La cura anti-covid con il plasma dei guariti. Le risposte che aiutano a capire

2020-05-06T12:10:06+02:00 6 Maggio 2020|Attualità|
di Luigi Carletti

In questi giorni è salita alla ribalta su molti media nazionali la cura anti-Covid con il plasma iperimmune. In Italia si sale alla ribalta in vari modi possibili, ma se succede sull’onda emotiva con tanto di polemiche, sospetti e dietrologie, beh allora il risalto è assicurato. Qui però non si può trascendere in discussioni da bar o da spogliatoio: l’argomento è serio e, potenzialmente, ci interessa tutti. Proverò quindi a dare delle informazioni rispondendo a domande che in questi giorni mi sono arrivate, visto che con la nostra testata DonatoriH24.it abbiamo parlato di questo tema fin dall’inizio, ospitando anche (era il 15 aprile scorso) un live-streaming con alcuni importanti esperti (lo trovate qui http://donatorih24.it/…/il-dono-dei-guariti-contro-la-pand…/).

Che cos’è esattamente la cura con il plasma iperimmune?

Il plasma è quella parte del sangue (liquida, gialla, preziosissima) che viene donata attraverso una procedura semplice (plasmaferesi) ma un po’ più lunga della normale donazione di sangue (richiede circa 40 minuti). Il plasma è estremamente prezioso perché il suo utilizzo consente, tra l’altro, la realizzazione di plasmaderivati che possono essere i cosiddetti “farmaci salvavita”, e quei farmaci da utilizzare contro patologie rare o croniche. Chi dona il sangue, e il plasma in particolare, compie quindi un’operazione di straordinario valore civico. In Italia abbiamo quasi due milioni di donatori. Tutti volontari. Un esercito di angeli. Chi, come me e alcuni dei miei familiari, soffre di una malattia rara (la nostra si chiama “teleangectasia emorragica ereditaria”) ha nei confronti dei donatori una riconoscenza che va al di là di qualsiasi possibile descrizione. Questo dono diventa tanto più prezioso oggi se è fatto da un convalescente di Covid: un paziente guarito, quindi. Il suo plasma contiene infatti quegli anticorpi che – trasfusi in un malato di Covid, dopo le opportune procedure – possono rappresentare la terapia risolutiva. Questo è ciò che è accaduto, e sta accadendo, nei centri italiani (Pavia e Mantova in testa) che sono partiti con la terapia che – va detto – è ancora sperimentale.

Quanto plasma serve per avere risultati efficaci?

Secondo i medici di Pavia, ogni donatore (con una sacca di 600 ml) può curare mediamente due pazienti (qui un articolo sul tema: http://donatorih24.it/…/ogni-donatore-salva-due-malati-bur…/).

Perché le autorità sanitarie hanno tenuto sottotraccia questa terapia?

Non è un’interpretazione corretta. In questa vicenda ci sono due piani di comunicazione: uno è quello della sanità ufficiale, fatta di istituzioni, protocolli e passaggi obbligati, perché ogni notizia deve essere avvalorata da dati scientifici. Dati che oggi sono in fase di costruzione attraverso, appunto, la sperimentazione. Poi c’è il piano di comunicazione costituito dai media, dagli operatori sul campo, dai pazienti e dai testimoni. Ed è chiaro che qui le notizie di pazienti guariti acquistano una forza e una velocità assai maggiori. E’ normale che ci si entusiasmi ascoltando i racconti di pazienti guariti (qui il caso del medico salvato http://donatorih24.it/…/guarito-terapia-plasma-mantova-sci…/), ma è anche comprensibile che le istituzioni debbano attendere riscontri certificati. Che si spera arrivino il prima possibile.

Perché il virologo Roberto Burioni ha attaccato la terapia con il plasma iperimmune polemizzando con i medici di Mantova?

Burioni non ha attaccato la terapia. Ha frenato sui facili entusiasmi dando l’impressione di snobbare questa cura perché ne ha elencato alcuni limiti. Per esempio quello di dover cercare molti donatori, che è oggettivamente un tema molto impegnativo. E’ probabile che i medici di Mantova avrebbero voluto sentire dei toni un po’ più incoraggianti, specie da un personaggio mediatico considerato molto influente. In realtà questo contrasto ha avuto un doppio effetto: da un lato ha dato alla terapia un risalto che finora non aveva avuto, dall’altro è diventato l’ariete di tutti quelli che per varie ragioni ce l’hanno con Burioni. Aggiungo che adesso il tema viene cavalcato anche dai no-vax, ma bisognerebbe avvertirli che plasma iperimmune e vaccino non sono in competizione: si parla infatti di due ambiti distinti.

È vero che con la terapia al plasma le grandi case farmaceutiche sono tagliate fuori e quindi hanno interesse ad ostacolare questo processo?

