“Plasma iperimmune, è mancata una strategia per il Paese”
Briola (Avis) sugli errori fatti e su che cosa si può ancora fare

2020-11-26T17:19:56+01:00 23 Novembre 2020|Donazioni|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Il ruolo delle associazioni di sangue non può che essere centrale nell’organizzazione della raccolta di plasma iperimmune, perché proprio dal gigantesco serbatoio associativo arriva la massa di donatori periodici già tracciati e informati che possono offrire immediatamente al sistema trasfusionale un plasma già di ottima qualità. Per capire come il circuito associativo sta affrontando le polemiche degli ultimi giorni nate in seguito al servizio della trasmissione Le Iene, che ha mostrato come siano mancate istruzioni certe e condivise sulla raccolta del plasma dei pazienti guariti, abbiamo chiamato in causa Gianpietro Briola, presidente di Avis nazionale, che sin dalla scorsa primavera segue da vicino il lavoro sul territorio delle sedi associative, in Lombardia e nel resto d’Italia.

Presidente Briola, perché si è perso del tempo nei mesi estivi per organizzare la raccolta di plasma iperimmune? Non si poteva fare meglio?

Come associazione noi di Avis ci siamo messi a disposizione da subito, poi evidentemente qualcuno ha creduto che per la seconda ondata ci fossero terapie alternative al plasma iperimmune, e la conclusione è che di plasma non se n’è raccolto abbastanza. Questo ha creato diversi problemi perché non tutte le regioni si sono organizzate per raccogliere, e ora, come dicevo, manca il plasma.

Il presidente di Avis Gianpietro Briola

Il dato inoppugnabile è che è mancata una direzione dall’alto che programmasse il da farsi sul plasma iperimmune in vista della seconda ondata

È mancata una direzione centrale, sia sul piano delle indicazioni sulla raccolta sia sull’utilizzo della terapia.

Abbiamo seguito la conferenza stampa organizzata da Avis Lombardia, che si sta muovendo molto bene sul piano dell’organizzazione delle chiamate e della sensibilizzazione. Come va nelle altre regioni italiane?

Le regioni che si stanno meglio organizzando sono di fatto la Lombardia e il Veneto, anche perché sin dall’inizio sono state tra le regioni più colpite. Da qualche tempo anche le altre si stanno organizzando, hanno fatto delle raccolte spot ma senza una regia del Centro nazionale sangue, e quindi con grande difficoltà, perché senza indicazioni e indirizzi precisi diventa difficile muoversi su come gestire la seconda fase.

Servirebbe, e l’hanno chiesta in molti, anche una campagna nazionale di sensibilizzazione che sia più penetrante sulla raccolta del plasma iperimmune: vi state organizzando in tal senso?

Siamo pronti per fare una campagna massiccia in tutte le regioni anche perché il tema vero è quella della sensibilizzazione dei cittadini alla donazione del plasma e al ruolo fondamentale del plasma e dei plasmaderivati, quindi non solo sul plasma iperimmune, che comunque è stato veicolo di attenzione sulle proprietà del plasma. Anche perché in generale in tutto il mondo, a cominciare dagli Stati Uniti dove la raccolta plasma avviene in larga parte a pagamento, negli ultimi mesi c’è stato un calo del 40% della raccolta, e questo inevitabilmente finirà per influire sulla disponibilità di farmaci necessari anche per le altre patologie. Ovviamente per poter fare la campagna abbiamo bisogno di indicazioni certe su come e dove mandare i donatori. Serve una sinergia di intenti che deve necessariamente arrivare da un’istituzione centrale e dei centri regionali, un regia centrale per offrire le stesse opportunità su tutto il territorio nazionale. Anche perché all’inizio la pandemia ha colpito solo le regioni del nord, ma ora ha raggiunto tutte le regioni. Noi siamo pronti a lavorare con la nostra struttura per essere pronti con le nostre capacità di integrazione nel territorio a favorire i donatori nella raccolta e nella sensibilizzazione. È molto difficile per noi fare una campagna senza poter dare risposte certe.

L’importanza del plasma per i pazienti è un tema da valorizzare e far conoscere.

Assolutamente sì. Anche in vista della produzione essenziale di immunoglobuline specifiche sotto forma di farmaci, che possono accompagnare il tanto atteso vaccino come supporto nelle terapie per sconfiggere il Covid-19.