“Noi plasma e voi?” Il webinar che dice tutto sul plasma
Avis e Dh24 insieme per informare su terapie e autosufficienza

2020-12-23T18:31:52+01:00 17 Dicembre 2020|Attualità|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

C’è un tempo per l’azione e un tempo per i bilanci, e dopo molti mesi di eventi velocissimi e inediti serviva fermarsi per almeno un’ora e tracciare un bilancio importante sulla questione “plasma”, una materia che di colpo, con la pandemia di Covid-19, è diventata centrale nel dibattito pubblico. L’informazione sui media mainstream, sul plasma in generale e poi sul plasma iperimmune, non è stata perfetta, e anzi, si può dire sia stata strumentalizzata con depistaggi e prese di posizioni interessate dai molti “esperti” che hanno popolato i palinsesti televisivi. Così, insieme, Avis e Donatorih24 hanno organizzato il webinar “Noi plasma e voi?”, proprio per raccontare con alcuni tra i principali esponenti del pianeta sangue tutte le questioni che riguardano il plasma, come il suo utilizzo come terapia per contrastare il Covid-19 nei casi più difficili fino alla sua importanza strategica nello scacchiere geopolitico mondiale.

Guarda il webinar di Avis e Dh24 “Noi plasma e voi?”

Gli ospiti

A disposizione del pubblico, un parterre di grande autorevolezza coordinato dal direttore di Donatorih24 Luigi Carletti: presenti il generale di divisione Girolamo Petrachi, delegato del vice ministro della Salute Sileri, il dottor Francesco Menichetti, coordinatore nazionale progetto Tsunami e direttore U.O. malattie infettive Azienda ospedaliero-universitaria pisana, il dottor Giovanni Camisasca, referente plasmaderivazione Src Piemonte, Giovanni Musso, presidente Fidas e portavoce pro tempore Civis (Coordinamento inter associativo volontari italiani sangue, Alessandro Segato, presidente Aip (Associazione immunodeficienze primitive) e Gianpietro Briola, presidente Avis Nazionale. A loro il compito di fare chiarezza sulle questioni chiave dell’universo plasma e sangue.

Il generale Petrachi

La campagna di vaccinazione che comincerà a gennaio in 1500 piazze italiane

Dopo i saluti di rito, spazio alla questione più attesa: la campagna sui vaccini che partirà a gennaio in 1500 piazze italiane. L’esercito avrà sicuramente un ruolo organizzativo importante, anche perché molti italiani hanno dichiarato di volersi vaccinare, il generale Petrachi ha preannunciato obiettivi e modalità d’azione: “La vaccinazione – ha detto – procederà in modo graduale seguendo logiche di bisogno, e ci sarà tempo e modo per convincere la popolazione a vaccinarsi. L’immunità di gregge si realizza solo con una percentuale alta di vaccinati e bisognerà insistere con campagne stampa e mediatiche che possano spiegare quali vantaggi siano legati alla vaccinazione e alla ripresa di una vita il più possibile normale. Abbiamo scelto di agire in 1500 piazze per distribuire meglio la popolazione ed evitare assembramenti”.

