Plasma iperimmune, parla il Centro nazionale sangue
“Massimo supporto alla raccolta, ma la terapia non è certa”

2020-12-09T18:05:54+01:00 2 Dicembre 2020|Attualità|
plasma iperimmune di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Nelle ultime settimane il plasma iperimmune è stato al centro del dibattito mediatico. La sua reale incidenza come terapia, le questioni legate alla raccolta sul territorio nazionale, lo stato dei lavori sul piano del bancaggio delle riserve, le regole su come e quando utilizzarlo e la ricerca sulle immunoglobuline specifiche, sono alcune delle questioni su cui è necessario un approfondimento costante, che può arrivare soltanto da chi, ogni giorno, è tenuto ad affrontarle sul campo. Ecco perché abbiamo intervistato Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue, l’istituzione centrale cui spetta il compito di fornire le linee guida e organizzare il sistema trasfusionale.

Direttore De Angelis, sono passate un paio di settimane dal servizio andato in onda a Le Iene sulla questione della disponibilità del plasma iperimmune. Dal punto di vista del Cns è cambiato qualcosa, da quel giorno, per quel che riguarda la vostra attenzione sul tema?

No, l’attenzione del Cns è stata sempre molto alta sul tema. Era logico che con l’aumento dei casi e la contemporanea ‘bocciatura’ di alcuni dei farmaci che venivano usati il tema ritornasse al centro dell’attenzione, mediatica ma anche dei singoli cittadini che ci hanno contattato e continuano a farlo in questi giorni. Noi ci siamo sempre comportati allo stesso modo, come dimostra ad esempio l’adesione al progetto europeo Support-E e il supporto dato alle strutture trasfusionali italiane per l’adesione ai finanziamenti europei nel progetto ESI.

La questione delicata ci è parsa soprattutto quella che riguardava la comunicazione del numero di sacche con il titolo anticorpale adeguato. Come mai nei vostri bollettini il dato non era indicato? Nei prossimi inizierete a farlo?

La determinazione del titolo degli anticorpi “neutralizzanti” con una specifica metodica (detta di neutralizzazione su piastra) è necessaria soltanto per il plasma iperimmune che viene utilizzato nell’ambito dello studio nazionale italiano “Tsunami”, che richiede espressamente un titolo minimo definito, mentre per tutti gli altri utilizzi non è richiesto. Altri studi condotti in Italia ed anche in diversi Paesi stranieri non hanno inserito un titolo minimo tra i requisiti per il plasma. Gli stessi metodi per determinare il titolo non sono standardizzati, ma ogni struttura decide autonomamente come effettuarli. Al momento, non ci sono evidenze scientifiche che indichino una “quantità minima” di anticorpi neutralizzanti in grado di garantire l’efficacia della eventuale terapia con plasma iperimmune. Pertanto non ci è sembrato necessario inserirla nel bollettino, e anzi si rischierebbe di far passare il messaggio che solo quelle titolate in un certo modo sono ‘buone’, mentre non è così.

In molti hanno sottolineato come sul tema del plasma iperimmune – sia sul piano della raccolta che dell’utilizzo – sia mancata una direzione generale, nel paese, che venisse dall’alto, dalle istituzioni centrali. È accaduto questo?

Ricordiamo intanto che non ci sono ancora prove definitive dell’efficacia del plasma iperimmune, e anzi gli ultimi studi pubblicati sembrano andare in direzione contraria. Il sistema trasfusionale italiano si è comunque sempre comportato come se la terapia funzionasse, il plasma viene raccolto e i pazienti trattati. Lo dimostra il fatto che di plasma ce n’è, come si vede dai nostri monitoraggi.

Il direttore del Cns Vincenzo De Angelis

Come mai il protocollo Tsunami ha impiegato così tanto per entrare nel vivo?

Durante l’estate per fortuna c’erano pochi casi, e quindi pochi donatori e pazienti arruolabili, e questo ha portato a un rallentamento degli studi, che però sono ripresi quando la curva epidemica è risalita.

A oggi, e in vista dei prossimi mesi, cosa si deve aspettare la cittadinanza riguardo alla terapia al plasma iperimmune? I risultati del protocollo Tsunami? Un bancaggio quantitativamente rilevante? La ricerca sulle immunoglobuline specifiche?

Per quanto riguarda i risultati di Tsunami e delle ricerche sulle immunoglobuline direi che l’orizzonte è di qualche mese. Il bancaggio è già quantitativamente rilevante, ed è probabile che con l’attenzione rinnovata arrivino ancora più donatori. La speranza è che, una volta terminata la pandemia, rimanga il messaggio sull’importanza del plasma in generale e della sua donazione; perché mentre il plasma iperimmune non manca, quello normale invece ad ottobre registra una riduzione significativa.

Ecco, parliamo della raccolta sangue e plasma sul territorio. Mancano i dati di novembre e dicembre per chiudere il 2020, ma intanto dal punto di vista del Cns che annata è stata? L’epidemia sta creando problemi di difficile risoluzione o il sistema riesce a tenere? 

Qualche difficoltà c’è, ma al momento non ci sono segnali di un rischio per la tenuta del sistema nella raccolta di sangue; va posta comunque attenzione soprattutto alla raccolta del plasma.