No, è una fake-news. Intanto va detto che se l’Italia è riuscita a partire con questa sperimentazione – primo paese dopo la Cina, parallelamente agli Usa – è anche grazie al supporto trasparente e generoso di un’azienda italiana, Kedrion Biopharma, che i medici di Mantova hanno pubblicamente ringraziato. La stessa Kedrion, con alcuni partner internazionali tra cui la Columbia University, sta studiando come ricavare dal plasma le immunoglobuline iperimmuni specifiche che consentiranno di realizzare un farmaco apposito contro il Covid-19. Questo significa che con una donazione di plasma si potranno curare ben più di due pazienti. La cura potrebbe essere pronta entro pochi mesi e, una volta certificata e approvata, sarà disponibile per tutti come farmaco del sistema sanitario nazionale. Detto questo, le case farmaceutiche di tutto il mondo stanno lavorando su cure, vaccini e tutto quanto può combattere il Covid. Ovviamente le autorità dovranno vigilare nell’interesse della comunità. Ma l’industria farmaceutica è oggettivamente una risorsa. Per la salute e per l’economia.

Se questa terapia è davvero efficace, non si poteva partire prima e salvare molte più persone?

La domanda è comprensibile ma se ragioniamo sui tempi tecnici capiamo che – proprio per le caratteristiche della terapia – i tempi di attuazione non potevano essere molto diversi. Per realizzarla servono infatti donatori che abbiano superato la malattia e che quindi possano donare il loro plasma in sicurezza. Tra febbraio e marzo i team del San Matteo di Pavia e del Carlo Poma di Mantova si sono messi al lavoro e visti i processi necessari e i risultati ottenuti finora, hanno fatto davvero un mezzo miracolo. Ora si tratta piuttosto di monitorare i progressi degli altri centri italiani che sono sulla stessa strada

Che cosa si fa per ingaggiare quanti più donatori è possibile?

Il presidente di Avis, Gianpietro Briola, nel live-streaming di DonatoriH24 ha spiegato bene l’opera di “reclutamento” che la sua associazione e le altre (Fidas, Fratres, Croce Rossa e altre organizzazioni sul territorio) stanno portando avanti per incrementare il numero di donazioni. In questo senso l’eco mediatico di questi giorni avrà probabilmente l’effetto di creare maggiore conoscenza e quindi anche maggiore adesione alla raccolta.

Perché si parla di “terapia non nuova”? Perché l’aveva già sperimentata la Cina?

La trasfusione di anticorpi sui malati infatti è una tecnica che ha cento anni perché fu sperimentata per la prima volta contro il virus della Spagnola: era il 1918, parliamo del periodo della Prima guerra mondiale. Da allora è una cura che è stata utilizzata più volte, per esempio contro la Sars e contro Ebola. Qui un nostro articolo sul tema: http://donatorih24.it/…/coronavirus-storia-plasma-terapia-2/
Nel caso del Covid-19, la Cina l’ha usata rifacendosi appunto alle esperienze del passato. E’ chiaro che si tratta di una terapia emergenziale, perché poi è necessario arrivare a una cura utilizzabile su larga scala, quindi – sempre grazie al plasma – realizzare dei farmaci che garantiscano un intervento sicuro su una vasta platea di pazienti.

Queste vicenda porterà a un incremento generalizzato delle donazioni di sangue e di plasma?

Questo sarebbe l’effetto più positivo per il nostro Paese, che spesso – soprattutto in alcune regioni – rischia di finire sotto la soglia di sicurezza (da qui i frequenti appelli a donare). Per fortuna funziona il meccanismo compensativo tra regioni (ce ne sono alcune straordinariamente virtuose) e per fortuna il Centro nazionale sangue ha un monitoraggio costante della situazione.

Nei talk show e nei vari dibattiti televisivi sul Coronavirus, si parla di qualsiasi cosa ma raramente si è sentito parlare approfonditamente della terapia con il plasma iperimmune. Perché?

Questo è vero ma è un quadro che risale a qualche giorno fa. Le polemiche di questi giorni certamente porteranno i vari conduttori a cercare di capire meglio e approfondire il tema, un po’ come abbiamo fatto su DonatoriH24 da qualche settimana a questa parte. Il fatto è che, come scrive giustamente Giancarlo Liviano D’Arcangelo su “Buonsangue” (il blog di DonatoriH24), bisognerebbe mettere da parte personalismi e polemiche, e concentrarsi un po’ di più sull’interesse comune.

Spero che queste risposte possano contribuire a capirne qualcosa di più. Se avete altre domande su questo tema scrivetemi e farò in modo di darvi (o farvi dare) le risposte adeguate, ma per favore evitate commenti di bassa politica e dietrologie. Il tema è troppo serio per scadere nello stupidario irresponsabile che vediamo ogni giorno.