Plasma iperimmune, un caso con troppi interrogativi e tempo perso

2020-11-21T11:07:27+01:00 21 Novembre 2020|Attualità|
di Giancarlo Liviano D'Arcangelo

Su Donatorih24 non siamo mai stati morbidi con il metodo giornalistico portato avanti da Le Iene, in genere troppo votato alla spettacolarizzazione e alla “pancia” dei telespettatori, ma allo stesso tempo il nostro metodo di indagine è quello di osservare, riflettere su ciò che vediamo e riportarlo ai lettori nel modo più oggettivo possibile. E gli ultimi due servizi su come la raccolta di plasma iperimmune è stata trattata in Italia, realizzati dal format di Mediaset, hanno senza dubbio avuto il merito di fotografare una situazione di inefficienza altrimenti destinata a non essere raccontata.

Guarda il servizio de Le iene

L’esperienza clinica positiva

Sebbene il plasma iperimmune debba comunque essere considerata una terapia emergenziale, e non definitiva contro il Covid-19, la raccolta e il bancaggio del plasma con un titolo anticorpale adeguato, restano fattori decisivi per la cura dei malati. Va rimarcato che a oggi non è possibile sapere ancora qual è il titolo anticorpale giusto per avere effetti certi, né quale possa essere, fino in fondo, la risposta dell’organismo dei malati. Si tratta di un uso pragmatico, ma il dottor Franchini dell’ospedale di Mantova, proprio per Donatorih24, e nei mesi scorsi tantissimi altri professionisti – assieme a quelli intervistati nel servizio de le Iene – hanno riportato la loro esperienza clinica positiva altamente positiva, con molti successi e nessun effetto collaterale.

Leggi l’intervista a Franchini

Il dottor Massimo Franchini

Il progetto Tsunami e i ritardi

Come sappiamo, il compito di organizzare una sperimentazione nazionale è stato affidato a Francesco Menichetti, principal investigator del progetto Tsunami. Menichetti, da noi più volte interpellato sia attraverso la modalità livestreaming, sia attraverso interviste in esclusiva, ha spesso lamentato l’incidenza di una burocrazia penalizzante che ha ritardato di molto la crescita del progetto. Certo, il calo dei contagiati nel periodo estivo ha sicuramente fatto mancare una base importante di potenziali donatori, ma la ripresa dopo l’estate è stata comunque troppo lenta, per ragioni di accordi contrattuali. L’estate si poteva e si doveva usare proprio per organizzarsi bene e formare quegli “arsenali al plasma”, di cui avevamo parlato a settembre e destinati a contrastare la seconda ondata, che poi è puntualmente arrivata. Sicuramente un’occasione persa.

Guarda il livestreaming “Covid d’autunno”

Il Centro nazionale sangue

In questo quadro, è molto chiara la critica che la trasmissione Le Iene rivolge al Centro nazionale sangue, istituzione centrale che doveva avere il compito di coordinare le strutture di raccolta sul territorio nazionale, magari con un protocollo unico che contemplasse e regolasse ogni aspetto della raccolta, dalle caratteristiche dei donatori fino all’attivazione dei centri adibiti ad acquisire il plasma, strutture che tutt’oggi non sempre sono organizzate secondo principi o regole univoche. Nella regione Lombardia, per esempio, i donatori di plasma iperimmune fanno il tampone o il test sierologico gratuito prima di donare, mentre in altri luoghi viene chiesto un tampone negativo a spese del donatore stesso. Altro tema poco chiaro, a livello centrale, è il dato sul titolo anticorpale: sul sito del Cns è in aggiornamento costante il dato sulle sacche di plasma iperimmune disponibili, e solo oggi Il Cns ha dato i dati esatti dopo qualche giorno di silenzio: “sono attualmente disponibili 4.315 subunità di plasma iperimmune donato da 5.347 donatori guariti dal Covid-19, raccolto da 134 servizi trasfusionali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Di queste sub-unità 1.279 hanno un titolo di anticorpi neutralizzanti uguale o superiore a 1:160. Complessivamente in Italia sono state prodotte 8.049 subunità di plasma iperimmune e ne sono state trasfuse 3.255”.

