Cordone ombelicale, così la donazione
aiuta la ricerca sulle malattie del sangue

2019-07-12T17:02:31+02:00 13 Luglio 2019|Primo Piano|
di Emiliano Magistri

Una donazione gratuita, indolore e volontaria che può salvare la vita di altre persone. Ecco perché va stimolata. Parliamo del sangue del cordone ombelicale che è al centro della campagna promossa dall’ospedale infantile Burlo Garofolo di Trieste. Una campagna che, come annunciato nel corso della conferenza stampa dei giorni scorsi, punta al dialogo informativo rivolto ai futuri genitori.

Come ha spiegato il vice presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, “l’importanza del dono richiede uno sforzo di comunicazione ulteriore. Qui le competenze della salute, secondo un paradigma che sarà sempre più vincente, concorrono insieme: professioni sanitarie, Protezione civile, cultura del dono, capacità della ricerca e volontariato si alleano in un sistema unico”.

Come è stato illustrato nei video che l’istituto ha realizzato per sostenere la campagna, sono 80 le malattie del sangue come leucemia, linfomi o talassemia, che è possibile curare proprio grazie alle cellule del sangue cordonale. Ma non solo. Proprio quelle cellule sono preziosissime per sostenere la ricerca su altre patologie ematiche. La donazione del cordone ombelicale, se i futuri genitori acconsentono a effettuarla dopo l’incontro con l’ostetrica passata la 34esima settimana di gravidanza, avviene immediatamente dopo il parto: il cordone viene tagliato, il sangue recuperato in una sacca e trasportato a Palmanova (sede della Protezione civile regionale) e, successivamente, nella banca di Padova dove viene poi conservato.

Come ha spiegato proprio il direttore della Protezione civile regionale, che è responsabile del trasporto, Amedeo Aristei, “i trasporti di sacche contenenti sangue cordonale, nel 2018, sono stati 127 in tutto il Friuli Venezia Giulia. Quest’anno siamo già a 67“.