Carenza di personale trasfusionista: tutti i nodi del percorso formativo e qualche idea su come scioglierli

2021-04-29T12:18:34+02:00 16 Aprile 2021|Attualità|
trasfusionista di Laura Ghiandoni

La carenza di professionisti del sangue, personale altamente specializzato in ambito ematologico, è un problema che unisce non solo la categoria del trasfusionista, ma anche i chirurghi che per operare necessitano di sangue. Il tema ha una ricaduta sui donatori di sangue e sugli stessi pazienti, già colpiti dalle patologie. È questo il quadro emerso dalle testimonianze raccolte da DonatoriH24 nell’ultimo periodo in cui le problematiche del mondo della sanità sono esacerbate dall’epidemia di Covid-19.

Come diventare trasfusionista? Un percorso formativo che non esiste

La questione, secondo gli addetti ai lavori, è chiara: non essendoci un percorso di formazione specializzato per il medico trasfusionista, non c’è personale adeguatamente preparato e idoneo per partecipare ai concorsi. E quindi non ci sono trasfusionisti disponibili sul territorio italiano per lavorare. Ne consegue che, se le aziende ospedaliere vogliono assumere per carenza di personale nel reparto, i concorsi di assunzione restano deserti.

Per questo, ma anche per il ricambio generazionale che non avviene, sono sempre di meno i professionisti del sangue, personale che oggi è sovraccarico di lavoro, che in alcuni casi continua a partecipare ai concorsi sperando nel trasferimento in una sede dove le condizioni di lavoro siano più sostenibili. Lasciando sguarniti interi reparti.

La risposta di Fiorin a Monaco: “Disponibili a sedersi al tavolo per un dialogo”

Roberto Monaco, segretario generale Fnomceo

Ad essere intervenuto recentemente in maniera proattiva al dibattito è stato il segretario generale della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, Roberto Monaco, il quale ha avanzato la proposta di avviare un tavolo con la Simti, Società Italiana di Medicina Trasfusionale e Immunoemoatologia, e con l’università: un dialogo che possa unire i punti di vista per trovare una soluzione.

Francesco Fiorin, presidente Simti, commenta oggi così la proposta di Monaco: “Noi siamo disponibili a discutere serenamente della questione che va risolta. Bisogna assolutamente sedersi ad un tavolo istituzionale e parlare di questo problema spinoso”.

Vittime Covid-19

Francesco Fiorin, presidente Simti

E avanzando alcune ipotesi su come potrebbe essere possibile sciogliere il nodo, continua: “Le possibilità al momento sono due: o viene creata la scuola di specializzazione in medicina trasfusionale, o troviamo un percorso alternativo che venga equiparato e che dia la stessa dignità di una scuola di specializzazione”.

E aggiunge: “Per il trasfusionista si può pensare ad un percorso di formazione ospedaliera, si potrebbe considerare ad esempio il contratto di medico in formazione, che diventerebbe – dopo un periodo da svolgersi in strutture che siano dichiarate idonee per questo percorso – l’equivalente di una scuola di specializzazione”.

Riferendosi alla strada dei master di Medicina Trasfusionale organizzati in alcune università come è avvenuto a Firenze qualche anno fa, Fiorin dichiara: “I master universitari secondo la normativa attuale non danno titolo per l’accesso al concorso e quindi non permettono l’accesso ai posti pubblici di trasfusionista nelle aziende ospedaliere. L’unico titolo d’accesso ai concorsi pubblici in medicina è il possesso di una scuola di specializzazione”.

Fiorin inoltre spiega che secondo lui le soluzioni-tampone non sono attuabili. “Abbiamo bisogno di soluzioni che permettano una riorganizzazione sistemica. L’unica soluzione tampone è quella di garantire la raccolta per i donatori, ma il problema è più ampio, di natura clinica. La medicina trasfusionale oggi è una branca specializzata, che va dalla raccolta ai trapianti, alla produzione farmaceutica di emocomponenti”.

E commentando ciò che ha detto Monaco riguardo la riorganizzazione del sistema trasfusionale italiano: “Ha ragione: il sistema trasfusionale non può basarsi sulla buona volontà dei professionisti che lavorano all’interno dei servizi. Va fatto un percorso complessivo e unitario. Un percorso che sia sostenibile e realizzabile”.

Poi la conclusione, con la nota dolente: “Se andiamo avanti così ci potremmo trovare in un futuro dove ci sono bravissimi chirurghi che non potranno operare per la mancanza di trasfusionisti…”