Autosufficienza ematica, un obiettivo strategico per il Paese
Dal plasma dei vaccinati agli emoderivati, una risorsa necessaria

2021-04-15T14:07:23+02:00 12 Aprile 2021|Attualità|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Con il progressivo aumento del numero dei vaccinati – in una campagna di vaccinazione che tuttavia non sta procedendo spedita come speravamo – per il sistema sanitario nazionale si apre una prospettiva da non sottovalutare, ovvero la raccolta plasma dei vaccinati al fine di produrre le immunoglobuline specifiche contro il Covid-19, un obiettivo del tutto propedeutico all’altro grande punto focale strategico legato al plasma, l’autosufficienza ematica nazionale.

Nei giorni scorsi, dopo lunghe settimane di attesa, l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) ha finalmente pubblicato le sue valutazioni su Tsunami, il più importante studio italiano randomizzato sul plasma iperimmune da pazienti guariti, testato con un titolo anticorpale elevato e pari a 1:160, e secondo i rilevamenti non sono stati trovati particolari benefici per i pazienti in fase di polmonite già acuta.

Il vantaggio del plasma da vaccinati rispetto a quello da convalescenti è un titolo anticorpale in potenza molto più alto, e anche una rivista di assoluto prestigio come Lancet punta sull’ipotesi che questa differenza possa essere determinate in favore di una maggiore efficacia del plasma dei vaccinati.

Per approfondire il tema dell’autosufficienza e del suo legame con il plasma dei vaccinati, abbiamo intervistato Gianpietro Briola, presidente nazionale di Avis, tra i primissimi a vedere nel plasma dei vaccinati una risorsa decisiva per la produzione di immunoglobuline.

In questi giorni il ministero della Salute ha inserito l’autosufficienza di emoderivati e plasma iperimmune tra gli obiettivi sanitari strategici del 2021. Ci spiega perché è importante?

Abbiamo apprezzato questa decisione del ministero che anche noi insieme al resto del Sistema Trasfusionale abbiamo contribuito a sollecitare.  Una sensibilità che diviene determinante in questo periodo epidemico che ha visto un minimo calo della raccolta di plasma, in particolare connesso al calo della raccolta in sangue intero e quindi plasma C (plasma ottenuto dal sangue intero e separato dopo 18 ore, da cui si non ottengono come emoderivati i fattori della coagulazione ma solo albumina e immunoglobuline n.d.r.) in Italia del 2 %, ma un calo significativo della raccolta negli USA di circa il 40% e in altri paesi che producono plasma commerciale. La vera differenza consiste nella tipologia di raccolta, volontaria e solidaristica del modello Italiano, e a pagamento negli USA.  Questa constatazione dimostra quanto il nostro sistema sia più garantista  per i malati e fidelizzante per i donatori, e quindi da valorizzare e preservare.  Con questo calo di donazioni, e quindi di disponibilità di plasma, si rischia nel medio periodo di non poter godere della disponibilità di medicinali plasmaderivati dal mercato – per quantità e prezzo – con difficoltà nella continuità delle cure. L’autosufficienza in Italia con i farmaci plasmaderivati di riferimento, da conto lavoro è al 75% delle necessità e raggiungere il 100% è un obiettivo alla portata. In tal modo si accontenterebbero le necessità dei pazienti con un notevole risparmio economico per il Servizio sanitario e la tutela degli approvvigionamenti. Peraltro, nel rispetto dell’etica del gesto di donazione volontaria, da parte nostra auspichiamo che il plasma possa essere utilizzato in ogni sua componente e potenzialità anche per studi e ricerca su malattie rare o nuove patologie.

Il presidente di Avis Gianpietro Briola

Anche perché il mercato è capriccioso…

Questo è un tempo di difficoltà epidemica e potremmo incontrare anche periodi di carenza legati ai prezzi: chi più paga, vedi mercati emergenti, avrà migliori disponibilità. Del resto, guardando alla recente campagna vaccinale e alla disponibilità dei vaccini si percepisce quanto la dipendenza dall’estero sia determinante e rappresenti un limite intrinseco. Credo si possa riportare pari riflessione ai farmaci plasmaderivati. Più dipendiamo dall’estero, anche per la lavorazione, circolazione limitata delle merci e più rischiamo di andare incontro a difficoltà.

Intanto sono arrivate le valutazioni dei risultati dello studio Tsunami. Come cambia secondo lei lo scenario clinico, il plasma iperimmune ha ancora ragione di essere utilizzato come trattamento clinico, in base ai molti casi in cui sono stati ottenuti dei risultati?

Come più volte affermato, il plasma iperimmune rappresentava una terapia emergenziale e sperimentale e comunque non avrebbe potuto rappresentare una strategia terapeutica a lungo termine. Quelli visti sono i dati di uno studio italiano e ve ne sono altri magari più confortanti ma non risolutivi e di prospettiva. Soprattutto relativamente allo stadio di malattia in cui somministrarlo. Se esiste una potenzialità è legata all’utilizzo degli anticorpi.

Il titolo anticorpale del plasma convalescente su cui si è basato lo studio tsunami era 1:160, mentre sembra che il titolo del plasma da vaccinati possa avere valori molto più alti. Bisogna organizzare dunque la raccolta plasma da vaccinati?

Questo dato che lei cita è reale e dimostrabile. Peraltro, qualora fosse dimostrata la validità dell’utilizzo degli anticorpi da lavorazione industriale in forma di farmaco gli stessi dovranno essere obbligatoriamente prodotti da soggetti vaccinati per garantire le necessità dell’uso clinico da un lato e perché non possiamo certo sperare in malati convalescenti per curane di nuovi o per le profilassi. Di conseguenza la raccolta programmata sarà strumento inevitabile.

Le immunoglobuline prodotte con plasma dei vaccinati che ruolo potrebbero avere per contrastare le varianti Covid-19 che nelle ultime settimane preoccupano gli scienziati?

Di fatto non è ancora possibile affermarlo, siamo agli studi preliminari. Per deduzione se funzionano i vaccini potrebbero anche funzionare le immunoglobuline.

Gli altri paesi europei come si stanno comportando in tal senso? Stanno pensando di utilizzare il plasma da vaccinati o rispetto all’Italia il tema non ha ancora preso piede?

La comunità scientifica si allinea in base agli studi scientifici e tutti lavorano e guardano con attenzione e interesse alla ricerca condivisa. La Comunità Europea ha stanziato fondi per la ricerca e la raccolta del plasma iperimmune e quindi ha già espresso la propria attenzione. Certamente questo è e rimane però un tema squisitamente scientifico e non politico.