L’autosufficienza plasma in Italia e la produzione di farmaci plasmaderivati salvavita, sono stati i temi principali dell’evento più significativo dell’ultima settimana per ciò che riguarda l’universo sangue, ovvero il 59esimo Congresso nazionale Fidas che si è svolto in Valle d’Aosta.
La tavola rotonda di sabato 25 settembre, ricchissima di ospiti di primo piano, ha permesso di approfondire argomenti di importanza assoluta, e la completezza del parterre ha simbolicamente rappresentato la realizzabilità di uno degli obiettivi che tutti gli stakeholder del sistema sangue hanno enunciato all’unisono: la necessità di un tavolo di lavoro collettivo attraverso cui affrontare le criticità esistenti e risolverle.
Tra gli altri, ci sono stati interventi di Pierluigi Berti, Responsabile della Struttura Regionale di Coordinamento Valle d’Aosta – NAIP, Fabio Candura, Responsabile settore medicinali plasma derivati del Centro nazionale sangue, Vincenzo De Angelis, Direttore del Centro nazionale sangue, Francesco Fiorin, Presidente SIMTI (Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia), Vincenzo Manzo – Coordinatore CIVIS e Presidente nazionale Fratres, oltre che, naturalmente, di Giovanni Musso, Presidente Fidas nazionale a fare gli onori di casa.
Importante, prima di tutto, è stato definire cos’è esattamente l’autosufficienza, come in figura 1:
Come più volte abbiamo scritto su Donatorih24 il sangue, e soprattutto il plasma, sono da considerarsi oggi, a tutti gli effetti, materie biologiche di interesse geopolitico, al pari di acqua, cibo o energia.
Perché? La riposta è semplice. Ci sono milioni di pazienti che hanno bisogno di trasfusioni e farmaci salvavita, quella tipologia di farmaci che curano patologie complesse eppure molto comuni e che consentono a tantissime persone di passare da condizioni gravi di salute a una quotidianità serena.
In figura 2, come ha spiegato Fabio Candura, Responsabile settore medicinali plasma derivati del Centro nazionale sangue, si può osservare come la produzione mondiale di plasma da frazionamento (quello che serve alla produzione di farmaci) sia avvenuta principalmente negli Stati Uniti d’America per il 67%, e solo per il 14% in Europa.
Appare chiaro, quindi, che in scenari particolarmente di crisi non da sottovalutare (l’ultimo esempio ancora vivo è la pandemia di Covid-19) la possibilità per gli altri paesi del mondo di accedere al plasma o ai farmaci plasmaderivati potrebbe scricchiolare. Ecco perché, a detta di tutti gli stakeholder, bisogna assolutamente porsi obiettivi di crescita sul piano della raccolta nazionale.
In questo quadro però, La situazione italiana, va ricordato, è tutt’altro che negativa.
In nessun paese europeo in cui la raccolta è equiparabile alle modalità etiche italiane, i livelli di autosufficienza dei farmaci plasmaderivati si avvicina alla nostra, come si vede in figura 3.
Il 68,86% è la media per i vari prodotti che si possono estrare dal plasma, ognuno di elevata importanza per curare patologie specifiche. In figura 4, la situazione dell’autosufficienza per ciascuno dei prodotti estraibili.
Crescita come obiettivo dunque. Ma è un obiettivo davvero possibile?
Per gli stakeholder di sistema la risposta è senz’altro positiva. Ecco in figura 5 gli obiettivi di autosufficienza per il 2021, a pochi mesi dalla fine dell’anno.
Quando si parla di autosufficienza, tuttavia, non si tratta tuttavia soltanto di affrontare i rischi di scarsità.
L’autosufficienza nazionale porta con sé anche vantaggi di natura economica. In figura 6, ecco i costi da frazionamento e costi dei prodotti sul mercato internazionale. Se il costo di raccolta più lavorazione nel sistema di produzione italiano nel 2018 è stato di 220 euro al kg di plasma, i costi sul mercato possono oscillare tra 238 e 275 euro al chilo, senza la sicurezza di trovare i prodotti in vista della domanda crescente globale.
La posizione delle aziende
Interessante, nell’ottica della crescita e della collaborazione tra stakeholder, ascoltare le posizioni delle aziende. Danilo Medica, Presidente Gruppo emoderivati di Farmindustria ha ribadito l’importanza dei plasmaderivati e ha sottolineato come il sistema italiano abbia tenuto in un momento globale difficilissimo come quello pandemico: “Quello dei plasmaderivati è un asset molto importante per le aziende farmaceutiche in Italia. Gli investimenti di questi gruppi sono incentrati sull’innovazione e la produttività, e aumentare le rese significa mettere il paziente al centro del sistema. Il gruppo emoderivati attualmente ha 25 farmaci in sviluppo, tra immunoglobuline curative per il Covid e i farmaci per altre terapie. Gli Stati Uniti reggono la raccolta globale di plasma ma l’Italia ha un ottimo sistema di autosufficienza, ma ci sono ambiti totalmente scoperti. Si stima che negli Usa nel 2021 mancheranno 10 milioni di litri di plasma, con un grande danno. Da maggio scorso c’è stata una breve ripresa, ma il grafico mostra l’andamento della raccolta, con crolli di caduta della cessione del plasma in occasione dei sussidi statali concessi dal governo americano.
