L’accordo tra Avis Lombardia e Regione per definire una campagna interna di vaccinazione che riguardi in prima battuta i donatori avisini e i loro familiari, ha suscitato reazioni tra le altre associazioni di donatori. Una scelta, quella di Avis Lombardia, divergente dalla linea di Avis nazionale, che in linea con le indicazioni del governo ha messo le proprie strutture a disposizione di tutta la comunità nazionale, privilegiando le categorie fragili e più esposte.
In un’intervista a DonatoriH24 pubblicata ieri, venerdì, il presidente di Avis Lombardia, Oscar Bianchi, aveva motivato la decisione con la decisione di garantire le donazioni rispetto alle necessità di sangue e di plasma. Spiegazioni che però evidentemente non hanno convinto altri protagonisti del settore. Infatti si è fatta subito sentire Fidas Lombardia: con una doppia azione. In primo luogo, è partita una lettera ufficiale da parte del presidente Imerio Berna ai vertici della Regione Lombardia, il presidente Attilio Fontana e la vice presidente Letizia Moratti. In secondo luogo un intervento del presidente nazionale di Fidas, Giovanni Musso.
La lettera di Fidas Lombardia
Eco il testo della lettera di Berna:
19 marzo 2021
Al Presidente Attilio Fontana,
Al Vice Presidente Letizia Moratti,
Vi scrivo dopo aver preso atto della deliberazione n° XI/4432 della seduta del 17 marzo 2021 avente per oggetto l’ “Approvazione dell’accordo tra Regione Lombardia e l’Associazione Volontari Italiani Donatori del Sangue (AVIS) per l’attuazione del piano vaccinale per la prevenzione delle infezioni da SARS-COV 2”.
In particolare Vi scrivo, in qualità di Presidente FIDAS Lombardia, dopo aver letto che la Regione ritiene: «…necessario preservare il più possibile tutti i donatori volontari iscritti e i loro rispettivi conviventi in quanto possibili contatti stretti in ipotesi di contagio da infezioni da Sars-Cov2». Poiché tutti i donatori di sangue offrono un contributo indispensabile per la nostra collettività e l’intero Sistema Sanitario – costituendo l’atto della donazione un gesto imprescindibile al fine di poter provvedere ai Livelli Essenziali di Assistenza quali sono le terapie trasfusionali – è mio interesse accertarmi che la mia Regione si premuri della tutela della salute di tutti i donatori di sangue periodici, al di là dell’associazione presso la quale sono iscritti.
Nella Regione Lombardia operano quattro federate FIDAS al fine di promuovere la donazione del sangue e degli emocomponenti, inoltre benché i dati del Centro Nazionale Sangue rivelino che circa il 92% dei donatori siano iscritti alle associazioni (dati CNS, 2019), è mia premura accertarmi che sia i donatori FIDAS che i donatori iscritti presso altre associazioni, nonché i donatori non iscritti presso le realtà associative, possano essere sottoposti a vaccinazione anti-Covid. Il fine della vaccinazione dei donatori dovrebbe infatti essere quello di garantire i Livelli Essenziali di Assistenza prevenendo possibili carenze di donazioni.
Certo di poter ricevere una Vostra rassicurante risposta, Vi porgo i miei più cordiali saluti.
Imerio Brena, Presidente FIDAS Lombardia
Fidas Lombardia ha dunque chiesto un trattamento paritario a quello di Avis, mentre Fidas nazionale, con l’intervento del presidente Giovanni Musso, ha voluto commentare l’intervista rilasciata su Donatorih24 da Oscar Bianchi, ribadendo che la sinergia appresa dai canali stampa aveva sin da subito suscitato reazioni contrariate.
La risposta di Giovanni Musso
Ecco la parte saliente del comunicato Fidas nazionale:
“L’intervista rilasciata in queste ore a Donatori H24 da parte di Oscar Bianchi, Presidente AVIS Lombardia, sembra tuttavia fugare ogni dubbio, confermando che le vaccinazioni in Regione saranno garantite per i donatori AVIS e le loro famiglie, creando anche una disparità tra i donatori che in Regione sono iscritti presso l’AVIS e le categorie più fragili.
Il Presidente Nazionale FIDAS, Giovanni Musso, dichiara: “Apprezziamo l’iniziativa di AVIS Lombardia di mettere a disposizione le proprie sedi per poter effettuare le vaccinazioni, un gesto che permette di avanzare in maniera più spedita nella somministrazione delle vaccinazioni per porre un freno alla diffusione del COVID-19. Tuttavia è necessario riconoscere che non è comprensibile la scelta di procedere con le vaccinazioni dei donatori facendo distinzioni tra sigle associative e tra donatori associati e meno. Se l’obiettivo dell’iniziativa è la tutela della salute dei donatori al fine di garantire le scorte di sangue ed emocomponenti, non ha senso specificare – come anche conferma lo stesso Oscar Bianchi nell’intervista rilasciata a Donatori h24 – che la vaccinazione verrà fruita dai donatori AVIS. O vogliamo forse fare distinzioni tra donatori di “serie A” e donatori di “serie B”? Qualunque volontario attivo all’interno delle associazioni del dono dovrebbe avere ben presente quale sia lo scopo ultimo del suo impegno: la tutela della salute di chi necessita di terapie trasfusionali e di medicinali plasmaderivati. Siamo certi che ai tanti pazienti che ogni giorno necessitano di terapie trasfusionali non interessi sapere quale sigla sia riuscita a raccogliere quell’unità di sangue che sta trasfondendo, l’importante, per chi necessita di questo Livello Essenziale di Assistenza, è che quella terapia non venga mai meno per carenza di donazioni. Auspichiamo che la Regione Lombardia faccia chiarezza sul provvedimento emanato e speriamo il piano vaccinale nazionale possa finalmente decollare in tutto il Paese, non essendo più giustificati ulteriori ritardi”.
Ora la palla passa alla Regione Lombardia, che dovrà risolvere il caso nell’interesse generale della comunità. Che il vaccino ai donatori sia importante è un fatto sacrosanto. Gestire la campagna di vaccinazioni secondo criteri di equilibrio e nel rispetto delle indicazioni del governo sulle categorie fragili e più esposte lo è altrettanto.