Come si crea un’associazione di donatori dal nulla creando una cultura del dono del sangue, in realtà economicamente e socialmente difficili come alcuni Paesi dell’America Latina e dell’Africa? Lo ha spiegato Gianfranco Massaro, presidente della Fiods e membro dell’Avis Molise, intervenuto nella parte conclusiva del simposio scientifico del 15 giugno nell’ambito delle celebrazioni della Giornata Mondiale dei Donatori di Sangue.
Lo ha fatto raccontando due esperienze molto importanti, difficili ma dai risultati quasi sorprendenti. La prima fa riferimento al progetto “Dar sangre es dar vida” portata avanti dalla federazione internazionale e dall’Avis, in Bolivia: “Da questo progetto si è costituita l’associazione boliviana donatori di sangue – ha spiegato Massaro – . In Bolivia abbiamo istituito la figura del Promotore, ovvero una figura professionale che aiuta il donatore, accogliendolo e facendogli compilare il questionario e gli altri documenti necessari prima della donazione. Questo significa che è necessaria una stretta cooperazione con la struttura pubblica del Banco de Sangre che deve riconoscere questa attività di accoglienza. Inoltre l’associazione boliviana ha deciso di identificare ed evidenziare il donatore, facendogli indossare un giubbino rosso che gli concede un accesso preferenziale e rapido alla donazione. Piccoli gesti che aiutano alla fidelizzazione del donatore e il risultato è che nel tempo sono aumentati i donatori periodici che si iscrivono all’associazione. Importante è la presenza di volontari formati che vanno nei luoghi di aggregazione dei giovani, come scuole università palestre. Una presenza costante che ha dato i suoi frutti e in 3 anni ha permesso l’iscrizione di 6.000 donatori”.
Importante anche l’investimento fatto dal governo italiano a El Salvador e in Guatemala: “Nel 2018/19 – racconta inoltre il presidente della Fiods – è stato portato avanti un progetto finanziato con 600.000 euro dal governo italiano, con il Centro Nazionale Sangue, la Fiods e l’Avis in prima linea, in Paesi come El Salvador e Guatemala, dove non esistevano associazioni di volontariato. Le abbiamo create, formando i donatori. Poi c’è stato un periodo di formazione e crescita, con i volontari che sono venuti in Italia insieme a infermieri, medici e tecnici che hanno potuto vedere come qui funzionano le cose. Si sono create due associazioni nazionali che prima non c’erano e abbiamo donato loro materiale come saldatori e frigoriferi. In alcuni Paesi che ho visitato in America Latina e Africa, con un frigorifero portatile da 200 euro si aumenta del 10% la donazione di sangue”.
Infine, Massaro ha raccontato di un ambizioso progetto iniziato nel 2015 in Burkina Faso: “Abbiamo formato alcuni partner e organizzato diverse attività con l’obiettivo di reclutare donatori: 4 spettacoli teatrali nella capitale, stand nella galleria commerciale della festival del cinema, un tour sub regionale organizzato dalla Safe Blood for Africa Foundation, partecipato a un workshop sull’inventario delle azioni di comunicazione per la lotta all’Hiv. Dal 2015 al 2018 questa attività di sensibilizzazione ha fatto aumentare di 16.000 unità le sacche di sangue donate”.
E’ chiaro, infine, che le raccolte mobili siano la soluzione: “Il 58% delle sacche di sangue raccolte nel 2018 proveniva dalla raccolta mobile – conclude Massaro – . Questo perché il costo del petrolio, il costo della vita e la mancanza di mezzi di trasporto rende impossibile lo spostamento di molti donatori verso i centri nazionali di trasfusione di sangue”.