In sostanza, in figura 7 il grafico mostra che ogni volta che il governo americano ha offerto dei sussidi contro la povertà, la raccolta plasma (a pagamento in Usa) è gravemente crollata. Ciò sancisce il legame evidente tra acquisto del plasma nei centri di raccolta e livelli di indigenza della popolazione.
In Italia, invece, con la donazione etica ovvero volontaria, gratuita, anonima, associata e organizzata, la raccolta ha tenuto molto bene.
Secondo Farmindustria, quindi, sono le opportunità di miglioramento passano per altri fattori, ovvero quelli indicati in figura 8, essenzialmente programmazione e ottimizzazioni delle rese.
Per Oliver Schmitt, amministratore delegato di CSL Behring Italia, le aziende devono operare secondo le direttive europee, in cerca di qualità e sicurezza dei prodotti: “Cerchiamo di seguire la logica europea. In Italia mancano le immunoglobuline, e noi pensiamo come migliorare la raccolta di plasma seguendo le direttive europee. Vogliamo tentare di portare avanti diverso modelli tra i quali quello italiano. Siamo lieti di poter dire che in Italia ci sono buoni livelli di autosufficienza, ma bisogna focalizzarsi sui prodotti salvavita. Cerchiamo di migliorare in sicurezza, qualità e appropriatezza in tutti i paesi in cui operiamo, cercando il modo di fare squadra e crescere insieme con gli altri operatori di sistema.”
A interagire con le aziende ci sono i raggruppamenti regionali per la raccolta plasma, ed ecco perché di grande interesse sono state le parole di Vanda Randi, Direttore del Centro regionale sangue Regione Emilia Romagna. È davvero possibile la collaborazione tra stakeholder? La Randi ha raccontato cosa accade all’interno dei raggruppamenti regionali, le strategie per rispettare l’esigenza di generare una raccolta di interessa sovraziendale e sovranazionale, la necessità di stabilire gli stoccaggi, la gestione del magazzino, e cercare di ottimizzare le rese per ciascun prodotto.
“Stiamo allineando i sistemi di gestione della qualità – ha detto – e io credo molto in questo percorso. Dobbiamo allineare il modo di lavorare tra regioni, con le stesse soluzioni organizzative e un livello omogeneo determinato dalla condivisione delle conoscenze. Chi deve mettersi a nostra disposizione sono le aziende, che dovranno accettare gli standard qualitativi omogenei. Facciamo una politica di utilizzo massimale dei prodotti provenienti del conto lavoro e questo ci consente un ottimo risparmio. Le aziende devono anche supportare le associazioni per raccontare cos’è la plasmaderivazione. Tutti devono capire cosa c’è tra la donazione e il flacone. Oltre a parlare di più dei donatori e dei programmi internazionali, come i farmaci che arrivano in Palestina”.
Finale affidato a Vincenzo Manzo – Coordinatore CIVIS e Presidente nazionale Fratres, che ha tracciato un quadro generale della raccolta plasma, parlando di un vantaggio storico della raccolta di globuli rossi su quella del plasma. Il modello italiano, ha ricordato, è considerato uno dei migliori al mondo, ma metodologicamente il suo contributo è stato quello di mettere in discussione questa reputazione.
La qualità del sistema italiano è dettata dai sui principi etici? Da questi pilastri valoriali? Secondo lui la risposta è sì, e se tali valori sono ancora validi e non sono da considerare desueti allora bisogna salvaguardarli. Secondo lui, partendo da quei valori, bisogna organizzarsi meglio e far correre speditamente il sistema con maggiori finanziamenti, e accrescere il personale medico rendendo appetibile la professione sia in termini economici che meramente professionali. Infine bisogna completare l’informatizzazione del sistema al fine di ottimizzarlo. A suo dire l’autosufficienza “è un risultato possibile, perché è un fatto di numeri. Basterebbe una donazione in più al giorno in ciascuna struttura trasfusionale nazionale, e l’autosufficienza sarebbe raggiunta”.
Ora, come sempre, dopo i dialoghi si deve passare ai fatti, con decisioni, scelte precise e atti concreti. In vista di quella crescita reale che tutti auspiachiamo.