Il 15 maggio è stato autorizzato dal Comitato Etico dell’INMI “L. Spallanzani” lo studio TSUNAMI (acronimo di TranSfUsion of coNvaleScent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS.CoV2). Il protocollo, che prenderà in esame un numero più ampio di pazienti affetti dal virus, valuterà l’efficacia della terapia mettendola a confronto in modo randomizzato e comparativo con la cura oggi considerata standard.
“Lo studio – si legge in una nota di Aifa – consentirà di ottenere evidenze scientifiche solide sul ruolo di questa strategia terapeutica e di fornire, in modo univoco, trasparente e in tempi rapidi, informazioni e risposte alle domande sulla sua sicurezza ed efficacia”.
In quante regioni e centri verrà applicata la sperimentazione Tsunami
Il protocollo scelto su indicazione del Ministero della Salute, è promosso dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco e vede al momento coinvolti 56 centri, distribuiti in 12 Regioni.
Come e da chi è gestito lo sviluppo della sperimentazione sul territorio nazionale
Lo studio prevede due Principal Investigator (Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e Policlinico San Matteo di Pavia), è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e si avvale di un Comitato scientifico, con funzione di sostegno e supervisione, presieduto dal Dg Aifa Nicola Magrini e composto da: Silvio Brusaferro (Presidente Istituto Superiore di Sanità), Renato Bernardini (Università di Catania), Massimo Costantini (Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia), Giustina De Silvestro (Azienda Ospedaliera di Padova), Paolo Grossi (Università dell’Insubria), Giuseppe Ippolito (Istituto Spallanzani di Roma), Giancarlo Liumbruno (Centro Nazionale Sangue), Franco Locatelli (Consiglio Superiore di Sanità), Francesco Menichetti (Azienda ospedaliero-universitaria di Pisa), Principal Investigator, Cesare Perotti (Policlinico San Matteo di Pavia), Principal Investigator, Patrizia Popoli (Istituto Superiore Sanità), Coordinatrice Gruppo operativo sperimentazione e Giuseppe Remuzzi (Istituto Mario Negri di Milano).
Cosa cambierà con il nuovo protocollo Tsunami
Francesco Menichetti, responsabile per il protocollo avviato a Pisa, spiega: “Ora che Tsunami verrà applicato su tutto il territorio nazionale, arruoleremo poco meno di 500 pazienti per la sperimentazione nei centri degli ospedali.
Poiché la ricerca è randomizzata, 250 persone verranno trattate con la terapia con il plasma iperimmune e 250 saranno trattati con la terapia considerata standard per curare il Covid-19. Riguardo agli ospedali ancora stiamo arruolando le strutture che adotteranno la sperimentazione”.
Come avviene la selezione dei pazienti idonei per la terapia
“In questo momento non ci sono casi di pazienti da trattare con la terapia del plasma iperimmune, secondo i parametri scelti nel protocollo. Questo anche perché sul territorio nazionale sono in diminuzione i casi di Covid-19”
Come avviene la selezione dei donatori di plasma iperimmune
Menichetti approfondisce il tema dei donatori di plasma iperimmune: “Per la donazione abbiamo contattato soprattutto pazienti ricoverati nel nostro ospedale. Le regole sono quelle indicate dalla buona condizione di salute, tipiche del donatore di sangue. I guariti devono risultare negativi a due tamponi effettuati, uno a distanza dall’altro di 24 ore.
Poi l’aspirante donatore di plasma iperimmune verrà sottoposto ad altri test per verificarne l’idoneità. I convalescenti devono essere arruolati il prima possibile perché l’immunità al Sars-Covid-19 decade con il tempo. Quindi è necessario sollecitare i convalescenti a donare plasma”.
La lavorazione del plasma dei guariti per la cura anti-Covid-19
La dottoressa Lanza Maria, a capo dell’Officina Trasfusionale pisana, introduce il percorso di lavorazione del plasma iperimmune prima che venga infuso ai pazienti affetti da Covid-19 o conservato per un prossimo uso. “Nell’Officina arriva il plasma iperimmune contenuto in delle sacche. Noi lo lavoreremo per renderlo sicuro per l’infusione nei pazienti attraverso alcuni test, il primo è l’inattivazione”.
Cos’è il procedimento di inattivazione virale del plasma
“Il procedimento di inattivazione virale è utile per rendere il prodotto ematico più sicuro. L’inattivazione viene effettuata con un macchinario che si chiama “inattivatore” o “illuminatore” dato in comodato d’uso d’all’azienda Kedrion la quale distribuisce anche il kit per effettuare l’inattivazione.
Nella sacca viene inserita la sostanza che si attiva con i raggi ultra violetti e si lega agli acidi nucleici dei patogeni presenti nel plasma. In questo modo li inattiva, quindi li distrugge rendendo l’elemento patogeno, batterio o virus, non replicabile”.
Come continua il percorso di lavorazione del plasma iperimmune
“Una volta inattivata la sacca si continua con la verifica. Vengono effettuati altri tre test di biologia molecolare: il test per l”epatite A, il test per l’epatite E e quello per il Pargovirus B19. La sacca di plasma poi viene filtrata e suddivisa in 3 aliquote da 200 millilitri. Ogni aliquota rappresenta una dose da infondere ad una paziente affetto da Coronavirus. Le aliquote verranno congelate e conservate ad una temperatura di -40 gradi”.