La terapia sperimentale che utilizza il plasma di convalescenza per guarire i malati di coronavirus, è oggi il filone di ricerca dal maggiore potenziale a disposizione. Come sappiamo bene, il protocollo che ha coinvolto gli ospedali lombardi di Mantova e Pavia è stato il primo a ricevere l’approvazione dei comitati etici e a recepire le linee guida del Centro nazionale sangue sulla sicurezza, ma l’interesse si è espanso sin da subito ad altre regioni.
Benché ancora in fase di studio, nelle ultime settimane la cura è stata richiesta da numerose strutture sanitarie, che tuttavia necessitano delle autorizzazioni necessarie per applicarla. Ora, le stesse strutture, sono impegnate nell’avvio dei protocolli che regolano la ricerca dei donatori di plasma.
L’Azienda ospedaliero-universitaria pisana è la struttura capofila che condurrà la sperimentazione della terapia al plasma iperimmune in 5 regioni: Marche, Lazio, Campania, Umbria, Toscana, e in aggiunta, l’Ispettorato della Sanità Militare.
Per conoscere in dettaglio a che punto è lo stato dei lavori, abbiamo raggiunto e intervistato Francesco Menichetti, infettivologo e responsabile del progetto denominato “Tsunamy Study”, acronimo di “TranSfUsion of coNvalescent plAsma for the treatment of severe pneuMonIa due to SARS-CoV2”, che assieme alla direttrice del Centro regionale sangue toscano, Simona Carli, ci ha raccontato in cosa consiste il protocollo pisano, come avverrà la selezione dei donatori di plasma iperimmune, e come si è sviluppata la bella collaborazione tra regioni e istituzioni.
Il protocollo di studio della terapia con il plasma di convalescenza di Pisa, lo Tsunami Study
Professor Francesco Menichetti, lo studio che conduce l’AOUP quali caratteristiche approfondisce di una possibile terapia con il plasma iperimmune contro la Sars-CoV-2, se messa a confronto con quella che è partita in Lombardia e che ha avuto Pavia come capofila?
“Il protocollo approvato dal Comitato Etico dell’area vasta nord-ovest dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana si rivolge a pazienti in una fase della polmonite generata da Sars-CoV-2 più precoce, nella speranza che i pazienti non peggiorino, per evitare che vengano curati in terapia intensiva. La differenza, con l’esperimento avviato a Mantova e Pavia, è che noi considereremo come obiettivo dello studio, proprio la necessità o meno della terapia intensiva.
La forza del nostro lavoro prevede un gruppo detto “di controllo”, che riceverà la terapia al plasma iperimmune, che osserveremo insieme al gruppo dei trattati con la cura standard al coronavirus, che consiste nella somministrazione di idrossiclorochina ed eparina. Effettueremo la randomizzazione, cioè selezioneremo gruppi composti da individui della stessa età e dello stesso sesso.
Sceglieremo un totale di 75 persone a cui verrà applicata la terapia al plasma, e 75 persone a cui verrà applicata la terapia standard. Quindi 150 persone, distribuite tra le varie strutture sanitarie, parteciperanno al progetto. I pazienti verranno trasfusi dalla terza alla settima giornata di malattia e saranno seguiti fino alla trentesima giornata. Dopodiché analizzeremo i risultati e li renderemo pubblici.
La nostra, rispetto a quella di Mantova, è una diversa collocazione della plasma terapia, un approccio che in questo momento è considerato anche da altri ricercatori, tra cui gli statunitensi, che tentano di applicarla in casi meno gravi di infezione da virus, come i pazienti con polmonite lieve e moderata. La cosa bella è che c’è grande l’interesse da parte delle persone che sono guarite da coronavirus. Tanti chiamano perché vorrebbero contribuire alla donazione”:
Dal consorzio interregionale Planet alla terapia che con il plasma dei guariti
Centrale, per la riuscita della sperimentazione, anche il ruolo delle istituzioni, e in particolar modo quello del Centro regionale sangue della regione Toscana. Il perché, lo ha ben spiegato la direttrice Simona Carli.
Dott.ssa Simona Carli, come è nata la bella unione tra regioni del centro e sud Italia che applicherà il protocollo di Pisa?
“Le regioni coinvolte nella terapia sperimentale di Pisa, ovvero Toscana, Marche, Lazio Campania, Umbria con in più l’Ispettorato della Sanità Militare, in realtà sono per la maggior parte regioni coinvolte in un percorso comune iniziato da oltre 4 anni. Tutto ruota intorno alla lavorazione dei plasmaderivati. Il consorzio interregionale “Planet” composto proprio da Toscana, Marche, Lazio, Forze Armate, Campania e Molise, è nato nel 2016 per bandire la gara di lavorazione del plasma. La gara è stata vinta dall’azienda che lavora oggi i plasmaderivati, la Takeda.
Dopo la conclusione della gara, Planet ha continuato a fare rete organizzando, insieme alle associazioni dei donatori di sangue, appuntamenti di discussione sul tema del plasma. Ad esempio, nella Giornata regionale della donazione, nel giugno 2019, abbiamo organizzato la manifestazione “Tutti a Bordo” all’Accademia navale di Livorno. Quindi, sempre intorno al tema della lavorazione del plasma, abbiamo deciso di continuare il percorso insieme. Il Molise in questo caso ha deciso di non partecipare, e l’Umbria, che non è parte di Planet, ha deciso di unirsi per lo studio Tsunami”.
I criteri di selezione dei donatori di plasma iperimmune per la sperimentazione di Pisa
Sempre la dottoressa Carli, ha poi introdotto per DonatoriH24 i criteri della ricerca dei donatori di plasma iperimmune applicati dall’Azienda sanitaria pisana.
Dottoressa Carli, in che modo avverrà l’approvvigionamento del plasma?
“Lo studio punta a coinvolgere prima di tutto i pazienti affetti da coronavirus, ricoverati e poi dimessi dall’ospedale perché guariti. In una fase successiva cercheremo di individuare le persone non ospedalizzate, ma quarantenate perché positive con sintomi lievi. Sarà possibile contattarle anche avvalendoci della rete di associazioni di donatori volontari di sangue presenti nella nostra area.
I donatori in Toscana sono 140mila e consideriamo l’idea di inviare email per raggiungerli. La procedura è questa: il donatore viene contattato nel proprio domicilio e dona il plasma iperimmune nel centro trasfusionale locale. Fa la trasfusione, il plasma viene inviato all’Officina trasfusionale di Pisa, lavorato inattivato, e stoccato. Da lì viene consegnato a chi ne ha bisogno nella regione Toscana. Ogni regione condivide il razionale dello studio”.
Quali sono i criteri base di selezione?
“Il protocollo permette la donazione di plasma da soggetti guariti da coronavirus che abbiano effettuato almeno due tamponi risultati negativi. E’ necessario anche un test sierologico che dimostri lo sviluppo degli anticorpi specifici contro il Sars-CoV-2”.