Annientare la malattia Rh del neonato
Sabato a Firenze l’iniziativa mondiale

2019-09-25T17:41:14+02:00 25 Settembre 2019|Attualità|
di Emiliano Magistri

Una onlus globale per annientare la malattia emolitica del feto e del neonato (Mefn) attraverso la somministrazione di immunoglobuline plasmaderivate. Oppure grazie a un semplice test durante la gravidanza. Le luci del panorama medico scientifico, senza dimenticare quello delle associazioni di volontariato, sono puntate su Firenze, più precisamente sull’ospedale degli Innocenti, dove, sabato 28 settembre, verrà ufficialmente lanciata WIRhE, la onlus nata a New York su iniziativa della Columbia University e il supporto di alcune società del settore farmaceutico tra cui l’italiana Kedrion.

La locandina sul convegno in programma a Firenze

Circa 200mila sono, nel mondo, i neonati che ancora muoiono per la malattia del sistema Rh. Nonostante il farmaco per la profilassi sia sul mercato da ben 50 anni, la metà delle donne a rischio nel mondo non lo assume, in particolare nei Paesi meno sviluppati. Proprio per questo, l’incontro del capoluogo toscano offrirà una preziosa occasione di confronto tra istituzioni, federazioni mediche, ong e associazioni per capire quali sono i numeri del fenomeno non solo a livello mondiale, ma anche sul territorio italiano.

Il presidente di Avis, Gianpietro Briola

A indicare gli obiettivi da centrare insieme è il presidente di Avis, Gianpietro Briola: “Conoscere lo stato dell’arte rispetto alla malattia del neonato in Italia, e fuori, è determinante per capire in che modo poter lavorare non solo per la sua eradicazione dai Paesi meno sviluppati, ma anche per avviare una riflessione decisiva in termini di produzione di immunoglobuline”. In che modo: “L’Italia dipende dagli Stati Uniti in termini di acquisto e consumo di farmaci plasmaderivati anti-D. Occorre capire come fare per poter produrre autonomamente questo tipo di medicinali, così da impostare il lavoro delle associazioni con i donatori destinati a questa donazione”.

Il presidente della Fidas, Aldo Ozino Caligaris

“La malattia Rh fortunatamente non comporta decessi in Italia, ma è importante riflettere sulle modalità più corrette per individuare i donatori più adatti a fornire le immunoglobuline specifiche – spiega a DonatoriH24 il presidente di Fidas, Aldo Ozino Caligaris -. L’anti-D estraibile dal plasma, infatti, deve essere ottenuto attraverso una stimolazione che presenta delle difficoltà per la donazione dal punto di vista etico“. Ecco allora perché, il presidente, in merito all’incontro di sabato a Firenze, parla di sfida: “Si tratta di uno studio che rientra tra gli obiettivi indicati dall’Oms (l’Organizzazione mondiale della sanità, ndr), significa dare speranza a centinaia di migliaia di bambini di superare questa patologia con una semplice profilassi“.

Il presidente della Simti, Pierluigi Berti

Garantire in tutto il mondo le stesse condizioni di tutela, è l’obiettivo che individua il presidente della Simti (la Società italiana di medicina trasfusionale e immunoematologia), Pierluigi Berti: “La ricerca sulla produzione delle immunoglobuline anti-D è un tema che come Simti ci ha visti coinvolti fin dalla fase iniziale, soprattutto per la prospettiva di estenderla anche ai Paesi meno dotati di strumenti di assistenza. Favorire la profilassi e l’accesso a questo tipo di farmaci deve essere l’obiettivo centrale e comune”. E per l’Italia? “Il convegno di Firenze deve essere il punto di partenza per un percorso di organizzazione che porti, il prima possibile, a creare una rete italiana di donatori da cui ricavare le immunoglobuline specifiche alla cura di questa patologia”.

All’evento sarà presente anche Steven L. Spitalnik, fondatore e direttore esecutivo di WIRhE. Spitalnik, che è nel direttivo di molte società scientifiche e mediche inclusa l’associazione americana delle banche del sangue (AABB) che è la principale società medica mondiale di medicina trasfusionale, si è distinto per le sue ricerche sulla salute dei donatori e in genere in tema di ematologia e trasfusione. Oggi è professore alla Columbia University e direttore del dipartimento al Presbiterian Hospital di New York.

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