“Avis Svizzera è stata un volano per l’integrazione degli italiani, una forma di riscatto dei nostri compatrioti che, all’inizio del fenomeno migratorio dall’Italia, venivano visti come extracomunitari che portavano via il lavoro ai giovani svizzeri”.
L’aneddotica della Storia è ricca di riferimenti simili, lavoratori costretti a cercare fortuna altrove a causa di una crisi nel proprio Paese e invisi poiché “rubano il lavoro”. Storie di confine di circa sessanta anni fa, ma sembrano scritte oggi.
“Nel Dopoguerra – spiega Miranda Secco, 53 anni, da 12 vive a Baden, donatrice dal 1988 e attuale vicepresidente di Avis Svizzera – gli italiani erano visti come un male, non conoscevano la lingua e avevano difficoltà di integrazione. Allora le mogli non potevano raggiungere i mariti, quando le frontiere furono aperte anche alle mogli non erano ammessi i figli. Tanti bambini hanno vissuto nascosti, in clandestinità”.
I primi donatori di sangue italiani in Svizzera venivano guardati con sospetto. “Gli elvetici pensavano che volevano qualcosa in cambio – continua Secco – invece erano le prime avvisaglie di un desiderio di riscatto poi riconosciuto. Gli italiani volevano essere guardati come persone che contribuivano al benessere della società che li ospitava, volevano essere loro a dare qualcosa in cambio, tutto qui”.
Le prime donazioni scatenarono quasi un caso diplomatico: “Alcuni volontari erano in strada per segnalare con la bandiera rossa dell’Avis dove donare, furono scambiati per attivisti comunisti e portati in commissariato. Subito si chiarì la vicenda e anzi quell’episodio servì a instaurare un rapporto di collaborazione tra la nostra realtà e le forze di polizia”.
Si giunge ai giorni nostri dove gli italiani in Svizzera vengono accolti con favore, come portatori di eccellenze e di ricchezze. Avis Svizzera, pioniera dell’integrazione, può concentrarsi sulla sua funzione primaria, pur con qualche differenza rispetto al modello italiano.
“Anzitutto – ricorda la vicepresidente – Avis non può raccogliere sangue, è un compito che spetta unicamente alla Croce rossa. Noi facciamo promozione alla donazione e guidiamo i donatori lungo il percorso. Un’altra grande differenza è che, mentre in Italia il sangue viene esaminato e i risultati vengono consegnati ai donatori, in Svizzera si tiene tutto il medico a meno che non ci siano urgenze da comunicare al donatore. Chi desidera ricevere i referti deve compilare un apposito modulo”.
La prossima sfida di Avis Svizzera sarà quella di attirare le nuove generazioni. “Chi oggi arriva qui da oltreconfine – chiosa Miranda Secco -, non ha bisogno di integrarsi, le moderne tecnologie lo connettono già col mondo. Le nostre prossime iniziative saranno quindi volte a intercettare e attirare i nuovi immigrati”.