Trasfusioni per una vita normale
Il legame tra paziente e donazione

2021-04-30T16:00:53+02:00 29 Aprile 2021|Attualità|
paziente trasfusioni di Laura Ghiandoni

Necessitare di trasfusioni per vivere la vita in modo “normale” è la regola imprescindibile per chi soffre di alcune patologie del sangue come la talassemia.

Trovare in ospedale le sacche disponibili e pronte per l’uso è un risultato che, se non è possibile dare per scontato, è facilmente riconducibile alla tenace generosità dei donatori. Per questo motivo oggi, durante l’epidemia, la gratitudine di chi riceve è un fiume in piena.

Ne parla Cataldo Scialpi, talassemico di 51 anni, con una lunga storia di ospedali, controlli e terapie salvavita lungo il percorso.

“Io e molti altri talassemici sentiamo di ricevere un regalo dai donatori. Chi non sa come viene utilizzato il sangue all’interno degli ospedali forse crede che venga usato solo per gli interventi chirurgici, invece noi talassemici siamo collegati alle trasfusioni senza le quali non potremmo vivere”.

Cataldo narra le tappe della sua esperienza: “I miei genitori si sono accorti della mia patologia a 4 anni, e ho iniziato a ricevere sangue a cinque anni e mezzo. La mia famiglia è di Taranto, ma ci siamo trasferiti a Firenze proprio per sottopormi alle cure”.

Cataldo oggi continua a ricevere le trasfusioni nello stesso ospedale dove ha iniziato: il Meyer di Firenze. È lì che negli ultimi anni calibra il tipo di terapia, si sottopone anche ai controlli.

“Ho una vita normale, cioè lavoro in ambito bancario, pratico lo sport come hobby, ho una compagna, ma sono legato ad esami periodici, visite oculistiche, ematologiche, esami a cui è necessario sottoporsi per prevenire alcune patologie che potrebbero svilupparsi. La dose ottimale per permettermi una qualità della vita buona sarebbe tre sacche ogni tre settimane”.

Cataldo Scialpi, talassemico

E cosa succede se non sono disponibili le tre sacche di sangue?

A volte è successo che me ne abbiano data solo una. Noi talassemici non possiamo aspettare troppo tempo per ricevere la terapia salvavita, in quanto l’organismo ne risente”.

Cataldo racconta nel dettaglio come le trasfusioni incidano sullo svolgimento delle attività della giornata. “Se seguo una terapia regolare con tre sacche riesco a lavorare meglio e mi assento di meno dal lavoro”.

Cataldo nel tempo libero è volontario per l’associazione Comitato Famiglie Talassemiche di Ponte a Ema, attività che lo porta a svolgere anche sensibilizzazione.

“Con la pandemia ci sono state carenze dei donatori, e per i talassemici ci sono stati dei periodi di magra”. Spiega: “C’era mancanza di informazioni, non si capiva se si poteva andare a donare o no. A volte con il Comitato organizziamo eventi informativi sulla donazione di sangue”. Perché secondo la sua esperienza “ci vorrebbe una raccolta sangue via donazioni ancora più grande, per avere una giusta terapia per ogni paziente talassemico”.

Del resto lo dicono i numeri: “In un anno compio circa 15 trasfusioni e ogni volta ricevo due o tre sacche. Se solo io in un anno necessito dalle 36 alle 45 sacche di sangue, mentre un donatore dona dalle due (per le donne), alle quattro volte all’anno, è possibile capire perché è così massiccia la necessità di sangue e di donatori”.

Cataldo, come tanti, rappresenta una figura di riferimento sul territorio per ciò che riguarda l’emergenza sangue. Lui stesso se ne rende conto e si comporta di conseguenza: “Quando c’è carenza in ospedale invio un messaggio agli amici dicendo che c’è bisogno. Loro sanno che non è una catena di Sant’Antonio, mi conoscono, e prenotano la donazione”.

Poi continua narrando una storia di toccante vicinanza: “Qualche tempo fa ho accompagnato un mio carissimo amico a donare sangue. Lui aveva un po’ di paura dell’ago, ma l’ha superata. Sono rimasto lì fuori ad aspettare e quando ha finito, mi ha chiamato tutto contento. Adesso va regolarmente e chiama lui stesso il centro trasfusionale per dire che vuole prenotarsi”.

Infine, sulle sue emozioni da ricevitore, conclude: “Quando vado in ospedale e scopro che qualcuno dona sangue, la cosa mi rende felice. La donazione è anonima, il donatore compie un gesto grandissimo di grande civiltà e senso civico e noi siamo consapevoli e lo apprezziamo moltissimo. Senza donatori non possiamo vivere e siamo riconoscenti verso queste persone”.