Tutto sui monoclonali, terapia contro il Covid. Le parole di Mastroianni, dell’Umberto I di Roma

2021-04-29T12:42:22+02:00 20 Aprile 2021|Attualità|
di Laura Ghiandoni

Ridurre la mortalità da Covid-19 sottoponendo i pazienti affetti dal virus – con sintomi non gravi e patologie pregresse – alla terapia con anticorpi monoclonali.

Sono questi i casi su cui oggi punta il sistema sanitario italiano per prevenire l’aggravarsi dell’infezione nei pazienti ancora non vaccinati.

La cura, oggi prodotta da Ely Lili e Regeneron, promette – proprio grazie a un utilizzo mirato per quel che concerne il giusto tipo di paziente con il giusto grado di gravità dell’infezione – di mostrare i suoi effetti a breve.

Ma funziona? Quali sono esattamente i pazienti a cui vengono somministrati? E come si ha la massima efficacia della terapia?
Le domande per capire meglio l’uso di questo farmaco restano ancora tante.
Interviene per rispondere il professore ordinario di malattie Infettive dell’Università della Sapienza di Roma, direttore dell’Unità Malattie Infettive del Policlinico Umberto I, Claudio Mastroianni.

Gli anticorpi monoclonali: il percorso per autorizzarli nel nostro paese

Degli anticorpi monoclonali si è sentito parlare alla fine dell’anno scorso anche per la vicenda emersa grazie all’inchiesta del giornalista Thomas Mackinson – pubblicata sul giornale Fatto Quotidiano – che ha mostrato come ci sia stato un iniziale rifiuto da parte del governo italiano al trial che ci avrebbe offerto circa 10mila dosi; dosi che sarebbero arrivate nel nostro paese gratuitamente già nel primo anno di epidemia, e che invece abbiamo acquistato in ritardo pagando a caro prezzo.

Dopo l’inchiesta, all’inizio di febbraio di quest’anno, è arrivata l’autorizzazione per la distribuzione dei monoclonali dal ministro della Salute Roberto Speranza, e il 10 marzo è arrivata l’autorizzazione anche da parte di Aifa, insieme alla pubblicazione delle indicazioni per l’utilizzo sui pazienti.

La somministrazione dei monoclonali ai pazienti del Policlinico Umberto I di Roma

Al Policlinico Umberto I di Roma, la somministrazione del farmaco è iniziata alcune settimane fa. Per capire come sta procedendo il lavoro di chi è in prima linea risponde il professore ordinario di malattie Infettive della Sapienza, direttore dell’Unità Malattie Infettive del Policlinico Umberto I di Roma, Claudio Mastroianni.

Come procede la somministrazione degli anticorpi monoclonali sui pazienti?

Claudio Mastroianni, Direttore Malattie Infettive Umberto I

In quindici giorni abbiamo trattato con questa terapia più di settanta pazienti, finora è un’esperienza molto positiva, i fallimenti sono stati solo due. Già dopo una settimana dalla somministrazione della terapia i pazienti si sono negativizzati. La terapia è molto utile. É un’altra arma che abbiamo a disposizione per contrastare il Covid-19 insieme al vaccino.

A quali pazienti viene somministrata la terapia?

Le indicazioni di Aifa sono chiare: possono essere trattate con gli anticorpi monoclonali solo persone con fattori di rischio, entro un certo tempo dall’inizio dell’infezione.

Quindi?

Pazienti obesi, dializzati, diabetici, persone con malattie cardiovascolare o ad esempio i bronchiolitici, alcune persone con patologie pregresse che devono avere un’età superiore ai 55 anni, oppure persone con deficit immunitari importanti.

Cos’altro condiziona l’efficacia di questa terapia?

Perché funzioni è fondamentale la somministrazione precoce della terapia. Si può usare in pazienti che hanno scoperto da pochi giorni l’infezione, pazienti che non devono essere ospedalizzati, né avere bisogno di ossigeno, quindi non devono avere sviluppato una polmonite.

Entro quante ore dall’infezione è più efficace la terapia?

Sarebbe preferibile somministrarli entro le 72 ore dall’inizio dell’infezione perché la prima fase è quella in cui il virus si replica di più. Nei giorni successivi l’efficacia è minore perché il danno è di tipo infiammatorio, cioè non è indotto dal virus, e la terapia non è efficace.

Cosa succede se la somministrazione avviene più tardi?

I monoclonali quando il paziente è ospedalizzato, con polmonite o intubato, non hanno nessuna efficacia.

Qual è l’iter che conduce alla somministrazione?

Il paziente, tramite il medico di medicina generale, contatta il centro più vicino che li somministra. Se ha i criteri indicati da Aifa viene arruolato come paziente.

Un fattore importante è che il test antigenico effettuato dal paziente sul territorio offra una risposta immediata, in modo che il medico di famiglia sia informato entro 3/5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. Dopodiché, nel caso ci siano tutte le condizioni sopraindicate, avviene la somministrazione.

Anche il plasma iperimmune secondo le parole del principal investigator della sperimentazione nazionale Tsunami, il professor Menichetti, può essere utile nella lotta al Covid-19 se somministrato nei primi giorni di infezione. Quale differenza c’è con i monoclonali?

I dati risultanti dallo studio Tsunami hanno sconsigliato l’uso del plasma iperimmune, secondo la nostra esperienza non ci sono controindicazioni per la somministrazione del plasma iperimmune.
Il monoclonale non è altro che la derivazione del plasma iperimmune in quanto gli anticorpi vengono prodotti industrialmente dopo che sono stati presi dai pazienti guariti.

Possibili altre indicazioni sull’uso dei monoclonali?

Oggi la terapia è autorizzata per uso emergenziale, ma negli Stati Uniti stanno compiendo alcuni studi a proposito di alcuni altri possibili utilizzi. Ad esempio potrebbero essere utili per arginare il contagio, quando si formano dei cluster in ospedali o nelle RSA o nelle famiglie. Potrebbero essere utilizzati come profilassi post esposizione somministrandoli ai contatti stretti che sono stati esposti al contagio, per evitare che l’infezione nel paziente progredisca, per evitare che si creino dei focolai.

Per chi ha il Covid-19 con gravi sintomi ed è ospedalizzato, esiste oggi una terapia?

No, purtroppo per chi ha la patologia in stadio avanzato non esiste.
Oltre alle cure di supporto come l’ossigeno-terapia, ci sono il cortisone e i farmaci anti-infiammatori. Questi farmaci non sono diretti contro il virus, ma vanno a cercare di contrastare il danno immunologico e infiammatorio causato dal virus.