Le parole del Papa e del presidente Sergio Mattarella non hanno bisogno di aggiunte né tantomeno di sottolineature per rappresentare efficacemente l’importanza e il valore di una giornata come quella del donatore.
Il nostro piccolo contributo di testata specializzata in questo ambito è quindi quello di raccontarne i numerosi risvolti e semmai di ricordare come la giornata mondiale del donatore di sangue e di plasma non è solo il 14 giugno ma è tutti i giorni, perché tutti i giorni migliaia (milioni) di persone nel mondo si mettono a disposizione per donare. E nel nostro Paese – ci sia consentito dirlo – questo è ancora più vero, perché i due milioni di donatori che l’Italia può vantare costituiscono un patrimonio straordinario reso ancor più importante dal fatto che si tratta di volontari, persone cioè che senza alcun tipo di compenso o remunerazione agiscono per il bene collettivo.
Già, che cos’è – in questo caso – il bene collettivo?
Sono molte cose insieme. Sono, per esempio, i farmaci ricavati dal plasma, quei plasmaderivati che in molti casi corrispondono ai cosiddetti “salvavita”. Sono le immunoglobuline specifiche che curano malattie pericolose e tra breve, si spera, anche il Covid-19.
Sono le sacche di sangue che chi ha bisogno di trasfusioni trova nei centri ospedalieri quando ne ha la necessità. L’elenco potrebbe continuare, ma quello che ci preme dire è che nella vita di tutti i giorni, purtroppo, ciascuno di noi dà per scontate delle cose che sono tutt’altro che scontate.
Se all’improvviso ho bisogno di una trasfusione e in ospedale sono in grado di aiutarmi, non è grazie a un software o a un macchinario ultra-moderno che produce sangue e plasma.
No, è grazie ad altri esseri umani di cui ignoro il nome, la faccia e la storia, ma dei quali almeno una cosa devo sapere: a un’ora imprecisata di qualche giorno prima, sono andati in un centro trasfusionale, hanno messo lì le loro braccia e hanno donato.
Sono loro i nostri eroi. Sono i donatori.