Malattia emolitica del neonato,
Msf: Rendiamo le cure più accessibili

2018-11-02T17:07:12+01:00 31 Ottobre 2018|Mondo|
di Tiziana Barrucci

­«Un mio ricordo? Certamente quello di una signora che incontrai in Afghanistan, venne a partorire da noi ma non sapevamo che fosse Rh negativa con un feto Rh positivo: il bambino morì dopo qualche ora. Era il quarto bambino che quella mamma perdeva».

Severine Caluwaerts (nella foto) è ginecologa, lavora in uno studio ad Anversa e part time è volontaria di Medici senza frontiere (Msf) Belgio: per loro si occupa soprattutto della malattia emolitica del neonato.

UNA MALATTIA SCONFITTA SOLO TRA I “RICCHI”

Si tratta di una malattia praticamente scomparsa nella parte ricca del mondo, come Europa occidentale, Canada, Stati Uniti e Australia, ma purtroppo ancora presente in altre realtà, dove centinaia di migliaia di famiglie, come nel caso della signora afghana che noi vogliamo chiamare Dunia – in arabo  “il mondo” – ogni giorno vivono il dramma di aborti spontanei anche ripetuti o della morte di bambini appena nati.

Abbiamo raggiunto Caluwaerts nel suo studio di Anversa, in Belgio, da dove tra un paziente e l’altro ci racconta della sua esperienza di medico in zone difficili. Caluwaerts sta per partire per New York, dove è tra i relatori del simposio organizzato dalla Columbia University con il titolo “1st Annual International Symposium for the Global Eradication of Rh Disease”. Un appuntamento che mette intorno ad un tavolo un folto gruppo di medici di spicco provenienti da tutto il mondo (guarda qui il programma).

«Se volete che vi racconti una storia che spieghi il dramma di questa malattia non posso che rispondervi che non c’è una sola storia, ma tante: tutte quelle che non possiamo raccontare, perché sono le storie di quei bambini morti appena nati, per i loro genitori inconsapevoli, apparentemente senza motivo. Vite che avremmo potuto salvare se solo avessimo saputo che la mamma era Rh negativa e il papà Rh positivo o se avessimo avuto l’immunoglobulina».

DOPO CINQUANT’ANNI TROPPI BAMBINI MUOIONO ANCORA

Nel 2018 ricorre il cinquantesimo anniversario dell’approvazione regolamentare dell’immunoglobulina anti-D per uso umano. Questo importante traguardo, in gran parte raggiunto alla Columbia University di New York, aveva l’obiettivo di eradicare la malattia emolitica del feto e del neonato a causa degli anticorpi anti-Rh (D). Infatti, quando le donne hanno accesso a cure adeguate durante il periodo prenatale e al suo termine, l’uso combinato di immunoglobulina prenatale e post-natale è efficace al 99 per cento dei casi nel prevenire la malattia. Bastano due semplici iniezioni, prima o dopo il parto.

Eppure  purtroppo quelle punture non vengono fatte in tutto il mondo: ogni anno circa «duecentomila bambini muoiono infatti prima o dopo la nascita, in centomila restano handicappati» a causa della malattia emolitica del neonato.

Soltanto da qualche anno Msf riesce, ad esempio, a somministrare l’immunoglobulina nei paesi dove opera «quanti bambini e famiglie avremmo potuto salvare negli ultimi sette anni? Tantissimi», si rammarica Caluwaerts.

Secondo la dottoressa la questione è anche economica: «una dose di medicinale, l’immunoglobulina anti-D, costa 40 dollari (circa 35 euro, ndr). Noi come Msf nel 2017 ne abbiamo comprate ben dodicimila, per un costo totale di 500mila dollari (più di 400mila euro, ndr), davvero troppo caro! Quando io indico la quantità di dosi da acquistare in Afghanistan piuttosto che in Congo, il responsabile amministrativo di Msf viene sempre da me e mi dice “Severine, ma ti rendi conto di quanto spendiamo?  Possiamo usarne di meno?” La mia risposta è sempre no, ma è davvero una situazione difficile da gestire».

UN “CONSORZIO DI SOLIDARIETA’”

Anche per questo motivo è nato il Consortium for Universal Rh-disease Elimination (CURhE), una partnership internazionale pubblico-privata  tra il mondo accademico e la farmaceutica italiana Kedrion.

«Kedrion ha contattato noi ed Emergency per chiederci di fare parte del consorzio – prosegue  Caluwaerts –  si tratta di una discussione ancora in divenire all’interno della nostra associazione di medici, sa, noi non abbiamo di solito buoni rapporti con le farmaceutiche…ma questa volta è diverso, devo senza ombra di dubbio complimentarmi con la società farmaceutica che sta cercando di rendere disponibile il farmaco ad un prezzo più basso e quindi accessibile».

Il simposio internazionale di medici, scienziati, epidemiologi, ostetriche, sostenitori della salute globale e partner industriali organizzato dalla Columbia University a New York si è impegnato infatti a “fare qualcosa”, avviando una serie di progetti pilota in strutture poco servite per aiutare le famiglie e per portare avanti buone pratiche da esportare in giro per il mondo.