 Il frame mediatico

Su un tema delicato come il plasma iperimmune, l’impatto mediatico è sicuramente un fattore negativo nel bene e nel male. Da un lato, come sottolineato da Le Iene, molti operatori mediatici, più o meno autorevoli, in questi mesi hanno contribuito soprattutto alla disinformazione, ai campanilismi, all’emotività che porta al tifo e non a un dibattito serio e razionale. Come ha sottolineato anche il direttore di Donatorih24 Luigi Carletti nel suo editoriale del 20 novembre, non si capisce come mai, sin da subito, l’utilizzo del plasma è stato ostacolato dalla maggior parte dei medici che durante la pandemia hanno avuto la ribalta televisiva. E perché il compito di informare su un tema così importante e decisivo per la salute di moltissimi pazienti è lasciato a un programma che comunque è espressione di un giornalismo emotivo e spettacolarizzante?

Leggi l’editoriale del direttore Luigi Carletti

Oscar Bianchi, presidente Avis Lombardia

La conferenza di Avis Lombardia

Proprio in ottimo tempismo con il servizio de Le iene, Avis Lombardia ha voluto rispondere con una conferenza stampa volta a mostrare quanto l’attività dei donatori sia stata centrale, a partite da giugno fino a oggi, per la raccolta di plasma iperimmune in uno dei territori più colpiti dal Covid-19. L’impegno di Avis nel favorire la raccolta non si è mai fermato, e Oscar Bianchi, presidente regionale di Avis, ha spiegato che il progetto di Avis Lombardia ha lo scopo di invitare tutti i donatori periodici di Avis a sottoporsi a un tampone per verificare se sono idonei alla donazione di plasma iperimmune. Possiamo affermare rispetto ai dati della regione che la metà delle sacche attualmente disponibili, 2200, raccolte in Lombardia, circa 1000 sono raccolte da Avis, che sostiene la donazione periodica. È opportuno che i donatori si rivolgano alle più di 600 sedi comunali o provinciali, per fare ciò si faceva già 90 anni fa, e oggi con una tecnologia differente si sta riconcretizzando. Chi pensa di essere entrato in contatto con il virus, si rivolga ad Avis. Oggi avere il plasma stoccato e disponibile è un valore aggiunto”. Prudente l’intervento del Dottor Giuseppe Cambié, primario all’Ospedale Maggiore di Lodi: abbiamo creduto sin da marzo al progetto del plasma iperimmune. Allora per mia esperienza avevamo disponibilità di donatori con giusti anticorpi di circa ¼ rispetto a oggi. Abbiamo scelto di sostenere il progetto regionale per il bancaggio e per la produzione di anticorpi specifici, e se in molti casi i pazienti asintomatici tendono a non avere il titolo anticorpale minimo, è vero anche che il 5% di loro ha mostrato di avere titoli di anticorpi altri e il 30% un titolo intermedio. Oggi nessuno studio ha stabilito qual è il titolo minimo reale per contrastare il virus. Il donatore ha comunque un vantaggio nel donare perché viene a sapere se è idoneo, consentendo poi di operare una raccolta programmatica. Oggi la maggior parte del plasma iperimmune raccolto in regione è disponibile per uso clinico. Si è creata un’attesa mediatica diffusa riguardo all’efficacia di questa terapia superiore al dato scientifico esistente. È bene comunque che la terapia al plasma faccia parte di studi approvati dai comitati etici, oggi in corso, che approfondiscano la nostra conoscenza in merito. È sbagliato, secondo me, credere che questa sia una terapia accreditata. Non abbiamo ancora evidenze. È un’opportunità, va ritenuta tale, sarebbe sbagliato ostacolarla, ma deve restare un’opzione terapeutica da studiare. Abbiamo indicazioni che un’efficacia c’è, e molti ospedali decidono di utilizzare la terapia”.

