Il 17 aprile è la Giornata mondiale dell’emofilia. Oggi sono circa 5000 le persone affette da questa patologia del sangue in Italia, di cui 4.179 da emofilia A (i malati gravi sono 1.850), e 898 da emofilia B (gravi 314).
La Federazione delle associazioni emofilici in questa giornata lancia un appello per ricordare che non è possibile affrontare questa patologia in un modo solo, ma coglie l’occasione per sottolineare che “I pazienti emofilici non sono tutti uguali e non esiste una cura uguale per tutti”.
L’associazione indica, come strada da percorrere, la personalizzazione della terapia secondo “il principio di non equivalenza terapeutica in emofilia”, e mentre l’evento pubblico organizzato per giovedì 16 aprile è stato rimandato a causa emergenza Covid, ricorda che oggi le difficoltà legate ad una patologia preesistente all’epidemia di coronavirus non scompaiono, anzi: le complicazioni a cui sono esposte le persone colpite da emofilia, cioè la condizione di fragilità, si sommano alle problematiche dell’epidemia.
La patologia ancora non ha una cura valida in ogni paziente, e ai medici per ora è dato il compito di individuare la cura più appropriata per il singolo individuo. Cristina Cassone, presidente della FedEmo, rappresentante dei pazienti emofilici, in occasione della Giornata mondiale della emofilia è intervenuta indicando il problema, che necessita urgentemente di una soluzione.
“La scelta sbagliata o non appropriata agli specifici bisogni del paziente può indurre alla comparsa di maggiori complicanze da artropatia cronica che minano fortemente la qualità della vita, l’indipendenza, la capacità di vivere una vita socialmente attiva. Questa evenienza, inoltre, incide negativamente, nel lungo periodo, sui costi del Servizio Sanitario Nazionale”.
La portavoce, indica come possibile metodo per individuare la giusta cura adatta ad ogni emofilico, un maggiore dialogo tra paziente e istituzioni: “Ecco perché sarebbe opportuno che le regioni e le istituzioni nazionali, quando adottano i provvedimenti che riguardano l’assistenza e l’accesso alle terapie per l’emofilia, ascoltassero anche i pazienti. Si tratta infatti di decisioni che non possono prescindere dal coinvolgimento delle associazioni in quanto incidono direttamente sulla salute dei pazienti e sulla loro integrazione sociale”.