La malattia arrivata all’apice del successo
L’ex pallavolista: «Così ho scoperto il valore del dono»

2019-01-24T17:24:01+01:00 22 Settembre 2018|Donazioni|
di Sara Catalini

«Il primo giugno 2011 ho scoperto di essere malato. Avevo il linfoma di Hodgkin a grandi cellule B diffuso, alto grado di malignità, quarto stadio. Con la malattia ho scoperto il valore della donazione e la mia vita è cambiata – racconta Giacomo Sintini, ex pallavolista di serie A, a DonatoriH24 – Ero al top della mia carriera e nella forma fisica ideale. È accaduto nel momento in cui mi sentivo più forte e invincibile in assoluto, perchè giocavo con un squadra di pallavolo in Russia (Belogor’e) in lizza per il titolo in Champions. All’improvviso mi sono trovato in un letto d’ospedale e mi sono reso conto sulla mia pelle di quanti hanno bisogno di aiuto, ma soprattutto di quante persone straordinarie si dedicano agli altri».

L’INIZIO DEL LUNGO ITER TERAPEUTICO 

Giacomo Sintini nasce a Ravenna dove inizia a giocare a pallavolo dall’età di 14 anni. Debutta in serie A1 con i colori ravennati all’età di 18 anni. Partecipa a 13 campionati consecutivi nella massima serie italiana e a numerose manifestazioni con la maglia della nazionale.

Nella primavera 2011, appena conclusa la stagione agonistica, avverte insistentemente un dolore insopportabile sotto l’ascella e nella zona della scapola. Si affida alle cure del reparto di Ematologia Oncologica dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia e inizia il suo iter terapeutico: «Durante la permanenza in ospedale mi sono reso conto in prima persona, data la mia condizione, di quanto avessi bisogno del sangue, ma soprattutto di quanto sia importante che le persone lo donino – spiega Giacomo –  Sentivo la necessità di essere accompagnato, guidato, in questo senso devo tutto a medici e volontari, che hanno svolto un lavoro immenso. Mi sono confrontato con tante persone che avevano avuto la mia stessa esperienza, ho visto una vita lontana dai riflettori dove la realtà assume un peso specifico e alcune cose diventano determinanti e prioritarie».

LA GUARIGIONE E LA NASCITA DELL’ASSOCIAZIONE 

Dopo sette mesi di terapia il percorso di Giacomo si conclude con un auto-trapianto di midollo osseo: «Quando ho avuto la fortuna di tornare a stare bene fisicamente ho pensato come avrei potuto restituire quello che mi era stato donato – dice – Ho creato l’Associazione Giacomo Sintini, il cui claim è “Forza e coraggio”, titolo del mio libro, che vuole lanciare un messaggio positivo di rinascita ed essere un invito alla solidarietà».

A marzo 2012 Giacomo ottiene di nuovo l’idoneità sportiva firma un contratto di lavoro con la Diatec Trentino. Nella stagione 2012-2013, a soli 23 mesi dalla diagnosi e 15 dal trapianto, il 12 maggio vince lo scudetto: «A neanche due anni dalla diagnosi del cancro ho avuto l’opportunità di giocare da titolare la finalissima perché il titolare alla vigilia della partita si è infortunato – racconta – Sono stato premiato miglior giocatore della partita. Da quando sono tornato a stare bene ho collezionato molte vittorie: due Coppe Italia, due Supercoppe e un Mondiale per club. Sono riuscito a tornare a un altissimo livello».

PORTARE IL VALORE DEL DONO OVUNQUE, IN TUTTE LE SUE FORME

Oggi Giacomo grazie alle attività dell’associazione che porta il suo nome, sostiene la ricerca medica contro leucemielinfomi e mieloma, studiando soluzioni per migliorare la condizione fisica e psicologica di chi sta affrontando la malattia. Inoltre, la sua professione attuale lo ha portato a nuove consapevolezze, che mette al servizio degli altri: «Faccio formazione manageriale per una grande multinazionale attraverso la metafora dello sport -spiega – Quando sono stato male ho capito che i dettami del campo erano gli stessi appresi in ospedale, solo in una forma nuova. La disciplina delle cure, che richiede la stessa dedizione dell’allenamento, l’accettare le sconfitte e i momenti di difficoltà, non sono solo insegnamenti sportivi. Ho imparato tutto ex novo durante la terapia, nel rapporto con i medici e lo staff ospedaliero. Non farsi abbattere nei momenti difficili. Sapersi mettere nelle mani di qualcuno migliore di te. Non essere sempre protagonisti fa bene. È incredibile come le più grandi opportunità che ho oggi siano nate dall’esperienza peggiore della mia vita, come il valore della donazione di sangue che oggi promuovo come testimonial di tante Avis in giro per l’Italia».