Napoli, sono Briganti ma donatori
Matteo Garofalo: “Football scuola di vita”

2019-01-24T17:13:06+01:00 9 Novembre 2018|Sport|
di Gianluca Colletta

Vivono nella città di Maradona, dove tutto, o quasi, ruota intorno al calcio, al Pibe de oro e ai sogni scudetto. I Briganti Napoli hanno però deciso di fare una scelta diversa. Hanno scelto uno sport lontano anche dall’immaginario italiano, come il football americano, perché il loro obiettivo è quello di crescere le persone di domani, attraverso sia l’attività agonistica sia  volontariato e attività benefiche. Seguendo questa filosofia, la squadra si è recata a donare sangue all’ospedale Monaldi di Napoli.

I Briganti Napoli nascono nel 1998 e sono tra i precursori di questo sport nel nostro Paese. Sono una delle società storiche, anche se il loro palmares vanta solo la vittoria del il XVI SilverBowl e un sesto posto come miglior risultato nella Lega italiana di football, la Ifl, istituita solo nel 2007. In Italia sono appena una ventina le squadre di footbal americano, segno di come si tratti di uno sport di nicchia, tuttaltro che popolare come negli Stati Uniti, ma che ha avuto anche i suoi riconoscimenti. Infatti lo scrittore americano John Grisham ha dedicato un romanzo al football americano italiano, dove i protagonisti erano i Panthers Parma. Nel libro “Il professionista” però trovano posto anche i Briganti Napoli.

“Noi già facciamo uno sport particolare e atipico per la nostra città – ha raccontato a Donatorih24.it il presidente dei Briganti Napoli, Matteo Garofalo -. Molti ci chiedono come ci è venuto in mente di praticare il football americano nella città di Maradona. La nostra attività  però non è solo legata allo sport, ma anche al territorio”. Dagli Stati Uniti non hanno preso solo la passione per uno sport che oltreoceano è tra i più amati dagli americani, ma anche la filosofia che c’è dietro alla pratica agonistica. “In America  le squadre fanno attività di presenziare negli ospedali. Vanno a donare il sangue piuttosto che regalare giocattoli all’orfanotrofio. Oltre a formare atleti, formano persone”.

L’attività legata alla donazione però parte da molto lontano e l’appuntamento all’ospedale Monaldi è solo l’ultimo di una lunga serie. “Siamo stati la prima società a Napoli  – ha ricordato Garofalo – a iscriversi al registro dei donatori di organi. Per quanto riguarda invece la donazione di sangue cerchiamo sempre di cambiare ospedale, perché sappiamo che c’è richiesta da parte di molte strutture. Questa è stata la prima volta al Monaldi, perché in precedenza andavamo all’ospedale Santobono – Pausilipon. In altre occasioni invece siamo andati in ospedale a portare regali ai bambini. Il concetto di base è quello di far capire che un piccolo gesto è una cosa di importanza fondamentale”.

Quella che i Briganti Napoli cercano di mettere in campo è una vera e propria scuola di vita. Non solo nel campo, dove scontri, colpi proibiti, placcaggi e tattica sono la metafora della vita di tutti i giorni, ma soprattutto fuori. “Molti non sanno come funziona banca del sangue e degli organi. Lo scopo principale è cercare di far capire che anche uno sport duro come il nostro può essere occasione per fare del bene. Dietro una realtà come la nostra non c’è un business. Siamo autofinanziati e nessuno dei ragazzi può aspirare a diventare professionista, a meno che non vadano a studiare in America già dalle scuole superiori. Il nostro scopo è quello di formare delle persone che non siano solo degli sportivi”.

E anche la donazione fa parte di questo percorso di vita. “Nel corso dell’ultima esperienza al Monaldi – ha raccontato il presidente dei Briganti – erano con noi ragazzi che non erano mai  entrati in ospedale, né donato sangue. Si sono resi conto dell’importanza del sangue parlando con i medici. Ancora non c’è una sensibilità diffusa, tra la popolazione, rivolta alla donazione. Si va in un centro trasfusionale solo nel momento in cui viene toccata direttamente una persona a noi vicina, nonostante siamo paese di solidarietà”.

Nonostante i timori iniziali, soprattutto da parte dei più giovani, alla fine l’iniziativa è stata un successo. “Siamo gruppo di entusiasti. La nostra squadra nasce come un progetto tra amici. Abbiamo festeggiato 20 anni di attività sempre  con il massimo entusiasmo. Quando siamo andati a donare, quest’anno, c’era preoccupazione da parte di qualcuno  – ha detto Garofalo -. Poi però si sono resi conto che è un gesto che non costa niente. Puoi fare  qualcosa che serve a qualcuno e ti fanno anche le analisi e offrono la colazione gratis. Ovvio quindi che c’era il massimo entusiasmo! Adesso ci stiamo preparando per la raccolta di giocattoli nel periodo natalizio”.

Un esempio, quello dato dai Briganti, che fa capire come anche ad alti livelli, dove il fisico è sottoposto a continui colpi e stress, lo sport può benissimo conciliarsi con la donazione del sangue. “L’uso di doping, che inibisce la donazione, da noi non esiste. Donare il sangue fa bene perché poi i globuli rossi si rigenerano. Ovviamente ci sono i periodi della stagione, come quello della preparazione atletica, che è quello in cui ci troviamo, in cui è più semplice andare a donare. Durante la fase agonistica le prestazioni sportive potrebbero risentirne. Per questo motivo cerchiamo di donare prima o dopo il campionato. Inoltre – conclude il presidente Garofalo – all’ospedale fanno le visite mediche e in questo modo conosciamo sempre lo stato di salute dei nostri atleti”.