Realizzare i sogni dei bimbi malati con Make-A-Wish:
quando aiutare gli altri regala tanta gioia e felicità

2021-02-04T12:59:49+01:00 22 Gennaio 2021|Storie|
make-a-wish di Laura Ghiandoni

Anche se il Covid-19 ha cambiato le nostre abitudini, ci sono alcune cose che possono portare un tocco di gioia alla nuova vita che conduciamo. Un modo per trovare felicità e soddisfazione – e lo conferma la scienza – è aiutare gli altri.

L’associazione Make-A-Wish (in inglese “Esprimi un desiderio”) si occupa di realizzare i desideri dei bambini con patologie gravi che hanno subito lunghi percorsi di cura.

Ecco il racconto un po’ magico di Monica Tonelli, infermiera dell’ospedale pediatrico Gaslini di Genova e donatrice di sangue, e Chiara Lazzerini, Wish Coordinator.

Chiara: “Lavorare per Make-A-Wish è vedere il proprio sogno realizzato”

Chiara Lazzerini, Wish Coordinator, racconta il percorso che l’ha condotta a esaudire i sogni dei bambini con gravi patologie.

Chiara Lazzerini, Wish Coordinator

“Ho conosciuto Make-a-Wish nel 2006 e mi sono subito offerta come volontaria. Solo due anni fa sono entrata nel team”.

Continua: “Lavorare per Make-A-Wish ha significato realizzare un sogno. Prima facevo l’architetto, l’ho lasciato e ora svolgo il lavoro più bello del mondo”.

In cosa consiste il vostro lavoro? “Attraverso Make-A-Wish non vogliamo semplicemente regalare qualcosa ai bambini con patologie gravi, vogliamo usare la magia per scrivere un ricordo indimenticabile nel loro cuore” spiega: “Un ragazzo ci aveva chiesto uno smartphone. Noi non abbiamo semplicemente consegnato il regalo. Invece abbiamo organizzato una festa a sorpresa davanti alla residenza per bambini oncologici di Pisa.

Sulla facciata dell’edificio si sono calati otto supereroi acrobatici che hanno consegnato il regalo al paziente”.

Il racconto trasuda entusiasmo: “Noi che rivestiamo il ruolo di Wish Coordinator ci occupiamo del cammino per esaudire il sogno di un bambino che ci viene segnalato dalle maestre o dalle infermiere. Siamo a contatto con i medici che ci dicono se il bambino è eleggibile per la realizzazione di un desiderio che lo renderà veramente felice”.

Chiara prosegue: “Se c’è il permesso dei medici inviamo al bambino una Wish Box, la scatola dei sogni e gli chiediamo di pensare a un sogno che vorrebbe realizzare”. E poi? “Chiediamo al bambino di decorarla a tema del suo desiderio”.

Lo step successivo arriva con il tempo. “Una squadra di volontari formata da 2 o 3 persone incontra il bambino e svolge una prima intervista conoscitiva. Si chiede di tutto: dal cibo al colore preferito…fino a che non arriva il momento in cui chiediamo al bambino: qual è il desiderio del tuo cuore? -continua Chiara- se il desiderio del bambino è approvato dalla direzione dell’organizzazione-e quindi realizzabile- si inizia con il Wish-Journey, con il quale lo accompagniamo per mano fino al giorno in cui verrà esaudito il desiderio”.

E spiega: “ E’ provato scientificamente che il percorso permette al bambino di sviluppare resilienza durante la malattia”.

Oggi con l’epidemia l’associazione procede come può. “Le attività sono rallentate, abbiamo creato appositamente dei Wish Journey (in inglese dei “viaggi del desiderio”) che permettono di tenere acceso il desiderio del bambino fino a quando non riusciremo a realizzarlo”.

Chiara spiega: “Poiché i bambini spesso chiedevano di andare a Disneyland Paris con la famiglia, e ora con l’epidemia non è possibile viaggiare, abbiamo creato altre iniziative per attendere insieme il momento in cui si potrà partire.

Ad esempio, per i bambini che avrebbero voluto andare allo stadio e incontrare il proprio calciatore preferito, abbiamo organizzato la Wish Soccer Challenge con il quale i piccoli hanno potuto esercitarsi e divertirsi”.

E con entusiasmo conclude: “Il bilancio è sempre positivo, porto a casa molto più di quello che riesco a dare. Ora capisci perché dico che il mio è il lavoro più bello del mondo?”

Monica: “Fare del bene mi fa stare bene”

Monica Tonelli, infermiera

“Il mio compito è capire qual è il paziente che potrebbe beneficiare del sogno. Insieme ai genitori avviamo le pratiche per segnalarlo a Make-A-Wish- parla così Monica Tonelli, infermiera del Gaslini.

“Prima ci occupavamo solo di esaudire i desideri dei piccoli pazienti con malattie gravi, ma negli ultimi anni anche chi ha patologie croniche ha potuto esprimere un desiderio e vederlo realizzato”.

Come funziona? “Il primo passo è chiedere in via informale al bambino qual è il sogno che vorrebbe esaudito”. Poi Make-a-Wish si occupa di realizzarlo.

”Al Gaslini arrivano un gruppo di fate che chiedono ufficialmente al bambino qual è il suo sogno”.

Monica racconta storie indimenticabili: “Due anni fa l’associazione ha realizzato il sogno di Gaetano, un bimbo con una patologia rara, immobilizzato su una sedia a rotelle. Un ragazzo sveglio e intelligente che oggi è mancato, ma che ho seguito molto da vicino” e continua: “Lui ha chiesto alle fate di essere carabiniere per un giorno”.

Come lo hanno realizzato? “Prima sono venuti a prendergli le misure per confezionare la divisa da carabiniere. Poi, nel giorno in cui avrebbero esaudito il suo sogno, lo hanno portato in caserma”.

Monica continua entusiasta: “E’ salito sulla volante, hanno acceso le sirene e lo hanno portato in una specie di parata in cui lui era il comandante” e conclude appagata: “Sua mamma e io quando lo ricordiamo insieme sentiamo ancora le emozioni di allora”.

“Le attività in questo periodo” aggiunge “sono rallentate a causa dell’epidemia e aspettiamo la fine per prendere nuove segnalazioni”.

Poi continua raccontando un’altra storia straordinaria: “A un piccolo paziente, Make-a-Wish ha fatto trovare un trolley delle Tartarughe Ninja e dentro un biglietto per un viaggio per Disneyland Paris per 5 giorni per tutta la famiglia. Non puoi immaginare il bambino quanto era contento”.

E spiega: “Succede grazie alle persone che fanno le donazioni. Dopo che i bambini hanno sofferto tanto hanno bisogno di tirarsi su di morale. Noi rappresentiamo il tramite per aiutarli”.

Monica, con allegria racconta qual è il suo modo di porsi: “Con i piccoli pazienti del Gaslini mi metto nei panni degli altri e mi chiedo: cosa vorrei fosse fatto a me se fossi ricoverata in ospedale?

Rispondo che vorrei sentirmi come a casa, cioè a mio agio. Se usi delle accortezze, se usi tatto e empatia, poi si crea un legame di fiducia: io mi fido di te e tu ti fidi di me”. E conclude entusiasta: “A me fa star bene far del bene agli altri”.