Il plasma iperimmune: la questione mediatica

Giovanni Musso

Assieme al tema del vaccino, il plasma iperimmune ha spopolato nei programmi tv e sulle pagine dei giornali, e le reazioni di esperti e commentatori sono state variegate e talvolta confuse, con posizioni addirittura contrarie sul piano scientifico. A tal proposito, Giovanni Musso ha portato le posizioni dei donatori di sangue, parte integrante, se non addirittura principale dell’intero sistema. “Negli ultimi mesi il plasma è entrato nell’agenda setting – ha ricordato il portavoce Civis – e molte persone sono entrate in contato con un tema che a noi sta a cuore da tempo. Come rappresentate associativo noto che c’è stata una comunicazione buona e una cattiva. Quella buona rende conto degli studi e cerca di capire, quella cattiva cavalca l’onda delle polemiche per provare a sfruttare gli eventi di questi mesi. Noi abbiamo fatto il possibile per consentire la raccolta, e i donatori hanno fatto la loro parte. Questa pandemia ha creato una tensione maggiore su tema sangue ma ha svelato alcune criticità. Il sistema sangue si compone di molte parti che dipendono l’una dall’altra, i pazienti, i donatori, che per me hanno reagito bene, le unità di raccolta su cui abbiamo dati più positivi rispetto a quelli del settore pubblico, e infine le regioni, nelle quali è mancato coordinamento a livello politico. Si è andati in ordine sparso su temi che la politica non era pronta ad affrontare e si è scoperto che molti sistemi trasfusionali regionali non erano organizzati per sostenere una pandemia”. 

La percezione dei pazienti bisognosi di emoderivati

Alessandro Segato

In questo quadro, chi assiste con grande interesse agli accadimenti sono i pazienti ematici, che del plasma hanno un bisogno costante. Le vicissitudini del loro presente le ha riportate Alessandro Segato: “I pazienti – ha sottolineato – sono molto preoccupati per due ragioni: la prima è che gli infetti da immunodeficienza hanno il sistema immunitario compresso e sono più soggetti a contrarre infezioni. La seconda ragione invece riguarda la possibilità di non accedere all’emoderivato necessario. Noi ringraziamo sempre i donatori che compiono un gesto semplice quanto per noi vitale, ma sappiamo che il sistema è autosufficiente in Italia per il 70%. Non nascondo che già molti pazienti ci chiamano per informarsi sul loro futuro”.

 

Il plasma iperimmune e il progetto Tsunami

In grande attesa di notizie sul futuro ci sono anche i medici e i pazienti di Covid che vorrebbero accedere alla terapia con il plasma iperimmune, e sul tema, caldissimo quanto delicato, si è espresso il tecnico più informato sui fatti di tutto il paese: Francesco Menichetti ha raccontato lo stato dei lavori del progetto Tsunami, spiegando che “è stato raggiunto il numero prestabilito di 474 pazienti e gli arruolamenti sono stati sospesi. Ora siamo in attesa che il mistero della Salute analizzi i dati che speriamo si possano avere i risultati sperati. Sul plasma iperimmune sono andati in scena due approcci contrari e totalmente sbagliati: in primo luogo il considerarlo totalmente inutile, dall’altro lato il considerarlo come un toccasana. Due approcci non scientifici. La nostra ricerca è andata molto bene ed è fondata sulla donazione volontaria. Ora dobbiamo andare oltre e basarci sui risultati. Se non saranno buoni dovremo chiedere alle strutture di usarlo solo in modo compassionevole come già si sta facendo, se saranno buoni andrà usato maggiormente. Il plasma è importantissimo e io credo che i dati del Cns (fig.1) siano troppo ottimistici sul numero di sacche co titolo anticorpale adeguato. Tuttavia anche se il plasma non ha il titolo anticorpale per essere iperimmune è utile per tantissimi altri usi e per curare i pazienti che ne hanno bisogno”.

Fig.1 I dati Cns sulla raccolta plasma iperimmune

Il funzionamento delle strutture sanitarie

Per una raccolta di plasma (e sangue) adeguata è necessario il buon funzionamento delle strutture sanitarie. Come si può, dunque, agire per migliorare il servizio e agevolare le donazioni preparando i centri trasfusionali a un servizio migliore sul piano del loro funzionamento? Lo spiega Camisasca: “quando si affronta questo problema bisogna pensare che le strutture pubbliche agiscono comunque in modo speciale, per esempio aprendo il sabato mattina. Oggi rispetto al passato siamo stati molto ridimensionati sul piano delle risorse, e il Centro nazionale sangue aveva proposto da tempo una riforma della struttura, centralizzando, per esempio, il numero dei centri di lavorazione. Se si dovesse riuscire a fare questo si potrebbe riallocare il personale in chiave di ottimizzazione e iniziare quella contrattazione che il sistema trasfusionale dovrà compiere con le proprie amministrazioni. Questa è la sfida, che può essere vinta con la collaborazione delle associazioni, importantissime, ma che negli ultimi mesi almeno nel mio Piemonte hanno sofferto”.   

