliere ci si sente dire di continuo “dovete capire, siamo in una situazione pandemica”. Anche noi vediamo la pandemia, ma non bisogna togliere a qualcuno per dare ad altri e le patologie dei pazienti bisognosi devono essere curate. Per noi la situazione si è aggravata nel 2021, e, lo voglio ripetere, non a causa della carenza di donatori, ma a causa di quella del personale sanitario.

Cosa si aspetta dal 2022? Quali sono gli obiettivi di United Onlus?

Ci sarebbe una lista infinita di obiettivi. La pandemia ha rallentato molti processi di ottimizzazione per la rete dei talassemici. Non è possibile, per esempio, che nel 2022 nel nostro Paese ci siano luoghi in ci si viene curati meglio e altri in cui si viene curati peggio. Ciò è inaudito in un mondo moderno. Ho sempre lottato per questo, perché è l’unica strada maestra affinché i dieci, undici mila talassemici del nostro Paese siano messi nelle condizioni di essere curati. Noi abbiamo bisogno che la nostra patologia sia monitorata con il controllo degli organi vitali che la talassemia danneggia. Non è solo un fatto di trasfusioni. Noi dobbiamo essere sempre sotto controllo. La carenza di personale fa mancare tale assistenza, e non avere uniformità in tutte le regioni sulle metodologia di cura è un fatto che non mi spiego. Perché in Calabria, in Sicilia, o a Ferrara i protocolli sono uguali ma le interpretazioni delle regioni sono diverse? Spero poi che ci sia un’accelerazione sulle terapie innovative, e in particolare della terapia genica. Sarebbe fondamentale. Bisogna incentivare le nuove generazioni a conoscere la talassemia, con un master universitario a carattere nazionale. Per avere l’assistenza adeguata abbiamo bisogno di una rete di condivisione dei dati.

Faccia un appello al dono in questa fase così delicata. Perché è importantissimo donare sangue?

Noi viviamo grazie alle trasfusioni e al sangue donato dai donatori. Per noi non fare una terapia comporta conseguenze molto pesanti per l’organismo. Invito allora i genitori a sensibilizzare propri figli e a far nascere in loro la cultura del dono. Ogni cosa che noi facciano nella vita, nel bene o nel male ci viene ridato per 3 volte. E allora bisogna sensibilizzare i giovani nelle nostre case, in modo che appena arrivano alla maggiore età possano andare a donare.