La risposta dei donatori lombardi, tuttavia è stata molto promettente. La Dottoressa Giussani di Avis Provinciale Bergamo ha raccontato l’esperienza nella sua zona di competenza: “il nostro target di riferimento, in una delle provincie più colpite, è il donatore periodico. Fin da subito il 70% dei donatori della provincia ha aderito. Tra i postivi al dono, il 22% è risultato idoneo a donare plasma iperimmune, con il 40% tra loro con un titolo anticorpale molto elevato”. Anche la dottoressa Germana Zana, direttore sanitario di Avis Provinciale Brescia, ha portato un’esperienza positiva. “La nostra gestione si è limitata alla chiamate del donatore, poi ciascun centro di raccolta ha stabilito un calendario di donazioni. I donatori periodici si sono dimostrati disponibili ad aiutare la collettività, e il progetto nella nostra provincia è iniziato metà di luglio e tutt’oggi è ancora in corso. Stiamo riprogrammando come intensificare l’iniziativa, per quanto riguarda il plasma il potenziale è altissimo: hanno aderito il 35% dei donatori e tra loro il 12% è idoneo alla donazione, con un titolo anticorpale superiore a 80. Buona la situazione anche a Cremona, come ha spiegato Riccardo Merli, direttore sanitario di Avis comunale Cremona: “la nostra Avis ha aderito al progetto e la sensibilità dei donatori è partita a giugno con l’invio di una mail esplicativa. La riposta in questi 4 mesi è stata molto buona, su 2458 plasmaferesi e 750 donatori che hanno aderito, il 15% era positivo a donare, e sono state raccolte 129 sacche con un titolo superiore a 80. Numeri molto buoni, e noi stiamo riprogrammando una nuova campagna che coinvolga donatori associati e periodici di cui conosciamo tutto.”

Il presidente di Avis Gianpietro Briola

Le parole del presidente Briola

Con uno sguardo di più ampia portata, e come sempre votato alla costruzione di possibili soluzioni, Gianpietro Briola, presidente di Avis nazionale è intervenuto nella discussione, sottolineando i meriti dei donatori e della realtà associativa, ma soprattutto rivolgendo lo sguardo a ciò che ancora si può fare per ottimizzare la raccolta e l’utilizzo del plasma da qui ai prossimi mesi. La chiave, come sempre, è la collaborazione per migliorare le problematiche organizzative che finora non hanno permesso lo sfruttamento della risorsa nel migliore dei modi. “Un grazie ad Avis Lombardia, la più grande d’Italia che a sola copre il 25% della raccolta – ha esordito Briola, andando poi alla sostanza della questione – Il plasma iperimmune è una terapia compassionevole che sta dando ottimi risultati, non può essere utilizzata per tutti i pazienti e serve anche per arrivare alla produzione di immunoglobuline che potranno essere di grande supporto al vaccino. Pur nelle polemiche di questi giorni, il lavoro delle Avis Lombardia è stato rimarchevole. La cosa fondamentale in questa fase è raccogliere il plasma, averlo in banca con il titolo anticorpale adeguato. Insieme, noi associazioni con istituzioni e professionisti, dobbiamo riuscire a organizzarci per combattere questo nemico che ci ha preso alla sopravvista. A oggi stanno partendo molti progetti di raccolta legati al progetto Tsunami, le prime regioni che hanno aderito sono state quelle del nord perché si tratta delle regioni più colpite. Il progetto poteva partite dove c’erano effettivamente pazienti convalescenti. A livello nazionale per questo è partito a macchia di leopardo”.

Le conclusioni

Sembra dunque chiaro che al di là della necessità di approfondire ulteriormente gli studi sull’utilizzo clinico del plasma iperimmune, la raccolta e il bancaggio della risorsa plasma non possano più subire rallentamenti dovuti a indecisione, tentennamenti o a scarsa organizzazione. Anche il miglioramento di un singolo paziente basta da sé a spingere l’acceleratore nell’investimento sul plasma iperimmune e sul suo potenziale. Da questo momento in poi, ogni ritardo non potrà più essere considerato il risultato di una condizione di emergenza, ma solo di sciatteria e cattivo governo.