
Da vedere la puntata del format Le Iene del 27 aprile. Dopo la pubblicazione delle valutazioni sui risultati dello Studio Tsunami, come abbiamo più volte documentato su Donatorih24, l’attenzione mediatica sul plasma iperimmune ottenuto da convalescenti e da pazienti vaccinati è diminuita, anche sulla base delle dichiarazioni dei molti scienziati televisivi che hanno commentato lo studio italiano orientando la luce dei riflettori solo sui suoi riscontri negativi.
Su Donatorih24, abbiamo riscontrato come, invece, il plasma iperimmune conservi ancora la sua funzione di terapia importante e funzionale nelle fasi precoci del Covid-19, quando può fungere come anti virale e agire sull’ovvio scopo per cui deve essere utilizzato, ovvero ridurre la proliferazione del virus.
Nei giorni scorsi abbiamo raccontato come siano ancora moltissimi gli ospedali italiani in cui bancaggio e utilizzo emergenziale del plasma sono ancora al centro dell’attenzione, e proprio ieri, dopo qualche settimana in cui il tema plasma sembrava uscito anche dai loro radar, il programma televisivo Le Iene è tornato a parlare di plasma iperimmune andando a intervistare esperti internazionali piuttosto autorevoli.
VEDI IL SERVIZIO DE “LE IENE” DI MARTEDÌ 27 APRILE
Le Iene hanno messo sotto al riflettore il tema del plasma iperimmune sin dall’inizio della pandemia, prima aderendo a un format scandalistico che ne criticava l’utilizzo a priori, poi mutando posizione e abbracciando le evidenze positive sul miglioramento di molti pazienti emerse negli ospedali di Pavia e Mantova.
Nella puntata di martedì 27 aprile Alessandro Politi ha invece intervistato alcuni scienziati internazionali molto in lato nel ranking H-index, la classifica internazionale che attribuisce un punteggio all’autorevolezza degli scienziati in base all’importanza delle loro pubblicazioni.
E cosa è emerso dalle loro parole? Secondo il professore americano Arturo Casadevall, della John Hopkins Bloomberg School of public Health, gli scienziati italiani che si esprimono in televisione offrono ricostruzioni superficiali e non entrano nel merito della totalità dei dati. “I risultati positivi non si possono negare, quelli negativi si possono spiegare”, dice, per poi tornare sulla spiegazione scientifica che anche il professor Menichetti principal investigator di Tsunami ha sempre offerto: “Se si usa tardi il plasma è normale che non funzioni, perché è un antivirale, e quando la gente è molto malata il problema è l’infiammazione”.
Sulla stessa lunghezza d’onda è anche Michel J. Joyner, medico della Mayo Clinc dell’Arizona, a Phoenix, che spiega come il plasma iperimmune è, oltre che efficace, anche di facile reperimento, visto che negli Usa sono stati trattati con il plasma circa seicentomila pazienti.
Insomma, una prospettiva di sguardo un po’ diversa rispetto a quella divenuta “ufficiale” nel nostro paese, dove invece ha preso maggior piede, con Aifa (Agenzia italiana del farmaco), il finanziamento sui monoclonali.
Proprio ieri su Donatorih24, abbiamo pubblicato una lunga analisi su tutte le terapie anti Covid-19 complementari al vaccino e sul loro utilizzo nel mondo:
Sia sui monoclonali – molto costosi per un sistema sanitario pubblico – che sulle immunoglobuline, la partita è aperta, specie alla luce del problema delle varianti, che sembrano il vero nemico da superare nei prossimi mesi per vincere la lotta al Covid-19.
In tal senso, secondo Casadevall, e anche per l’italiano Daniele Focosi, co-investigator di Tsunami, il plasma iperimmune può ancora essere la risorsa principale e più efficace.
Ciò che è assolutamente certo, dunque, è che ridurre la raccolta del plasma iperimmune o abbandonarlo come risorsa da tenere in gran conto nella lotta al Covid-19, è sicuramente un autogol da non fare. È molto meglio mettere da parte le polarizzazioni nette, i “mi piace” o “non mi piace” di cui si alimenta l’informazione mainstream, e agire secondo i distinguo scientifici dei medici più autorevoli.