Donare e ricevere sangue nella seconda ondata Covid quando si convertono i reparti e i centri trasfusionali

2020-11-12T16:38:15+01:00 6 Novembre 2020|Attualità|
ospedale reparto covid di Laura Ghiandoni

Mentre le cronache riportano l’apertura in Italia di nuovi reparti Covid con uno sforzo non indifferente per il sistema sanitario nazionale, in alcuni ospedali molti altri reparti, come anche i centri trasfusionali, vengono traslocati per fare spazio ai pazienti affetti da Coronavirus. Quando questo accade i pazienti possono scegliere se adattarsi alla nuova sede, a volte improvvisata, o attendere, a proprio rischio e pericolo, di rimandare le cure e i controlli medici a un imprecisato futuro.

Questo tipo di scelta, tuttavia, non è possibile per i pazienti colpiti da patologie del sangue gravi che necessitano di cure salva-vita o di trasfusioni regolari di emocomponenti. Alcuni pazienti, come ad esempio i talassemici, si confrontano ogni giorno già con una patologia che debilita il loro organismo, impegnativa da gestire in termini per l’estremo bisogno di regolarità nella cura, pazienti per i quali il cambio di reparto ospedaliero è un disagio in più in questo periodo già complicato.

Per questo il mondo della donazione di sangue non si può fermare: e difatti le raccolte vanno avanti grazie al lavoro di associazioni e professionisti dentro e fuori dagli ospedali. Un esercito di donatori volontari in tutta Italia continua ad essere impegnato per offrire un contributo fondamentale al paese.

Ecco due casi che spiegano bene questa realtà.

A San Benedetto del Tronto il centro trasfusionale trasloca per la seconda volta

E’ di questi giorni la notizia che a San Benedetto del Tronto il centro trasfusionale verrà spostato per la seconda volta in un anno e che lo spazio si trasformerà in reparto Covid. Ci racconta questo percorso il presidente Avis provinciale di Ascoli Piceno, Berardino Lauretani.

“La prima volta il centro trasfusionale è stato spostato durante il lockdown di marzo in una sede in via Romagna per fare spazio agli spogliatoi necessari per il personale dell’ospedale diventato Covid. La sede non era perfettamente idonea, i locali erano angusti e non era possibile sottoporsi a plasmaferesi. Una volta finito il lockdown l’ospedale è tornato ad essere attivo per tutte le patologie e siamo potuti tornare nella struttura ospedaliera”.

Ma la scena si ripete tra la fine di ottobre e novembre con la recidiva dell’epidemia: “L’ospedale in questi giorni è tornato ad essere tutto dedicato ai pazienti Covid. Per ora le donazioni sono state sospese in attesa dell’adattamento dei nuovi locali che abbiamo individuato in alcune stanze per la formazione nella stessa struttura”.

Sulle stanze non ancora pronte: “Vanno fatti lavori di urgenza per adattare i locali per la donazione di sangue. Per ora gli appuntamenti per le donazioni sono stati bloccati e Avis cercherà di aiutare per lo spostamento della strumentazione e delle attrezzature. Quando avremo la nuova sede torneremo a convocare i donatori via telefono”.

A San Benedetto del Tronto il dibattito su questo caso è ancora vivo e se ne parla ne media locali, e Lauretani si sofferma su un altro tema, altrettanto importante, il sangue necessario per i pazienti del territorio: “Per ora il sistema di compensazione del dipartimento interaziendale di medicina trasfusionale riesce a sopperire alla mancanza di sangue. I donatori al primo lockdown hanno reagito bene, speriamo che avvenga di nuovo”.

Riferendosi a ciò che si è detto durante l’assemblea Avis di pochi giorni fa afferma: “I centri trasfusionali vivono in Italia una situazione di mancanza di personale e spazi. Il Coronavirus ha aggravato tutto quanto ed emerge sempre più evidente che siamo sottodimensionati”.

Katia racconta lo spostamento del reparto di talassemia a Catania avvenuto a marzo per il Covid

Durante il primo periodo di lockdown Katia, paziente talassemica, si è vista spostare il reparto dove riceve regolarmente le trasfusioni di sangue, e che rappresentano l’unica terapia salvavita per la talassemia. Per DonatoriH24.it racconta: “Quando è stato chiuso il reparto di talassemia a Catania nell’ospedale Garibaldi dove di solito ricevo le trasfusioni, ho vissuto un primo momento di disagio. Il posto dove siamo stati trasferiti era un luogo nuovo che non avevamo l’autorizzazione ad esplorare. Siamo diventati ospiti nel nuovo ospedale Garibaldi situato in periferia”.

La talassemia per Katia durante il Covid ha assunto nuovi significati: “Ci siamo accorti abbastanza presto di essere soggetti a rischio Coronavirus in quanto il nostro sistema immunitario è debilitato. La possibile carenza di sangue per le nostre terapie per un momento ci ha preoccupato anche se poi il sistema sangue ha tenuto”.

Infine, ecco la sua testimonianza sulle mancanze registrate nei momenti più difficili: “Durante il precedente periodo di lockdown noi talassemici non siamo stati sottoposti a nessun controllo extra, ma i farmaci ferrochelanti che prendiamo hanno effetti collaterali sugli organi del corpo”.