Lavorare sulla programmazione per evitare che il sistema della donazione viva su condizioni di emergenza e costanti allarmismi. È una risposta unanime quella che si alza da Firenze dopo la festa dell’Avis comunale di Palazzo Vecchio dello scorso 10 novembre.
Una risposta che ha visto la direttrice del Centro regionale sangue, Simona Carli, il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola, e il presidente di Aip (Associazione immunodeficienze primitive), Alessandro Segato, fare il punto sulla situazione che sta vivendo la Toscana a livello di quantità di sacche di sangue intero e di plasma. In particolare dopo i dati presentati da Luigi Conte, presidente della sezione avisina di Firenze, relativi alle scorte raccolte in questo 2019: 3514 a fronte delle 4203 registrate nello stesso periodo dello scorso anno. Risultato: “Mancano circa 700 donazioni”, aveva dichiarato a La Nazione. Ma è così drammatica la situazione?
“Che manchino 700 donazioni è vero, tuttavia è una carenza che compensiamo ogni anno con le circa 1000 sacche che ci vengono donate dall’Emilia Romagna – spiega a DonatoriH24 la direttrice del Crs, Simona Carli -. La situazione nella nostra regione è sotto controllo, nonostante l’autosufficienza sia da sempre l’obiettivo più mobile che esista”. Capiamo perché. “Durante l’anno si registrano costantemente periodi in cui si va più in affanno, come l’estate o l’arrivo della stagione invernale con i picchi influenzali, per questo è necessario lavorare sulla programmazione”. E coinvolgere le nuove generazioni: “Purtroppo a oggi i dati ci dicono che sono sempre di più le persone che smettono di donare per sopraggiunti limiti di età, rispetto ai giovani che iniziano questo percorso”, conclude.
La questione carenza è un tema che, inevitabilmente, coinvolge anche i pazienti, coloro che grazie all’attività dei donatori possono contare su vere e proprie terapie salvavita. A Firenze era presente anche Alessandro Segato che, oltre a essere il presidente di Aip, è un paziente affetto da Idcv, cioè immunodeficienza comune variabile, una patologia nella quale il midollo smette di produrre immunoglobuline o ne produce una quantità irrisoria e di scarsa qualità. Grazie ai farmaci plasmaderivati, alle immunoglobuline nella fattispecie, può curarsi e vivere: “L’appello alla carenza è reale, ma è anche un modo per sensibilizzare le persone ad andare a donare – spiega -. Tuttavia è la conoscenza a mancare, la consapevolezza del perché sia necessario donare e di quante persone beneficino di questa scelta”. Cosa può fare e cosa sta facendo Aip per diffondere un concetto socialmente ed eticamente fondamentale? “Iniziative coinvolgendo i pazienti per far spiegare, soprattutto ai giovani, come e grazie a chi riescono a curarsi e a vivere. Lavoriamo molto con la comunità, organizzando incontri nelle parrocchie o in qualsiasi altro luogo di aggregazione: diffondere la cultura della donazione è determinante”.
A spegnere ipotetici allarmismi, ma a sottolineare come la programmazione sia lo strumento migliore per rendere il sistema sangue italiano più rispondente alle singole necessità, ci pensa il presidente di Avis Nazionale, Gianpietro Briola: “Quello delle 700 donazioni mancanti è un dato numerico che può essere legato alla richiesta di un’esigenza diversa di sangue, magari generata da un numero maggiore di trapianti o da un picco di attività emergenziale – spiega a DonatoriH24 -. Tuttavia è una mancanza che deve incentivare il senso di responsabilità tra associazioni e programmazione regionale”. Il presidente non ci sta a parlare di emergenza, anche alla luce non solo dell’autosufficienza nazionale che ogni anno viene garantita, ma anche del grande patrimonio che la Regione Toscana produce in termini di farmaci plasmaderivati.
È infatti notizia di pochi giorni fa quella dell’invio dei fattori VIII e IX eccedenti il fabbisogno regionale all’ospedale di Tirana, in Albania, per garantire cure ai bambini emofilici ricoverati. Ma non c’è il rischio, allora, che parlando continuamente di emergenza si rischi di allontanare chi vorrebbe invece avvicinarsi a questo mondo e diventare donatore? “Assolutamente sì, per questo da tempo ci preoccupiamo di spiegare come il nostro sistema non sia in affanno, ma abbia solo bisogno di affinare la programmazione e la chiamata dei donatori – conclude Briola -. Non è facendo passare il messaggio di un movimento in affanno che si risolve il problema”.