Come lo usiamo? Dalla rivista Blood Transfusion è arrivato negli ultimi giorni uno studio mai fatto in precedenza, attraverso cui un’equipe di studiosi guidati da Giuseppina Facco del Simti (Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoematologia) ha provato a ricostruire come viene statisticamente usato il sangue dei donatori.
Si tratta di uno studio importante soprattutto per il suo approccio alla materia, che intende, attraverso l’analisi dei numeri, migliorare la programmazione delle attività trasfusionali e ridurre al minimo possibile gli sprechi, per una salvaguardia della risorsa sangue che dev’essere portata sempre al massimo livello.
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Il quadro di riferimento
Le premesse dello studio, partono da una fotografia della situazione reale attuale: da diversi anni, grazie al Patient Blood management (PBM) la cultura dell’utilizzo ottimizzato della risorsa sangue è cresciuta moltissimo, e grazie al rispetto delle linee guida in questo senso la situazione antisprechi è migliorata moltissimo.
Tuttavia, esiste in Italia anche un quadro demografico di cui bisogna tener conto, ovvero la diminuzione progressiva del numero dei giovani e l’aumento del numero degli anziani, che al tempo stesso riduce la quantità di donatori elegibili e accresce la domanda di sacche di sangue.
Ecco perché, anche in ottica futura, ampliare le nostre conoscenze su un utilizzo delle sacche il più possibile corretto non può che essere una risorsa decisiva
I criteri dello studio
Il numero totale di componenti del sangue trasfusi in tutte le strutture accreditate nell’anno di riferimento 2017 è stato di 3.022.813 (2.473.714 globuli rossi, 259.036 piastrine, 290.063 plasma fresco congelato): lo studio, poi, si è occupato di scegliere una data di riferimento e calcolare l’utilizzo delle risorse trasfuse in quella precisa giornata.
I risultati
In figura 1 si può vedere come 3850 pazienti complessivi hanno ricevuto 6309 unità, e di queste il 66,7%sono state infuse per indicazioni mediche e 32,4% per necessità chirurgiche.
Tra l’utilizzo medico le maggiori quantità sono state utilizzate per pazienti con anemia acquisita non oncologica e anemia oncoematologica. La necessità chirurgica più frequente è risultata l’anemia perioperatoria in chirurgia ortopedica e l’anemia in traumatologia.
Interessanti, a commento dello studio, le parole della dottoressa Fiacco nell’intervista che ha rilasciato sul sito di Avis Nazionale, occasione nella quale fa emergere un dato sulle sacche utilizzate in pronto soccorso, una tipologia di utilizzo che potrebbe essere limitata se attraverso i test, già prima di arrivare all’ospedale, fosse possibile capire se il paziente abbia bisogno di una sacca di sangue o semplicemente di ferro.
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Il plasma
Per quanto riguarda le trasfusioni di plasma fresco congelato, nel dettaglio si vede in figura 2 come le 654 unità siano state trasfuse a 194 riceventi: 464 (71,1%) di esse erano a scopo terapeutico in 194 pazienti sanguinanti; Il 32,6% di essi si è verificato in chirurgia generale e il 20,6% in cardiochirurgia.
Le piastrine
Le piastrine trasfuse a 520 pazienti, infine, sono state 560, delle quali il 62,7% trasfuse a scopo profilattico e il 28,6% per sanguinamento (prima o durante una procedura invasiva o un intervento chirurgico o in trombocitopenia).
Conclusioni
Sebbene lo studio sia ovviamente parziale, un monitoraggio costante di questi numeri aiuterebbe non poco la pianificazione futura delle nuove linee guida del Patient Blood Management, aiutando a migliorare sempre più la conoscenza profonda di tutte quelle informazioni in grado di accrescere il livello di efficienza del nostro sistema trasfusionale. Come merge spesso dagli incontri tra dirigenti associativi e dirigenti istituzionali del sistema sangue, il dono dei donatori dev’essere salvaguardato al massimo e dal sangue bisogna estrarre tutto il potenziale possibile.