Il personale dei centri trasfusionali e dei centri di raccolta

Il presidente di Avis Gianpietro Briola

Reingegnerizzare il sistema trasfusionale dunque: se ne parla da tempo e Gianpietro Briola offre una chiave di lettura importante: “Oggi si paga la mancanza della figura specifica del medico trasfusionista, che è uno specializzato. La medicina trasfusionale si è molto evoluta, e ci sono poi molti vincoli normativi che sono legati all’impossibilità per i medici di svolgere una seconda professione se lavorano per il sistema sanitario nazionale. Serve dunque una visione diversa rispetto ai medici e alle loro possibilità d’impiego, e avvicinare i medici specializzati in altro al trasfusionale. C’è tutto un mondo aperto sui medici che potrebbero venire a lavorare in convenzione nei centri trasfusionali associativi. In un anno ho inaugurato due centri trasfusionali associativi nei quali non abbiamo potuto iniziare la plasmaferesi per questioni burocratiche legate all’utilizzo del personale medico”.

I numeri della raccolta sangue e plasma 2020

Nonostante questi problemi strutturali e la pandemia, tuttavia i numeri della raccolta plasma (fig.2) e sangue (fig.3) sono meno negativi di quanto può sembrare. Li spiega Gianpietro Briola, offrendo un quadro di riferimento per valutarli, e per dare il giusto tributo al sistema italiano, basato sulla donazione etica: “I numeri della raccolta sangue che abbiamo visto non sono negativi, perché molti ospedali sono stati trasformati in ospedali Covid-19 bloccando operazioni chirurgiche, con un minore utilizzo della risorsa. A maggio c’è stata disorganizzazione, ma in generale nessun malato ha sofferto la mancanza di sacche. Per quanto riguarda il plasma, la raccolta è diminuita del 2% circa, pochissimo rispetto agli altri paesi e in particolar modo gli Usa dove la raccolta, sebbene a pagamento, è calata del 30%. Questo mostra la bontà del sistema italiano, e spiega l’importanza strategica del plasma nonché i motivi per cui va raggiunta l’autosufficienza: il plasma raccolto in Italia costa meno, ed è di alta qualità. Inoltre ricordiamoci che durante il Covid-19 le frontiere erano chiuse, e non potevano girare le merci e dunque anche il plasma. Tutte situazioni che dovrebbero preoccupare ii pazienti. Non dover ricorrere al mercato per avere il plasma è garanzia di risparmio e di reperibilità del prodotto”.

Fig.2 Raccolta GR 2020

Fig.3 Raccolta plasma 2020

Il no alle donazioni retribuite e il sistema italiano, con i donatori centrali nella ricerca

plasma iperimmune tsunami

Il professor Francesco Menichetti

La situazione futura quindi preoccupa, ma non per questo bisogna ricorrere alla donazione a pagamento. Francesco Menichetti, da medico, ribadisce il perché: “Il sistema italiano è un sistema virtuoso, ho seguito l’inchiesta di RaiDue sul plasma al confine messicano, persone che facevano la plasmaferesi per la quinta volta in pochi giorni. Mi tengo il sistema italiano e lo do come risultato acquisito. Il plasma deve essere considerato una fonte importante di terapie salvavita e una fonte importane per continuare ad approfondire la ricerca. Il conferimento del plasma all’industria farmaceutica all’inizio era stato stigmatizzato, ma l’unico problema è stato che poi le industrie ancora non abbiano garantito l’arrivo delle immunoglobuline specifiche. Se per il vaccino siamo al minimo delle prove di sperimentazione clinica, per i monoclonali siamo ancora lontani. Bisogna dire le cose come stanno. La ricerca non si esaurisce e va portata avanti, sui vaccini ma anche sui monoclonali e sul plasma iperimmune. In questo momento il paese ha bisogno di lanciare una grande campagna vaccinale e l’attenzione va tutta lì, ma noi che siamo tecnici dobbiamo ricordare a noi stessi e al pubblico che bisogna approfondire tutte le strade per poter dare le migliori risposte ai pazienti per la terapia”.

