Una platea di tanti giovani, quella presente al primo week end del FidasLab, l’appuntamento annuale di formazione, organizzato dalla Fidas che ogni anno chiama a raccolta i volontari delle 74 federate italiane. Un momento che vuole rappresentare un’occasione di crescita dei volontari, che devono rispondere a una sempre maggiore preparazione per affrontare sui propri territori le sfide della donazione.
Numeri sempre crescenti quelli fatti registrare dai laboratori di formazione, con 160 partecipanti nell’arco dei due week end. Ad accogliere i partecipanti il presidente nazionale Aldo Ozino Caligaris, che ha sottolineato come l’obiettivo di questo appuntamento sia quello di offrire la miglior formazione possibile ai rappresentanti territoriali.
Una sfida difficile da affrontare con volontari preparati
«Sono impressionato dal numero di federate aderenti – ha sottolineato in apertura -. Abbiamo davanti a noi una sfida difficile, come quella di facilitare il ricambio generazionale, perché c’è il rischio di non garantire l’autosufficienza del sistema sangue. Con la riforma del terzo settore si sta aprendo un nuovo scenario a livello nazionale. Le associazioni si devono adeguare e informare sulle novità che interessano il sistema della donazione del sangue».
Nella sua introduzione il presidente Ozino Caligaris si è soffermato sull’importanza della volontarietà della donazione del sangue e sul suo apporto al sistema sanitario nazionale, sia per quanto riguarda la tutela dei donatori che la salute dei riceventi. «Il volontariato sostiene il Sistema sanitario nazionale e permette a quest’ultimo di garantire le sue finalità di gratuità, garanzia, trasparenza e pubblicità». Per questo il 12 dicembre presso la Camera dei Deputati ci sarà un incontro per ricordare l’importanza della legislazione che regola il mondo del volontariato all’interno della sanità. «Noi operiamo all’interno di questo sitema ma facciamo anche promozione degli stili di vita, campagne di informazione, divulgazione e utilizziamo fondi pubblici e quindi dobbiamo adempiere alle norme che regolano questo sistema. Non abbiamo vita facile, ma neanche impossibile. Dobbiamo svolgere la nostra attività – ha concluso il presidente Fidas – con la consapevolezza che stiamo facendo qualcosa di importante».
Il mondo del volontariato sta cambiando
A sottolineare come il mondo del volontariato stia cambiando è stato Raffaele Lombardi, ricercatore del Dipartimento di comunicazione e ricerca sociale dell’Università la Sapenza. «Uno dei problemi piu grandi del terzo settore è la mancanza di formazione e comunicazione – ha sottolineato -. Dobbiamo insistere su una formazione costante, perché è l’unico elemento che porta a risultati nel tempo. Se avessimo già una soluzione al problema del cambiamento, questo non ci sarebbe. Il mutamento è sempre uno stato di crisi che rompe lo status quo. Il trauma nel mondo del volontariato è avvenuto. Non dobbiamo cercare di trovare una soluzione o saltare l’ostacolo, ma pianificare l’azione successiva».
La donazione in Italia mostra degli aspetti positivi. «C’è un’evoluzione tecnica e diamo per scontato che donazione sia volontaria e gratuita – ha spiegato Lombardi -, al contrario di molti paesi dove è a pagamento. In Europa la donazione volontaria è una best practice. Nella nostra particolare situazione però le cose stanno cambiando».
I dati mostrano infatti un calo di 60 mila donazioni rispetto al 2012. «Il problema – ha spiegato il ricercatore de la Sapienza – non è nelle organizzazioni. Se guardassimo solo a questo non risolveremmo il problema. Ci sono problemi macrosociali. È cambiato l’immaginario collettivo del donare”.
Il confronto tra le regioni italiane
Tra i dati mostrati si nota che nel confronto tra le regioni italiane non c’è una distinzione per aree geografiche e che le regioni con le cinque città italiane più grandi sono sotto la media. «C’è un problema di contatto diretto, ma soprattutto – ha sottolineato Lombardi – c’è il problema di come si parla nelle città, che deve essere diverso da quello del piccolo comune. Serve quindi una comunicazione differenziata a seconda del paese o città in cui ci si trova».
È il dato generazionale che però mostra il vero cambiamento nel mondo della donazione. Negli ultimi sette anni è calato progressivamente il numero di donatori sotto i 45 anni, mentre è cresciuto quello dei donatori over 45. «Tutti i valori culturali nascono in situazioni emergenziali. C’è stata una generazione che ha vissuto periodi in cui il sangue era un’emergenza e un’urgenza. Se alcune generazioni non hanno mai vissuto questa scarsità, diventa difficile far capire la cultura della donazione. Sono cose che si possono insegnare , ma non possiamo introiettare questa cultura in una generazione che non ha mai vissuto questa emergenza. Alla base ci sono sia mutazioni esterne, sociali e culturali, che il cambiamento del concetto di dono, che la comunicazione».