Plasmaderivati, il tesoro di un Paese
Il bene dei pazienti come obiettivo

2021-07-20T14:52:38+02:00 20 Luglio 2021|Attualità|
plasma-terapia di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Nelle ultime settimane, a partire dai festeggiamenti solenni e doverosi per il World Blood Donor Day, il tema dei plasmaderivati e dell’importanza strategica che rivestono per un Paese che vuole dirsi moderno e praticare una politica sanitaria lungimirante all’insegna di sicurezza delle cure avendo come obiettivo primario il benessere dei pazienti, è stato affrontato in molte chiavi e in molti contesti.

Che il tema dell’autosufficienza da considerare a tutti gli effetti un obiettivo strategico nazionale non potesse più attendere, è chiaro sin dallo scorso aprile, quando lAtto di indirizzo per l’individuazione delle priorità politiche per l’anno 2021 ribadì fortemente questa necessità.

Il 2020 – con la pandemia da Covid-19 a creare degli scenari del tutto nuovo ed emergenziali, aveva del resto parlato chiaro, mettendo a rischio la raccolta plasma e di conseguenza la produzione di quei farmaci salvavita necessari a curare malattie molto complesse come l’emofilia e rendere più confortevole se non addirittura semplicemente possibile la quotidianità di moltissimi pazienti – aveva lanciato già l’allarme, per fortuna mai espl0so fino in fondo grazie alla straordinaria generosità e prontezza dei donatori italiani, in grado di donare plasma grossomodo nella stessa quantità dell’anno precedente (il calo del 2020 è stato di pochissimi punti percentuali, poco più del 2%).

L’autosufficienza per il plasma in Italia è circa del 70%, mentre, com’è noto, per il 30% dell’approvvigionamento il nostro paese è ancora dipendente dal mercato. Se in apparenza quest’ordine di grandezze può sembrare soddisfacente, o comunque accettabile, la verità è che non è così e che bisogna assolutamente fare meglio.

Il mercato del plasma, a fronte di una richiesta sempre crescente (circa del 6-7% annuo) dipende in larga misura dalla raccolta americana, che è notoriamente a pagamento. Giovanni Musso (presidente Fidas), nel suo ultimo intervento sul tema nella conferenza in senato dello scorso 14 luglio, ha infatti specificato che la raccolta americana è fondata su “datori” di plasma, e non su donatori, una realtà che ha comportato in USA un calo spaventoso di donazioni nel periodo pandemico, un calo vicino al 30%.

Recente campagna in favore del dono del plasma

Che cosa significa? Che il dono volontario di sangue e plasma necessità di un approccio culturale, di un tessuto connettivo basato su valori conosciuti, appresi e interiorizzati, come la gratuità.

Pagare il plasma offrendo una possibilità di micro-reddito a categorie indebolito economicamente dalla crisi economica non può essere una soluzione a lungo termine, e anzi, sarebbe una soluzione in grado di frantumare il tessuto solidale che oggi consente al nostro paese di essere autosufficiente sui globuli rossi e in crescita per ciò che riguarda l’autosufficienza plasma.

A rafforzare questo tessuto contribuisce senza dubbio il lavoro di Avis nazionale, con webinar, campagne e parentesi informative in grado di parlare di plasmaderivati a 360° come necessità di politiche europee armonizzate, di informazione ai donatori e dialogo con le istituzioni.

Contribuiscono tutte le associazioni di donatori, come Fidas e Fratres, con raccolte e campagne. E contribuiscono le associazioni dei pazienti, che di recente hanno portato le questioni legate alle politiche del plasma in senato, per aprire un dibattito serio ed efficace con la politica.

Grande è sembrata, nell’incontro di mercoledì 14 luglio, la disponibilità della politica a collaborare con gli stakeholders di sistema, al fine di raggiungere quel 100% di autosufficienza che non va visto come una deriva protezionista, ma come una conquista verso l’obiettivo più ambizioso: il benessere dei pazienti.

Appropriatezza, politiche fiscali favorevoli alle aziende produttrici di palsmaderivati, facilitazioni e fondi per aperture più ampie e favorevoli ai donatori dei centri trasfusionali, specializzazione del personale sanitario trasfusionista, incentivi economici, incremento delle campagne di sensibilizzazione su base nazionale, centralizzazione delle politiche di gestione con la guida del Centro nazionale sangue: queste le principali misure pensate per ottimizzare il sistema, tutte valide, tutte importanti, tutte raffinabili.

Purché dalle parole si passi, al più presto, alle azioni concrete.