Un appello, e poi la bellezza delle sorprese. Ci sono storie vere che più di mille parole riescono a raccontare quanto è importante donare e quanto sia sottile, a volte, il fil rouge della solidarietà che può significare la differenza tra la vita piena e la sofferenza.
Francesco Pastorello è il presidente del comitato della Croce Rossa per il secondo e terzo municipio a Roma, e il 15 agosto, un giorno di vacanza per la maggior parte di noi, ha scritto un post in cui raccontava una vicenda a lui accaduta, ovvero lo slittamento di un intervento chirurgico (situazione diventata molto comune anche causa Covid-19) di una persona cara per mancanza di sangue, al Policlinico Gemelli.
L’appello al dono contenuto nel post ha sortito l’effetto sperato, moltissime persone a donare sangue, alcune con il gruppo sanguigno del paziente, tante foto di solidarietà, una risposta concreta che dimostra quanta voglia di fare del bene esiste nel tessuto sociale, a dispetto delle apparenze. Tutto risolto? In parte…
In un post successivo Pastorello ha spiegato che l’intervento è stato nuovamente rimandato perché le sacche sono state utilizzate per altre urgenze, ancora più impellenti (una mamma partoriente con una grave perdita di sangue). Così, le donazioni solidali sono continuate nei giorni successivi. Un risultato bellissimo che tuttavia non deve far sedere sugli allori, perché una risposta solidale occasionale non può sostituire un piano di racolta duraturo che funzioni ed eviti peripezie e rischi per i pazienti.
Per conoscere da vicino questa vicenda abbiamo intervistato proprio Francesco Pastorello. Ecco cosa ci ha detto.
Francesco Pastorello, lei è stato autore di un appello social al dono di sangue, che è diventato virale. Se lo aspettava? Ci racconta cos’è successo?
Speravo che i miei contatti cogliessero l’invito per andare a donare, ma non pensavo che la mia esperienza avrebbe interessato anche persone sconosciute. Sono un donatore abituale e un volontario della Croce Rossa Italiana da 16 anni, quindi non è la prima volta che invito i miei amici e conoscenti a donare il sangue. Stavolta però ho vissuto sulla mia pelle la frustrazione di sentirmi dire dai medici di un ospedale che non sarebbe stato possibile procedere a un intervento chirurgico per mancanza di sangue. Ho pensato di condividere questa sensazione con i miei contatti e ho riscontrato grande partecipazione da parte di molti.
L’estate è un periodo storicamente difficile per la raccolta sangue, eppure il suo appello ha sortito effetto nella settimana di ferragosto. Per spingere la gente a donare servono le parole giuste?
Sì, ma io non sono un esperto di comunicazione e per me è stato sufficiente raccontare l’esperienza di una singola paziente ricoverata in un ospedale di Roma, quindi forse, anche senza dover costruire complesse campagne di comunicazione, potrebbe essere sufficiente parlarne al telegiornale, sui giornali, così come si parla delle altre emergenze, dagli incendi estivi al Covid-19.
Lei è donatore? Come si è avvicinato a questo mondo?
Sì, dono abitualmente ogni tre mesi. Ho donato per la prima volta a scuola, ero appena maggiorenne, poi per un periodo non l’ho più fatto. Non ne percepivo l’urgenza. Con il maggiore impegno nel volontariato con la Croce Rossa Italiana, invece, mi sono reso conto di quanto ogni singola sacca di sangue possa fare la differenza. Ora ogni volta che dono il sangue segno nell’agenda del cellulare l’appuntamento successivo e, per renderlo più piacevole, ho coinvolto amici e colleghi di lavoro con i quali condivido questo impegno.
Su Donatorih24 uno dei temi più affrontati, e approfonditi, è l’importanza dell’autosufficienza ematica nazionale. Sia di sangue intero che di plasma. A livello istituzionale o associativo si può fare di più, secondo lei, per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di avere sempre le adeguate scorte di sangue?
Si può e si deve fare di più. Se quella del sangue è un’emergenza, allora è arrivato il momento di gestirla come tale. Serve anzitutto una strategia di comunicazione. Penso a quante volte, dopo i terremoti o durante il lockdown, i centri trasfusionali sono stati sommersi di donazioni, anche in eccesso rispetto alle esigenze contingenti. Io sono sicuro che tutti questi donatori, adeguatamente informati sull’emergenza estiva, troverebbero quella mezz’ora di tempo, anche in vacanza, per contribuire a salvare una vita. Per fare questo, però, serve anche il coraggio di comunicare con trasparenza, sui media nazionali e regionali, i numeri del fabbisogno e delle unità di sangue disponibili.
Anche l’importanza di una comunicazione mainstream unita sul dono è un tema di Dh24…
Occorre inoltre fare uno sforzo tecnologico. L’esperienza maturata con la gestione delle prenotazioni del vaccino anti Covid-19 e del green pass dimostra che è possibile gestire una grande quantità di dati, di registrare le prenotazioni in base ai posti disponibili e alle necessità dei singoli centri trasfusionali. Un sistema di questo tipo, adottato a livello regionale con il coinvolgimento di tutte le associazioni, dal mio personale punto di vista, eviterebbe inutili sprechi consentendo di distribuire le donazioni secondo le reali necessità e di allertare i donatori nei periodi di particolare carenza.
Dalla sua esperienza in Croce Rossa, a Roma, cosa si può fare per attirare le nuove generazioni verso il mondo del dono e operare il necessario ricambio generazionale?
Bisogna far parlare i giovani donatori. Le scuole e le università possono svolgere un ruolo importante nell’informazione dei ragazzi, ma non è sufficiente. Quasi tutti i ragazzi utilizzano social network non utilizzati dalla maggior parte delle persone over 30. Il mio appello, ad esempio, è stato condiviso su Facebook, ma i giovani e giovanissimi lo considerano passato, usano Instagram e ancor più Tik Tok.
Per portare il maggior numero possibile di giovani a donare il sangue è necessario adeguare i messaggi ai canali e al linguaggio utilizzati, e nessuno può fare questo meglio di un giovane donatore o una giovane donatrice.
Gli italiani sono un popolo molto emotivo, che risponde spesso agli appelli con grande partecipazione. Visto che le sue parole hanno funzionato così bene, cosa direbbe al pubblico per convincerlo a donare sempre di più?
Non so quali possano essere le parole più adatte, ma so per certo che chiunque di noi sarebbe disponibile a donare il sangue per una persona cara, un amico, un familiare, un figlio. La speranza che questo problema non ci tocchi da vicino non è sufficiente a tutelarci dal rischio di ritrovarci, come è successo a me quest’estate, di fronte al rinvio di un intervento per mancanza di sangue. Dobbiamo organizzarci, tutti insieme, affinché il sangue non manchi mai. Ci riguarda come comunità, donando tutti non mancherà mai a nessuno.