Anticorpi monoclonali e regole Aifa
Una terapia che non è per tutti

2021-05-04T15:44:10+02:00 3 Maggio 2021|Attualità|
di Laura Ghiandoni

Degli anticorpi monoclonali ultimamente si è parlato come una delle terapie più promettenti per la cura ai pazienti affetti da Covid-19. Qualche mese fa li introduceva per DonatoriH24.it la dottoressa Claudia Sala, senior scientist MAD Lab della Fondazione Toscana Life Sciences, gruppo che oggi, nei propri laboratori, ne sta sviluppando una versione tutta italiana.

Claudio Mastroianni, Direttore Malattie Infettive Umberto I di Roma

Qualche giorno fa ne ha discusso la somministrazione sui pazienti il dottor Claudio Mastroianni, direttore del reparto di Malattie Infettive del Policlinico Umberto I di Roma, il quale ha confermato l’esperienza positiva riscontrata in oltre 70 pazienti trattati che, a parte due casi, hanno evitato il ricovero in ospedale.

Durante l’intervista con il professore è emerso che gli anticorpi monoclonali oggi non sono regolarmente utilizzati nei pazienti affetti da Covid-19, se non con la presenza di specifiche patologie pregresse ad alto rischio.

Per ovviare a questo uso limitato della terapia in futuro apriranno la strada i risultati del nuovo studio clinico che sta per iniziare in Veneto dove è prevista la somministrazione dei monoclonali su persone senza fattori di rischio dai 50 anni in su.

Ma vediamo come viene utilizzata la cura oggi, come e a chi viene somministrata.

L’utilizzo dei monoclonali nelle regioni italiane oggi

L’Italia, dopo l’autorizzazione di febbraio del governo, conserva nei frigoriferi i monoclonali prodotti dalle aziende Regeneron ed Eli Lilly.

Sui numeri delle dosi acquistate si parla di circa 38mila dosi distribuite in tutte le regioni e province autonome.
Secondo le ultime notizie la Liguria è la prima regione per numero di casi in cui è stato somministrato questo nuovo farmaco. Sul territorio si parla di 235 pazienti trattati, la maggior parte nell’hub dell’ospedale San Martino di Genova.

La seconda regione che racconta con entusiasmo il successo rappresentato da questa terapia, è la Valle D’Aosta, in cui si parla di 119 pazienti sottoposti a cura che potenzialmente avrebbero evitato il ricovero.

D’altra parte tra le regioni in cui i monoclonali non stanno prendendo piede c’è la Sicilia, con 50 somministrazioni soltanto, che lancia un appello ai pazienti Covid-19 di presentarsi agli hub.

Se lo scenario è questo possiamo immaginarci che nei frigoriferi degli ospedali siciliani e in quelli di molte altre regioni è ancora pieno di dosi di anticorpi monoclonali, dosi che in piena terza ondata sono inutilizzate.

Per questo oggi, mentre prende il via la campagna di vaccinazione, è lecito chiedersi perché non vengono usate per curare i pazienti affetti da Covid-19.

Perché i monoclonali oggi non vengono utilizzati? Le regole di Aifa

Per capirlo bisogna guardare con attenzione le indicazioni per la selezione dei pazienti dell’Agenzia Italiana del Farmaco.

Aifa infatti non solo ha indicato che il paziente idoneo deve essere trattato nei primi dieci giorni dell’infezione, e sarebbe inutile farlo dopo, ma anche che nel paziente si devono presentare determinati fattori di rischio, patologie pregresse specifiche che il medico di base dovrà segnalare all’azienda sanitaria locale per candidare il paziente alla terapia.

Quindi i monoclonali oggi non sono una terapia per tutti i pazienti Covid-19, ma solo per una stretta selezione di persone con patologie specifiche quali ad esempio diabete, obesità, problemi cardiovascolari, tumori del sangue, talassemia e poche altre.

Per questo motivo i pazienti con una qualsiasi patologia pregressa, come potrebbe essere ad esempio la sclerosi multipla, non sono eleggibili per il trattamento e non verranno sottoposti a terapia.

Qual è la selezione del paziente idoneo per terapia con monoclonali

Aifa ha offerto precise indicazioni per il medico di base che candiderà il paziente quando, a tampone positivo, dovrà affrontare i primi dieci giorni di insorgenza dell’infezione di Sars-CoV-2. Vediamo quali sono nel dettaglio le indicazioni per la selezione del paziente.

Sul proprio sito l’agenzia scrive “Si definiscono ad alto rischio i pazienti che soddisfano almeno uno dei seguenti criteri: avere un indice di massa corporea uguale o inferiore a 35, essere sottoposti cronicamente a dialisi peritoneale o emodialisi, avere il diabete mellito non controllato (HbA1c>9,0% 75 mmol/mol) o con complicanze croniche”.
Cioè possono essere trattati con questa terapia tutti coloro con problemi gravi di peso, in dialisi o con il diabete. Ci sono poi altre patologie incluse nella selezione che dovrà compiere il medico di base.

Aifa indica che sono inclusi i pazienti con immunodeficienza primitiva o “immunodeficienza secondaria con particolare riguardo ai pazienti onco-ematologici in trattamento con farmaci mielo/immunosoppressori o a meno di 6 mesi dalla sospensione delle cure, avere un’età superiore ai 65 anni”.
In questo caso deve essere presente almeno un ulteriore fattore di rischio).

Le indicazioni di Aifa dicono inoltre che il paziente idoneo deve “avere un’età superiore o uguale ai 55 anni e/o una malattia cardio-cerebrovascolare (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo), oppure una broncopneumopatia cronica ostruttiva e/o altra malattia respiratoria cronica (soggetti affetti da fibrosi polmonare o che necessitano di ossigenoterapia per ragioni differenti da SARS-CoV-2)”.

Nelle indicazioni è inclusa anche una fascia di pazienti giovani tra i 12 e i 17 anni. Il fattore di rischio grave i questi casi è l’“anemia falciforme o malattie cardiache congenite o acquisite o malattia del neurosviluppo o dipendenza da dispositivo tecnologico (per es. soggetti con tracheotomia, gastrostomia, ecc.) o asma o altre malattie respiratorie che richiedono medicazioni giornaliere per il loro controllo”.

In base a queste specificazioni, diventa chiaro perché a oggi questa terapia – che si presenta con un potenziale molto efficace per curare in tempo chi è affetto da Covid-19 – è ancora in attesa di diventare uno strumento effettivo per arginare il numero dei decessi.