L’autosufficienza

Ma per i pazienti l’autosufficienza può essere considerata solo una grande speranza? Alessandro Segato torna sul tema delle donazioni a pagamento e spiega come la pensano i pazienti: “Vorrei dire una cosa sulle donazioni retribuite o no. Il gesto di educazione civica che avviene in Italia è quello che garantisce di più noi pazienti e per noi avere una fonte di approvvigionamento così salda e con i valori alle spalle è molto importane. Etica batte denaro 10-0. I donatori per noi ci sono sempre anche se poi un paziente va alla farmacia e prende i prodotto senza conoscere la sua provenienza, la filiera che c’è dietro o le battaglie che vengono fatte. Sapere che tutto è legato a un’educazione civica importante è una garanzia”. Ecco perché bisogna rispondere “no” alle spinte per portare in Italia a un sistema ibrido per la raccolta del sangue, con il pretesto di aumentare la raccolta. È Giovanni Musso a mettere barriere molto chiare: “Spinte di questo tipo verrebbero respinte con le barricate da tutte le associazioni. Briola ha spiegato poco fa che dove c’era il sistema a pagamento il calo durante la pandemia è stato enorme, da noi minimo. I donatori non hanno abbandonato né i medici né i pazienti, hanno compiuto il loro ruolo e speriamo che questo venga riconosciuto dalla politica. Anche l’Oms ha dichiarato che il sistema basato sul volontariato è il migliore perché consente di avare un prodotto migliore e più sicuro, dunque non ci sarebbe motivo per andare contro questo principio. La donazione a pagamento è vietata dalla convezione di Oviedo di cui il nostro paese fa parte. Il plasma è un bene strategico per il paese. Siamo dipendenti dal mercato per il 30% e dobbiamo raggiungere l’autonomia. È essenziale che il paese, anche per il plasma così come già avviene per i globuli rossi, non dipenda più da altri o dai prezzi di mercato, che in momenti di carenza aumenteranno”.

Cosa insegna l’esperienza di questi mesi: le proposte per migliorare il sistema

Stabiliti i principi generali e chiariti i quadri di riferimento, la presenza del generale Petrachi in rappresentanza del ministero della Salute, apre a un dialogo con gli attori del sistema per riforme possibili: Camisasca, in tal senso, chiede “che il sistema sangue possa avere una logica sovraregionale”, Segato sottolinea che “serve incrementare la raccolta plasma con il ministero in regia, con una giornata di informazione o raccolta fondi da usare per migliorare il sistema”, mentre Musso auspica “progetti finalizzati a raggiungere l’autosufficienza ripotando la materia sangue alla centralità dello stato”.

Le conclusioni

Chiusura per Gianpietro Briola, con un appello per il futuro diretto al governo del Paese: “In questi anni di lavoro associativo – ha concluso il presidente Avis – siamo riusciti a garantire l’autosufficienza di globuli rossi e albumina, ora tocca alle immunoglobuline. L’approccio etico fa sì che la tutela del paziente sia importante quanto la tutela del donatore. Se si dona due volte a settimana, grande tutela al donatore non mi pare sia riconosciuta. Il dono non deve essere solo un contributo dl punto di vista economico ma soprattutto sociale. Spero che verranno utilizzati i fondi europei, ma con strumenti diversi che possano accelerare il sistema Italia”.